Nella RCauto, ove il danneggiato abbia inviato la richiesta di risarcimento dei danni alla propria impresa di assicurazione, secondo il modello dell’art. 149 del d.lgs. n. 209 del 2005, e per conoscenza all’impresa di assicurazione dell’altro veicolo coinvolto, e siano decorsi i termini di cui all’art. 145 del medesimo decreto, qualora la fase stragiudiziale non si concluda con un esito positivo, il danneggiato può proporre la domanda giudiziale anche nei confronti dell’impresa assicuratrice dell’altro veicolo coinvolto.

I motivi di ricorso contestano la sentenza impugnata là dove essa ha ritenuto che, essendosi svolta la fase della richiesta e della trattativa stragiudiziale con la società di assicurazione della stessa parte danneggiata, l’introduzione del giudizio risarcitorio non poteva che avvenire nei confronti di questa, per cui la domanda avanzata contro l’assicuratore del veicolo antagonista, secondo il modello classico dell’art. 144 del d.lgs. cit., era da ritenere improponibile.

Per inquadrare correttamente i termini della complessa e delicata questione in esame, è opportuno prendere le mosse dalla sentenza n. 180 del 2009 della Corte costituzionale, la quale, nel dichiarare non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 149 cit., ha osservato che la procedura ivi regolata non costituisce un obbligo, bensì una facoltà per la parte danneggiata.

La sentenza in questione ha rilevato che un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 149 consentirebbe, accanto all’azione diretta contro la compagnia assicuratrice del veicolo utilizzato, la persistenza della tutela tradizionale nei confronti del responsabile civile, dal momento che il Codice delle assicurazioni si è limitato a rafforzare la posizione dell’assicurato rimasto danneggiato, considerato soggetto debole, legittimandolo ad agire direttamente nei confronti della propria compagnia assicuratrice, senza peraltro togliergli la possibilità di fare valere i suoi diritti secondo i principi della responsabilità civile dell’autore del fatto dannoso (ordinanza n. 441 del 2008); per cui il Giudice delle leggi è pervenuto alla conclusione che l’azione diretta contro l’assicuratore del danneggiato non rappresenta una diminuzione di tutela, ma un ulteriore rimedio a disposizione del danneggiato, rilevando che simile interpretazione è anche maggiormente coerente con i criteri contenuti nella legge delega.

Il richiamo alla sentenza costituzionale giova a porre in luce come il sistema delineato dal d.lgs. n. 209 del 2005 debba essere letto avendo come bussola la maggiore tutela del danneggiato e le connesse esigenze di semplificazione che derivano dalla circostanza secondo cui è più semplice trattare con la propria assicurazione che non con quella del veicolo antagonista.

Il D.Lgs. n. 209 del 2005, ricalcando nelle sue linee di fondo la L. 24 dicembre 1969 n. 990, prevede, nel tentativo di favorire la deflazione del contenzioso infortunistico stradale, che la parte danneggiata abbia l’obbligo di formulare una richiesta risarcitoria alla società di assicurazione, consentendo in tal modo a questa di valutarne la fondatezza, di svolgere la necessaria istruttoria e di formulare l’eventuale offerta; obbligo, questo, che vale sia nel caso di azione diretta (art. 144 cit.) che nella procedura di risarcimento diretto regolata dall’art. 149 cit., come risulta senza dubbio dalla lettura dell’art. 145 del codice delle assicurazioni.

L’art. 149, comma 6, infatti, stabilisce che, qualora la fase preliminare delle trattative non sia andata a buon fine (per inapplicabilità della procedura di risarcimento diretto, ovvero per mancata comunicazione di offerta o per diniego di offerta), il danneggiato può proporre l’azione diretta di cui all’art. 145, comma 2, nei soli confronti della propria impresa di assicurazione; in tal caso, l’impresa di assicurazione del veicolo del responsabile può chiedere di intervenire nel giudizio e può estromettere l’altra impresa, il che è coerente con la struttura dell’accollo ex lege che questa Corte ha già riconosciuto essere la qualificazione giuridica dell’istituto del risarcimento diretto (v. le ordinanze 9 ottobre 2015, n. 20374, e 20 settembre 2017, n. 21896).

Secondo questa ricostruzione, quindi, la c.d. impresa gestionaria, quando riceve la richiesta di risarcimento dal proprio assicurato, istruisce la relativa pratica, formula l’offerta e paga il risarcimento, compie un’attività per conto e nell’interesse dell’impresa debitrice.

L’art. 145, comma 1, dal canto suo, nel regolare l’azione diretta del danneggiato – cioè la classica azione già prevista dalla L. n. 990 del 1969 – afferma che essa può essere proposta una volta decorso il periodo di tempo di sessanta o novanta giorni dalla richiesta di risarcimento del danno all’impresa di assicurazione (del danneggiante), inviata a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, anche se inviata per conoscenza.

Il comma 2 dell’art. 145, in coerenza col comma 1, stabilisce che nella procedura di cui all’art. 149 cit. il danneggiato può promuovere il giudizio dopo il decorso di analogo termine dall’invio della richiesta alla propria impresa di assicurazione, inviata per conoscenza all’impresa di assicurazione dell’altro veicolo coinvolto. Precisazione, quest’ultima, coerente con la previsione del comma 6 dell’art. 149 già richiamata, che consente all’assicuratore del responsabile di intervenire in causa e di estromettere l’altra impresa.

Ciò significa, dando per pacifico che le parole della legge abbiano un senso ed una loro intrinseca coerenza, che una lettera inviata per conoscenza è sufficiente a mettere in moto il meccanismo che poi consente al danneggiato di intraprendere l’azione giudiziaria contro l’una o l’altra impresa di assicurazione.

I due commi dell’art. 145 cit. rendono chiaro il disegno del legislatore: chi opta per il risarcimento diretto in sede stragiudiziale, deve informare anche l’impresa debitrice con la lettera raccomandata; ma se, rivelatasi infruttuosa la trattativa, la vittima decide di convenire in giudizio l’assicuratore del responsabile, quella lettera che gli era stata inviata per conoscenza sarà sufficiente a rendere proponibile la domanda.

Si potrebbe obiettare – e questo è il senso della motivazione resa dal Tribunale nella sentenza impugnata – che, se il danneggiato ha chiesto il risarcimento alla propria impresa di assicurazione e ha inviato solo per conoscenza tale richiesta all’impresa assicuratrice del responsabile, quest’ultima non abbia avuto in concreto la possibilità di istruire il sinistro, di valutare le rispettive responsabilità e, di conseguenza, di formulare un’offerta.

Ma, proprio in nome di quelle esigenze di tutela del danneggiato e di snellimento delle procedure che anche la Corte costituzionale ha posto in luce nella suindicata sentenza, la Cassazione ritiene che un’interpretazione costituzionalmente orientata non possa che andare nella direzione di ritenere sufficiente l’invio della richiesta di risarcimento anche solo per conoscenza.

Se si tratta, come si è già affermato, di un’ipotesi di accollo ex lege, ne deriva che la possibilità che l’impresa assicuratrice del danneggiante non ha avuto è stata fornita all’impresa assicuratrice del danneggiato, il che è sufficiente; e d’altronde l’art. 149, comma 3, cit. chiarisce che nella procedura di risarcimento diretto l’assicuratore del danneggiato liquida i danni per conto dell’impresa di assicurazione del veicolo responsabile, ferma la successiva regolazione dei rapporti tra le imprese medesime.

Cassazione civile sez. III, 05/10/2018 n. 24548