di Carla De Lellis

Il riscatto soft della laurea sarà valido per il diritto e per la misura della pensione, ma soltanto per periodi successivi al 31 dicembre 1995 (cioè da valutare con il sistema contributivo). A stabilirlo è il decreto legge su reddito di cittadinanza e quota 100, che vincola l’esercizio della nuova facoltà di riscatto entro il compimento dei 45 anni d’età. Il riscatto è l’operazione che consente al lavoratore di ottenere, a proprie spese, la copertura previdenziale di periodi per i quali non ha contributi già pagati. A differenza della copertura figurativa, che è gratuita, il riscatto è sempre a titolo oneroso, anche se agevolato dal punto di vista fiscale perché le somme versate possono essere dedotte dal reddito, così come avviene con i contributi obbligatori (una parte della spesa, perciò, può essere recuperata dalle minori tasse pagate).

La nuova facoltà di riscatto è inserita nel corpo normativo che disciplina il riscatto della laurea (art. 2, dlgs 184/1997), come ulteriore ipotesi a disposizione, però, unicamente «dei periodi da valutare con il sistema contributivo». Vale a dire di periodi temporalmente successivi al 1995, durante i quali devono ricadere gli anni di studio universitario. La nuova facoltà non è per tutti, ma soltanto fino al compimento di 45 anni di età (questo stabilisce la norma, anche se curiosamente la relazione tecnica al decreto legge prevede limiti d’età diversi come anche criteri differenti).

La collocazione della nuova norma nell’art. 2 del dlgs 184/97 rende la nuova facoltà esercitabile sia a quanti sono già occupati sia a coloro che non ancora hanno cominciato a lavorare. A renderla soft è l’onere di riscatto: agevolato, perché determinato sul livello minimo imponibile annuo dei commercianti Inps, pari a 15.878 euro nel 2019. Ad esempio per riscattare la laurea breve (tre anni) occorrerà sborsare il 33% di 15.878 moltiplicato per tre. Risultato: 15.720 euro.

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