Silenzio-assenso delle Entrate a un’istanza di interpello di una srl
Ok a familiari non a carico né conviventi
di Claudio Della Monica

Familiari del dipendente beneficiari del welfare aziendale anche se non a carico né conviventi; piena deducibilità dal reddito d’impresa dei rimborsi delle spese sostenute dal dipendente per la fruizione dei servizi di educazione e istruzione a favore dei propri familiari, per quelli di assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti (art. 51, 2° comma, lett. f-bis e f-ter Tuir), nonché per l’acquisto di abbonamenti per il trasporto pubblico (lett. d-bis), anche in assenza di un atto «negoziale» che li disciplini (contratto collettivo, accordo o regolamento aziendale).

È quanto emerge da un’istanza di interpello tributario avanzata lo scorso 29 agosto 2018 da un contribuente srl, la cui soluzione prospettata è stata condivisa dall’Agenzia delle entrate ricorrendo alla regola del silenzio assenso stabilita dall’art. 11, 3° comma, della legge n. 212/2000 secondo cui «quando la risposta non è comunicata al contribuente entro il termine previsto, il silenzio equivale a condivisione, da parte dell’amministrazione, della soluzione prospettata dal contribuente». Per l’anno 2019 l’istante ha deciso di concedere ai propri dipendenti, entro un certo tetto di spesa, il rimborso dei costi sostenuti per l’assistenza domiciliare ai familiari anziani e quello per l’acquisto di abbonamenti per il trasporto pubblico. Il primo quesito, limitato alla prima fattispecie di rimborso, riguardava la possibilità di applicare il regime di esclusione da imposizione sul reddito da lavoro dipendente previsto dall’art. 51, comma 2, lett. f-ter Tuir, anche se il familiare anziano non risulta né a carico né convivente del dipendente. La soluzione prospettata dall’istante, condivisa dall’Agenzia delle entrate, è positiva: infatti la norma primaria si limita a richiamare l’art. 12 del Tuir senza ulteriori specifiche circa lo status di familiare a carico e di convivenza. La precisazione si è resa necessaria perché alle puntuali indicazioni fornite a suo tempo dal ministero delle finanze con circolare n. 238/E/2000 (punto 2.2) sembrava contrapporsi quanto da poco specificato dalla circolare n. 5/E/2018 dell’Agenzia che, al paragrafo 4.10, richiama invece la «convivenza» quale requisito essenziale (cfr sul punto nota Confindustria 18 luglio 2018, pag. 30).

Il secondo quesito, valido per entrambe le tipologie di rimborso, verteva invece sulla fattibilità di beneficiare della piena deducibilità del costo sostenuto dal reddito d’impresa ai sensi dell’art. 95 del Tuir, anche in presenza di un atto «volontario» e non «negoziale» da parte del datore di lavoro. Anche in questo caso la soluzione prospettata dall’istante è positiva. Relativamente alla prima fattispecie di rimborso, pur tenendo conto delle indicazioni fornite dall’Agenzia con la circolare n. 5/E/2018 al paragrafo 3.2, la norma «limitatrice» della integrale deducibilità del costo – art. 100, comma 1, del Tuir secondo cui la deducibilità è ristretta al 5 per mille dell’ammontare delle spese per prestazioni di lavoro dipendente per specifiche finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto – si riferisce esclusivamente alle spese sostenute direttamente dal datore di lavoro per l’utilizzazione di opere e servizi messi a disposizione dei propri dipendenti, e non al diverso caso dei rimborsi di spese (art. 51, 2° comma, lett. f-bis e f-ter Tuir). Con riferimento invece alla seconda fattispecie, tra le specifiche finalità che comportano la limitata deducibilità al 5 per mille in assenza di vincolo negoziale non rientrano quelle di agevolare la mobilità dei dipendenti recate dall’art. 51, 2° comma, lett. d-bis Tuir.

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