Le insolvenze mondiali sono sempre in crescita, e questo comporta maggiori rischi all’export: questa la conclusione dell’ultimo Global Insolvency Report di Euler Hermes, che copre 44 Paesi e l’87% del PIL mondiale.

Le insolvenze di impresa sono cresciute del +9% nel 2019, principalmente in virtù della forte crescita in Cina (+20%) e, in misura minore, dell’inversione di tendenza in Europa Occidentale (+2%) e Nord America (+3%).

Gli esperti di Euler Hermes ritengono che questo preoccupante trend sia dovuto a due fattori legati: lo slancio economico moderato ma a lunga gittata, in particolare nelle economie avanzate, nel settore industriale, e l’effetto frenante delle controversie commerciali e delle incertezze economico-sociali.
Nel 2020, anche se le politiche monetarie dovrebbero rimanere un supporto, questo non sarà sufficiente a controbilanciare la domanda più debole, la maggiore competizione sui prezzi e l’incremento dei costi di produzione, in particolare i salari.

Di conseguenza, le insolvenze dovrebbero crescere del 6% globalmente quest’anno per la
quarta volta di seguito, con l’Asia che contribuirà in misura maggiore (+8%), Cina (+10%) ed India (+11%) in particolare. Nell’Europa Occidentale, la crescita economica rimarrà al di sotto della storica soglia, fattore che normalmente stabilizza le insolvenze (+1.7%), portando ad un incremento nella maggior parte dei Paesi. In concreto, quattro Paesi su cinque registreranno una crescita delle insolvenze nel 2020, di cui Brasile (-3% anno su anno) e Francia (0%) sono le eccezioni più eclatanti.
Nel 2019, l’incremento totale è stato più alto, ma solo due Paesi su tre sono stati impattati.
Questo significa che i rischi all’export sono in crescita quasi ovunque: è difficile trovare ormai un Paese sicuro da questo punto di vista.

La quantità di grandi insolvenze dal primo al terzo trimestre 2019 era stato relativamente stabile (249 grandi insolvenze) ma la loro severità si è fatta stringente in termini di fatturato cumulativo (da 39.1 miliardi a 145.2 miliardi di euro), il che potrebbe avere dei seri effetti domino sui fornitori lungo le supply chain. Più alto è valore del fatturato delle imprese candidate al fallimento, più grave è il danno ai singoli fornitori. Le aree “calde” sono state: le costruzioni in Asia, energia e retail in Nord America, retail e servizi in Europa Occidentale.

Le insolvenze in Italia
Le insolvenze di azienda hanno registrato una crescita nel 3° trimestre 2019 (+6% anno su
anno), per la prima volta dalla fine del 2015. Questa inversione di tendenza, generalizzata a livello settoriale, con un notevole rimbalzo nel commercio (+14% anno su anno), nel
manifatturiero (+13%) e nei servizi (+8%). Fanno eccezione solo le costruzioni.
Prevediamo che questo trend continuerà nei prossimi trimestri, con un esito stabile riferito
l’intero 2019 (+0% > 11.200 insolvenze) e un incremento di 4.5% nel 2020, pari a 11.700
insolvenze.
Massimo Reale, Direttore Commerciale Euler Hermes Italia dichiara: “Sul fronte merceologico nazionale, le filiere che registrano quest’anno le migliori performance come flessione degli insoluti e dei default saranno ancora una volta quelle fortemente vocate all’export, come il farmaceutico, e in generale quello delle commodities, dove negli ultimi anni erano stati registrati importanti default (il settore energetico in particolare), quasi in una selezione naturale del mercato legato alla variabilità spesso incontrollata dei prezzi e alla difficoltà delle aziende di trovare adeguate coperture sui rischi relativi”.

Maglie nere a livello settoriale sono da assegnare, invece a: costruzioni, legate alla perdurante crisi che ha colpito negli ultimi anni anche i principali gruppi di questo comparto; automotive, che prosegue il calo delle vendite a livello europeo e in generale si assiste ad un mutamento tecnologico in corso per rispondere alle maggiori esigenze di tutela ambientale, al quale non sono seguite idonee vendite ed incrementi di fatturato; trasporti, che continuano a risentire di una marginalità molto bassa; elettronica che soffre di un modello distributivo che ha subito profonde mutazioni negli ultimi anni e che ancora non ha ritrovato il giusto equilibrio.

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