di Angelo De Mattia

Si è riaperta la discussione sui rimborsi ai risparmiatori vittime di dissesti bancari. Il governo ha stanziato nella legge di bilancio 500 milioni, aumentando nettamente gli importi in precedenza previsti, per un rimborso generalizzato, senza che sia necessario passare previamente, nella valutazione dei singoli casi, attraverso le previste procedure arbitrali. Gli uffici del Tesoro hanno svolto sul testo della norma progettata, dunque prima della sua approvazione, considerazioni che mettono in luce il rischio che la Commissione Ue possa eccepire la ricorrenza, in tale procedimento di carattere generale che si richiama a criteri molto vaghi, la violazione del divieto di aiuti di Stato, nonché delle norme della Direttiva Brrd sul bail-in e il burden sharing. Gli uffici in questione avrebbero evidenziato soprattutto il pericolo dell’attivazione da parte di Bruxelles di una procedura di infrazione.

Come si è accennato, la fiducia posta sulla legge di bilancio ha, alla fine, reso impossibile discutere nel merito delle singole previsioni, dunque pure di questa che riguarda i singoli risparmiatori, la quale è stata votata nella formulazione proposta. È prevedibile che su questa vicenda si dovrà affrontare un confronto con la Commissione. Certamente, è difficilmente ipotizzabile che la maggioranza, su di una norma che ha un forte richiamo non solo solidaristico, ma anche elettorale e volto alla crescita del consenso, intenda apportare degli emendamenti o delle integrazioni.

Tuttavia, è pur sempre da mettere in conto che della previsione di indennizzi automatici erga omnes beneficino anche soggetti che ben conoscevano i rischi dell’operazione effettuata e il loro collegamento con il rendimento previsto. Quando giustamente si afferma che i risparmiatori non hanno mai perso una lira (e, poi, un centesimo di euro fino alla Brrd) ci si riferisce ai depositanti non agli azionisti, che sono comproprietari della banca e, in quanto tali, corrono il rischio proprio di questo status. Per molti dei casi per i quali sono stati stanziati i fondi anzidetti, è, però, immaginabile che si sia trattato di un vero e proprio misselling, donde la giusta scelta di corrispondere i rimborsi. Ma, se si salta la procedura di verifica in sede arbitrale, con Consob e Anac, allora i criteri di ammissibilità al rimborso non possono essere generici o laschi, ma debbono essere precisi, capaci cioè, quanto meno in astratto, di qualificare l’acquisizione dei titoli come non regolare. Sarebbe possibile indicare, esemplificando, casi in cui è evidente la vendita irregolare, come, per esempio, a proposito delle operazioni cosiddette baciate.
Si potrebbe intervenire con norme secondarie? Dunque, senza riportare la questione in parlamento, ma soddisfacendo, comunque, l’esigenza di definire la figura del risparmiatore danneggiato. Ciò andrà verificato, anche per evitare un nuovo caso di confliggenza con Bruxelles e, al tempo stesso, compiere un atto di giustizia sostanziale del quale non è altrettanto giusto (anzi è proprio il contrario) che si avvantaggi anche chi sapeva bene quel che faceva nel sottoscrivere un’operazione bancaria e ne conosceva gli effetti e i possibili rischi.
D’altro canto, è auspicabile che sia proprio il confronto con Bruxelles a produrre un risultato che prevenga efficacemente ogni rischio sotto il profilo giuridico, nel presupposto che non si stanzia una somma per questo tipo di rimborsi avendo in mente anche un piano B, quello cioè di accusare la Commissione se dovesse impedire le corresponsioni, portando così acqua al mulino dei contrasti con le autorità europee in funzione della prossima competizione elettorale. Sarebbe un ben misero proposito al quale non vogliamo e non possiamo pensare. (riproduzione riservata)

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