Per fronteggiare la maggiore mobilità dei lavoratori nel mercato europeo, arrivano nuove norme che adeguano il funzionamento dei fondi pensione
di Carlo Giuro

La previdenza complementare ha la funzione di accompagnare l’aderente lungo il proprio ciclo di vita con la finalità di consentirgli di integrare la propria pensione obbligatoria che, alla luce degli effetti del metodo di calcolo contributivo, appare in diminuzione. L’evoluzione del mercato del lavoro accentua però il carattere della mobilità , anche transfrontaliera, per fronteggiare la quale la direttiva 2014/50/Ue ha introdotto correttivi utili a modellare il funzionamento dei fondi pensione in funzione delle nuove esigenze. La finalità è quella di migliorare l’acquisizione e la salvaguardia dei diritti pensionistici complementari. La disciplina comunitaria prevede che gli ordinamenti nazionali si adeguino entro il prossimo 21 maggio. Bruxelles dovrà redigere una relazione sulla relativa applicazione (da presentare al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo) entro il 21 maggio 2020. La finalità è quella di introdurre ulteriori disposizioni di salvaguardia, in relazione a piani pensionistici originati da rapporti di lavoro, quelle che in terminologia comunitaria si definiscono come «pensioni professionali».

Il riferimento è allora ai soli lavoratori dipendenti iscritti alle forme pensionistiche complementari collettive e a quelle individuali promosse dai datori di lavoro; restano, pertanto, esclusi i lavoratori autonomi e le adesioni puramente individuali. La direttiva non si applica ai regimi complementari che non accettino nuovi iscritti alla data di entrata in vigore della direttiva medesima (20 maggio 2014), ai regimi oggetto di misure di mantenimento o risanamento (quali le procedure di liquidazione) da parte di organi amministrativi o giurisdizionali, ai fondi di garanzia in caso di insolvenza, ai fondi di compensazione ed ai fondi di riserva pensionistici nazionali, nonché ai versamenti una tantum di fine rapporto non connessi ad ente pensionistico. Non viene poi disciplinato il trasferimento dei diritti pensionistici maturati. Si pone in capo agli Stati membri la definizione di norme relative a requisiti temporali e di età per l’acquisizione dei diritti derivanti dall’iscrizione ai regimi pensionistici complementari, prevedendo per i lavoratori in uscita (cioè, trasferiti in altri Stati membri). I principi comunitari sono in fase di introduzione nel nostro ordinamento avendo il Consiglio dei Ministri predisposto uno specifico schema di decreto lo scorso 16 marzo che sta ora procedendo nell’iter parlamentare. Quali sono le principali novità? Si prevede in primo luogo che la partecipazione quinquennale alla forma pensionistica complementare, requisito necessario per l’acquisizione del diritto della prestazione pensionistica (al momento della maturazione dei requisiti stabiliti nel regime obbligatorio di appartenenza) sia ridotta a tre anni per il lavoratore il cui rapporto di lavoro in corso cessi per motivi indipendenti dal fatto che lo stesso acquisisca il diritto ad una pensione complementare e che si sposti tra Stati membri della Ue.

Nell’ipotesi poi in cui vengano meno i requisiti di partecipazione alla forma pensionistica complementare, gli statuti e regolamenti devono stabilire la possibilità del mantenimento della posizione individuale in gestione presso la stessa, anche in assenza di ulteriore contribuzione. Tale opzione è applicata automaticamente, in mancanza di scelta diversa da parte dell’iscritto e fatta salva l’ipotesi di valore della posizione individuale maturata non superiore all’importo mensile dell’assegno sociale. Ulteriore profilo è poi quello per cui i fondi pensione informino l’iscritto della facoltà di esercitare il trasferimento ad altra forma pensionistica complementare, ovvero di richiedere il riscatto della propria posizione. Si prevede ancora l’obbligo per la Commissione di Vigilanza di garantire che gli iscritti attivi possano ottenere informazioni relative alle conseguenze della cessazione del rapporto di lavoro sui diritti pensionistici, garantendo altresì che gli iscritti che abbiano mantenuto la propria posizione nelle forme previdenziali complementari (nonché gli eredi e beneficiari) possano ottenere (a richiesta) informazioni relative al valore dei loro diritti pensionistici in sospeso, comprese le condizioni che disciplinano il trattamento di questi ultimi. (riproduzione riservata)

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