di Debora Alberici*

Il presidente del cda condannato per frode fiscale risponde dei danni patrimoniali e all’immagine nei confronti della società e dell’Agenzia delle entrate. La Cassazione, con sentenza n. 3458 del 28/1/2020, ha respinto il ricorso di un manager condannato per una maxi frode fiscale per conto dell’azienda da lui amministrata. L’uomo aveva presentato ricorso alla Corte sostenendo che l’impresa non avrebbe potuto chiedere alcun ristoro in quanto priva della legittimazione attiva ad agire nei suoi confronti. Gli Ermellini non hanno accolto la tesi. In fondo alle motivazioni hanno inoltre chiarito che le condotte contestate, consistite nella realizzazione dei reati di cui agli artt. 8 e 2 del dlgs 74/2000, sono astrattamente produttive di danno, oltre che per l’Erario, anche per la società in nome e per conto della quale il ricorrente ha agito, commettendo detti reati: tali condotte, infatti, sono state certamente produttive di un danno patrimoniale per la società, con riferimento agli interessi e alle sanzioni correlati alla realizzazione degli illeciti, e anche, potenzialmente, di un danno all’immagine della medesima società, per il discredito che la stessa potrebbe aver ricevuto alla propria onorabilità e affidabilità in conseguenza della consumazione di tali reati da parte del proprio legale rappresentante. La sentenza chiarisce inoltre che il manager, non essendo stato neppure prospettato un consenso di tutti gli azionisti alla realizzazione delle condotte illecite, commettendole si è certamente reso inadempiente alle obbligazioni derivanti dal contratto di mandato in forza del quale ha agito in nome e per conto della società, avendo omesso di agire con la diligenza del buon padre di famiglia, e, avendo realizzato un illecito le cui conseguenze sono ricadute sul patrimonio della società mandataria, è responsabile delle stesse anche a titolo extracontrattuale ex art. 2043 cc, con conseguente corretta affermazione della configurabilità di una sua responsabilità (sia da inadempimento sia aquiliana), la cui entità dovrà essere accertata nel giudizio avente quale oggetto la determinazione del danno conseguente a tali condotte.
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