La crisi ha imposto un rallentamento alle riforme. Però almeno sono state poste le basi per gli interventi del nuovo anno in vista della scadenza di Quota 100. E del rilancio delle integrative
di Carlo Giuro

Si è chiuso un anno difficile anche per il sistema previdenziale. La profonda crisi economica che è derivata dal Covid-19 riverbera i propri effetti sulla sostenibilità di un ordinamento pensionistico obbligatorio a ripartizione, quale è quello italiano, in termini sia di riduzione del flussi contributivi sia di innalzamento del rapporto tra spesa previdenziale e pil. Questo, stima la Ragioneria Generale dello Stato, ha raggiunto un’incidenza del 17% nel 2020. La lunga ombra della crisi si è riflessa poi anche sui fondi pensione con una riduzione della contribuzione e la difficoltà di affrontare l’elevata turbolenza dei mercati finanziari.

Quali sono stati i tratti caratterizzanti dell’anno? Per quel che riguarda la previdenza obbligatoria, è proseguita la sperimentazione di Quota 100, il meccanismo di uscita anticipata dal lavoro che in questo momento funziona anche come ammortizzatore sociale. E’ stato inoltre avviato il confronto governo-sindacati per condividere le misure previdenziali nella legge di Bilancio 2021 e per porre le basi per apportare opportuni correttivi al sistema in maniera stabile, a partire dalla scadenza a fine 2021 di Quota 100.

Sul primo fronte è stata varata la proroga per tutto il nuovo anno di Opzione Donna, il meccanismo che consente alle lavoratrici di anticipare la pensione, e dell’Ape sociale, l’indennità corrisposta fino al raggiungimento dell’età della pensione di vecchiaia. Con riferimento alla previdenza complementare, è proseguito l’adeguamento del sistema alle due direttive europee Iorp II e Shareholder Rights. Quali sono le prospettive per il 2021? Partendo dalla previdenza di base, va ricordato che entrano in vigore i nuovi coefficienti di trasformazione del capitale in rendita (propri del metodo contributivo) i quali sono adeguati ogni due anni in ragione dell’invecchiamento della popolazione. Pur se con effetti meno dirompenti per via di un rallentamento della crescita della speranza di vita (si tratta del quinto aggiornamento dalla riforma Dini) si determina rispetto ai coefficienti in vigore fino al 2020 una riduzione dell’assegno pubblico compresa tra 0,33% e 0,72% a seconda dell’età di addio al lavoro. Permangono poi i canali di pensionamento del 2020 (pensione di vecchiaia, anticipata, Quota 100, Opzione Donna, Ape sociale, lavori usuranti, lavori precoci). Importante è anche il rilancio della previdenza complementare e l’ipotesi è quella di una nuova finestra di silenzio-assenso. E, come ha sottolineato la Covip nella Relazione annuale, è alto il rischio che la crisi riduca la propensione all’adesione. Per questo occorre valutare l’attivazione di incentivi fiscali che agevolino la ricostituzione delle posizioni. Auspicata è poi l’introduzione di meccanismi per sostenere l’adesione dei famigliari a carico. Per favorire la ripresa economica altro tema di riflessione è canalizzare gli investimenti nell’economia reale. Si attende da quasi 10 anni la disciplina dei limiti di investimento e dei conflitti di interesse degli enti previdenziali dei liberi professionisti. Il 2021 sarà l’anno buono? (riproduzione riservata)

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