DECRETO SEMPLIFICAZIONI/Lo status anche per gli smart contract. E vale in giudizio
Riconosciuti in tutta l’Ue i dati e documenti sui registri web
di Luigi Chiarello

Arriva, finalmente, nel tessuto normativo italiano la definizione di blockchain, la tecnologia basata su registri informatici distribuiti. Con essa, arriva la definizione di smart contract, i software (testualmente: «programmi per elaboratore», ndr) che operano su blockchain. E arriva anche il riconoscimento del valore legale per dati e clausole caricati su registri distribuiti.

Le due definizioni sono contenute in un emendamento approvato al decreto legge semplificazioni, in commissioni riunite affari costituzionali e lavori pubblici, al senato. E non è cosa da poco, visto che l’Italia non ha ancora in vigore un’infrastruttura giuridica, che consenta lo sviluppo di questa tecnologia (si veda ItaliaOggi del 14/11/2018). E, soprattutto, che attribuisca valore legale alla cosiddetta «notarizzazione» dei dati sui registri in condivisione; dati che vengono caricati con data certa e in modo tale da non essere replicabili e non modificabili. Bene, una volta che il decreto semplificazioni sarà convertito in legge, come detto anche le informazioni su blockchain avranno valore legale. Lo prevede l’emendamento approvato in senato, che recita testualmente: «La memorizzazione di un documento informatico attraverso l’uso di tecnologie basate su registri distribuiti produce gli effetti giuridici della validazione temporale elettronica di cui all’articolo 41 del Regolamento Ue n. 910/2014». Effetti giuridici, che la normativa Ue fissa in questi termini:
– l’ammissibilità come prova in procedimenti giudiziali;
– la presunzione di accuratezza della data e dell’ora di caricamento dei dati su blockchain;
– l’integrità dei dati a cui tale data e ora sono associati;
– il riconoscimento in tutti gli stati dell’Unione europea della validazione effettuata in uno stato membro Ue dei dati caricati su registri distribuiti.

Di conseguenza, una volta che la legge di conversione del dl semplificazioni sarà in vigore, avranno valore legale anche i predetti «smart contract», cioè le clausole contrattuali auto-applicative – condivise tra le parti e immodificabili – stipulate tra operatori su blockchain, senza l’asseverazione di un notaio. Protocolli che, infatti, l’emendamento approvato in senato testualmente definisce come programmi che operano «su tecnologie basate su registri distribuiti e la cui esecuzione vincola automaticamente due o più parti sulla base di effetti predefiniti dalle stesse». E che «soddisfano il requisito della forma scritta previa identificazione informatica delle parti interessate»; in proposito, l’emendamento spiega anche che questo requisito sarà soddisfatto «attraverso un processo avente requisiti fissati dall’Agenzia per l’Italia Digitale con linee guida da adottarsi entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge». Toccherà dunque all’AgID definire lo scheletro degli smart contract italiani. Mentre, già è disponibile la definizione dei supporti blockchain su cui queste clausole contrattuali saranno caricate; si tratta cioè di «tecnologie e protocolli informatici che usano un registro condiviso, distribuito, replicabile, accessibile simultaneamente, architetturalmente decentralizzato su basi crittografiche, tali da consentire la registrazione, la convalida, l’aggiornamento e l’archiviazione di dati sia in chiaro che ulteriormente protetti da crittografia verificabili da ciascun partecipante, non alterabili e non modificabili». Infine, l’emendamento approvato spiega che, entro tre mesi dal varo della legge di conversione, l’AgID stessa dovrà «individuare gli standard tecnici che le tecnologie basate su registri distribuiti debbono possedere ai fini della produzione degli effetti giuridici», di cui sopra.

Altri risvolti. Attribuire valore legale a smart contract e blockchain consentirà di supportare anche la costituzione di fondo di investimento regolati in criptovalute e in prodotti finanziari su blockchain. E di mettere a punto una legislazione finanziaria, tutt’ora assente, che regolamenti le cosiddette initial coin offering (meglio conosciute come ico), ossia la creazione di token, come le criptovalute, da cedere dietro corrispettivo, a soggetti finanziatori.

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