Per chi andrà a riposo quest’anno, assegni lontani e assottigliati. Tagli per chi già è a casa
Pagine a cura di Daniele Cirioli

Le pensioni del 2019? Più lontane e più magre. Quelle degli anni passati? Più povere e tagliate.
Per chi andrà a riposo quest’anno, infatti, due novità allontanano e assottigliano l’assegno di pensione. Sono: la «speranza di vita», che aggiorna il requisito d’età per il pensionamento di cinque mesi; e i nuovi «coefficienti di trasformazione» (le aliquote che trasformano, appunto, i contributi in pensione) che riducono l’importo della pensione a chi andrà a riposo, in media, di oltre l’1% rispetto a chi ci è andato l’anno scorso. Se è questo il triste scenario per chi si affaccia alla pensione, altrettanto cupo è quello di chi in pensione già ci è andato. La legge di Bilancio del 2019, infatti, ha introdotto due tagli: ha ridotto la rivalutazione delle pensioni d’importo oltre 1.540 euro mensili lordi (il taglio durerà tre anni); e ha previsto un ticket su quelle d’oro, cioè superiori a 100 mila euro, calcolate in tutto o in parte con la regola retributiva, di misura variabile dal 15 al 40%. Per quota 100 e opzione donna è in dirittura d’arrivo la disciplina, la cui approvazione è prevista questa settimana in consiglio dei ministri. Mentre il reddito di cittadinanza scatterà (dovrebbe scattare!) da aprile. Il 31 dicembre, intanto, l’Ape sociale ha chiuso i battenti e, secondo le anticipazioni, dovrebbe essere prorogato per tutto il 2019.
Chi ci guadagna e ci perde dalle novità? Nessuno ci guadagna. E a rimetterci sono soprattutto le giovani generazioni. Un esempio: due lavoratori, entrambi di 65 anni d’età e con 100 mila euro di contributi versati, il primo andato in pensione nel 2009 (dieci anni fa) e il secondo che ci andrà nel 2019: il primo sta godendosi una pensione di 6.136 euro annui (valore riferito al 2009, quando con 1.000 euro si poteva comprare ciò che oggi si compra con 1.110 euro); il secondo, quando quest’anno incrocerà le braccia, otterrà una pensione di 5.245 euro annui, cioè 900 euro annui in meno rispetto al primo (sapendo che dovrà spendere 1.110 euro per acquistare cioè che il primo, nel 2009, pagava 1.000 euro).

Pensioni 2019 più lontane. Le variabili che condizionano l’accesso alla pensione (e anche la misura) sono principalmente due: l’età anagrafica e i contributi versati all’Inps. Un tempo l’età anagrafica veniva fissata per legge ed era immodificabile, se non attraverso una nuova legge. Oggi, invece, vige un criterio particolare che, automaticamente, cioè senza necessità di una nuova legge, produce aumenti al requisito d’età per l’accesso a tutte le pensioni: è la cosiddetta «speranza di vita». In tal modo, senza prendersi cura del bilancio familiare del pensionato, viene mantenuto in equilibrio il bilancio previdenziale, il quale alla voce uscite per le pensioni contrappone quella dell’entrata dei contributi dei lavoratori (che quanto più restano al lavoro, tanto più aumentano le entrate in contributi). Dal 1° gennaio 2019 c’è stato il terzo adeguamento alla speranza di vita ed è stato di cinque mesi. I primi due ci sono stati a gennaio 2013 (due mesi) e a gennaio 2016 (quattro mesi). Il prossimo ci sarà a gennaio 2021. L’adeguamento 2019 contempla alcune deroghe, previste dalla legge Bilancio dello scorso 2018. In particolare, c’è l’esclusione dall’incremento della speranza di vita delle seguenti situazioni:

lavoratori dipendenti che svolgano da almeno 7 anni, nell’ambito dei 10 anni precedenti il pensionamento, le professioni di cui all’allegato B alla legge bilancio 2018 e che siano in possesso di un’anzianità contributiva pari ad almeno 30 anni;

lavoratori addetti a lavorazioni particolarmente faticose e pesanti (cd «usuranti», ex art. 1 del dlgs n. 67/2011), a condizione che le stesse attività usuranti siano svolte al momento dell’accesso al pensionamento e siano state svolte per una certa durata nel corso della carriera lavorativa e i lavoratori siano in possesso di anzianità contributiva non inferiore a 30 anni;

lavoratori «precoci» (sono tali i lavoratori, dipendenti o autonomi, con almeno 1 anno di contribuzione per periodi di lavoro effettivo svolti prima del compimento del 19° anno di età);

soggetti che godano, al momento del pensionamento, dell’Ape sociale.

Le vie ordinarie di pensionamento. Le pensioni ordinarie sono due: la pensione di vecchiaia e la pensione anticipata. Queste, in altre parole, sono i trattamenti che ordinariamente (cioè naturalmente) sono conseguiti da chi lavora e, dopo un certo periodo di tempo, maturata una certa età, decida di mettersi a riposo. Per ciascun tipo di pensione sono previste due categorie di requisiti:
a) per i lavoratori in regime «retributivo» o «misto»;
b) per i lavoratori in regime «contributivo».
Di conseguenza, le «vie» diventano quattro (due per ognuna delle due pensioni), come indicato in sintesi in tabella.
© Riproduzione riservata

Fonte:
logoitalia oggi7