La legge anticorruzione apporta modifiche anche al decreto legislativo n. 231/2001

La legge anticorruzione si occupa anche di inasprire le sanzioni che società e imprese dovranno pagare a seguito dei vantaggi ottenuti dalle azioni corruttive dei responsabili. Con un effetto cassa per lo Stato positivo, per quanto non sia quantificabile e quello di espungere dal mercato l’impresa per un lasso di tempo piuttosto significativo.
Il provvedimento infatti apporta modifiche anche al dlgs n. 231/2001, che ha introdotto in Italia il principio di responsabilità amministrativa delle società per reati commessi a loro vantaggio.

L’obiettivo è inasprire le pene interdittive conseguenti alla commissioni dei reati di concussione, induzione indebita e corruzione e anche quelle pecuniarie.
Le prime, conseguenti alla commissione dei reati più gravi, sono innalzate da quattro a sette anni se il reo che ha agito per conto della società riveste funzioni apicali, o da due a quattro anni, se il responsabile dell’attività illecita è sottoposto alla vigilanza di rappresentanti apicali. L’interdizione significa che la società o l’impresa sarà interdetta all’esercizio della sua attività, vedrà sospese o revocate le autorizzazioni, licenze o concessioni strumentali al reato, avrà il divieto di contrarre con la p.a., e sarà esclusa dall’accesso a finanziamenti o agevolazioni e il divieto di pubblicizzare prodotti o servizi.
Società e enti potranno vedersi ridotta la sanzione interdittiva (se pur sempre contenuta tra i tre mesi e i due anni) nel caso in cui, prima dell’adozione della sentenza di primo grado, si siano adoperati per impedire ulteriori conseguenze del reato ed abbiano collaborato con l’autorità giudiziaria per individuare i responsabili ed abbia adottato i modelli organizzativi per prevenire la commissioni di nuovi illeciti o rafforzare l’organizzazione in funzione preventiva.
La pena pecuniaria è aumentata a 200 quote del capitale nel caso di commissioni di reati di corruzione, concussione, istigazione alla corruzione, traffico di influenze illecite.
È modificata anche la durata massima delle misure cautelari.

Nuove norme in materia di trasparenza, tracciabilità e controllo dei partiti e movimenti politici. Il provvedimento mira inoltre a rendere più trasparente il rapporto tra economia e politica.
In linea generale è introdotto l’obbligo di rendicontazione da parte di partiti e movimenti politici e liste per elezioni comunali dei contributi ricevuti superiori a 500 euro complessivi annui. È stato approvato un emendamento delle commissioni che estende tale obbligo a ogni prestazione di valore equivalente, dunque anche l’attività di volontariato, e ad enti quali fondazioni, comitati e associazioni.
Gli enti erogatori che versino cifre superiori alla soglia saranno costretti ad emergere visto che vige un doppio obbligo di pubblicità: l’annotazione in un apposito registro anche della identità dell’ente erogatore, che potrà essere pubblicizzata. Per converso, se l’erogante si dichiari contrario alla pubblicità dei dati, il contributo non può in alcun modo essere ricevuto dal soggetto politico.
Sono esclusi finanziamenti da parte di Stati e enti esteri e da soggetti non cittadini italiani e comunque non iscritti nelle liste elettorali.
La materia del finanziamento alla politica dovrà peraltro formare oggetto di un decreto delegato di riordino, che il governo dovrà adottare entro un anno dall’entrata in vigore della legge.
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