A partire dal 1° gennaio 2019 il welfare contrattuale diventa una realtà anche per i dipendenti di Centri elaborazione dati (Ced), imprese Ict, professioni digitali ed Stp. Grazie all’innovativo accordo di rinnovo sottoscritto il 13 dicembre u.s. da Assoced, Lait e Ugl Terziario, le lavoratrici e i lavoratori di Ced, imprese Ict, professioni digitali ed Stp riceveranno strumenti di welfare per un valore pari a 100 euro per il primo anno (quindi per il 2019), che andranno a elevarsi a 120 euro nel 2020 e a 140 euro nel 2021, aggiuntivi a quanto eventualmente già erogato dall’azienda sia a titolo individuale che collettivo.

Quali sono i benefit fruibili? La scelta è ampia e può comprendere beni e servizi in natura, educazione, cultura, istruzione, culto, ricreazione e svago, assistenza sociale e sanitaria. Gli importi sopra riportati sono comprensivi di eventuali costi fiscali o contributivi a carico dell’azienda e possono essere destinati, di anno in anno al Fondo di assistenza sanitaria integrativa Easi o al Fondo Pensione Aperto «Il Mio Domani» (Gruppo Bancario Intesa San Paolo) secondo regole e modalità previste dai rispettivi fondi.
Chi può beneficiare dei benefit? I lavoratori con contratto a tempo indeterminato e determinato, in questo secondo caso, però, devono aver maturato almeno 3 mesi di anzianità di servizio, anche se non consecutivi, nel corso di ogni anno che va dal 1° gennaio al 31 dicembre. I valori erogati in welfare valgono anche per i part-time e non sono riproporzionabili. Non possono beneficiare dei benefit i lavoratori in aspettativa non retribuita o indennizzata nel periodo incluso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre di ciascun anno.

Chi decide i benefit da erogare? Le aziende dovranno effettuare un confronto con le rappresentanze sindacali aziendali per individuare, tenuto conto delle esigenze dei lavoratori, della propria organizzazione aziendale e del rapporto col territorio, una gamma di beni e servizi coerente con le caratteristiche dei dipendenti e finalizzata a migliorare la qualità della loro vita personale e famigliare. «Un’adeguata politica di welfare si deve basare su due fondamentali aspetti: la conoscenza dei lavoratori e dei loro bisogni da parte del datore di lavoro e una corretta comunicazione tra questi e i propri dipendenti», afferma Giancarlo Badalin, segretario generale di Assoced. Cosa significa? «Significa che se un dipendente non ha famiglia, sarà ben inutile mettere nel suo paniere di benefit dei rimborsi per le spese di studio dei figli, che non ha. Allo stesso modo sarà inutile mettere a disposizione dei propri dipendenti un budget per svago e viaggi se sappiamo già che non ne usufruiranno. Insomma, alla fine si tratta di buon senso. Il datore di lavoro deve condurre un’accurata indagine all’interno della sua azienda e mettere a disposizione una lista di benefit tra quelli più graditi ed utili ai propri dipendenti».

Fonte: