I potenziali impatti del climate change e il necessario processo di adattamento alle mutanti condizioni del clima sono al centro delle attenzioni dell’industria assicurativa e riassicurativa, ma è fondamentale che le azioni siano intraprese su vasta scala.

È quanto ha detto la scorsa settimana Veronica Scotti, Chairperson Public Sector Solutions di Swiss Re, nel corso di uno degli incontri ospitati all’interno del World Economic Forum (WEF) di Davos. Scotti ha sottolineato che negli ultimi 25 anni le perdite legate agli eventi meteorologici estremi sono cresciute di oltre il 50%. Le ragioni di questo incremento sono legate all’urbanizzazione, alla concentrazione degli asset ma, soprattutto ai cambiamenti climatici.

Scotti ha inoltre spiegato che il processo di adattamento al climate change è nelle agende di assicuratori e riassicuratori ormai da tempo.

“Abbiamo sviluppato la metodologia per l’adattamento economico al climate change e abbiamo dati statistici ben precisi: per ogni dollaro speso in questo processo, sappiamo che ricaveremo 5 dollari. Si tratta quindi di una metodologia fattibile, a patto che venga adottata su vasta scala”.

I cambiamenti climatici hanno infatti un grande impatto sociale e la sua natura regressiva richiede che i finanziamenti per progetti che si occupano di resilienza climatica dovranno includere la sfera di popolazione più povera e più vulnerabile. Swiss Re, insieme ad altri membri dell’Insurance Development Forum (IDF), si è già mossa per affrontare questo problema e, in partnership con il Development Programme delle Nazioni Unite (UNDP), ha impegnato 5 miliardi di dollari per sostenere progetti di resilienza climatica nei paesi in via di sviluppo. “Si tratta di una iniziativa concreta molto importante, perché in questo ambito non esistono piani B ed è quindi necessario farsi carico di aiutare anche le economie più povere ad applicare strategie di adattamento al climate change”, ha precisato Scotti.

Secondo il Ceo di Swiss Re, Christian Mumenthaler, la finanza e in particolare la riassicurazione, è una “leva critica” per il processo di trasformazione globale necessario a mitigare gli impatti del climate change. Mumenthaler ha espresso preoccupazione per il fallimento della Conferenza mondiale dell’Onu sui cambiamenti climatici Cop25 e la portata limitata di iniziative come il Green Deal europeo (riduzione delle emissioni di gas a effetto serra circoscritta al 60 % entro il 2050). Il numero uno di Swiss Re ha ricordato come la comunità globale abbia storicamente adottato un approccio localizzato ai cambiamenti climatici, “che si è rivelato ampiamente inefficace perché privo del potere del consenso e del partenariato pubblico-privato”. Secondo Mumenthaler le imprese private del settore finanziario dovrebbero riunirsi e farsi carico di mettere a punto un piano più incisivo e attuabile per affrontare seriamente il cambiamento climatico. Del resto, ha ricordato, “le promesse di buona volontà non porteranno lontano e il solo aumento dei prezzi del carbonio velocizza il processo di uscita dal carbone ma non basta per effettuare la trasformazione su larga scala necessaria per un futuro a basse emissioni di carbonio”.

Mumenthaler sostiene che la comunità economica globale dovrebbe riconoscere il potenziale di grandi profitti che si cela nel processo di transizione da un sistema fondato sulle energie fossili verso un mondo a zero emissioni e assumere un atteggiamento collaborativo per sostenere il cambiamento. Inoltre, alla finanza spetterebbe il compito di investire in attività e tecnologie a basso impatto ambientale, low-carbon, e monitorare tutte le attività nocive al clima.