di Lucio Sironi
Ieri gli investitori hanno accolto con evidente soddisfazione la decisione di Azimut di raddoppiare il dividendo a 2 euro (sia pure per la metà distribuendo azioni proprie), oltre alle stime di utile fino al 2019 e alla possibilità che il Patto di sindacato (manager, dipendenti e consulenti finanziari del gruppo riuniti nella finanziaria Timone) rafforzi la propria partecipazione nel gruppo, dove già ora rappresenta il primo azionista con circa il 15% del capitale. Tutto ciò ha consentito all’azione di guadagnare il 12,7% a 18,82 euro, risvegliando un titolo che per almeno tutto il 2017 è rimasto in letargo.

Le stime dei risultati 2017 per il gruppo di risparmio gestito ipotizzano un utile netto consolidato compreso tra 215 e 225 milioni, secondo migliore nella sua storia. In una convention che si è tenuta a Montecarlo e che ha coinvolto le diverse realtà internazionali, l’ad Sergio Albarelli ha confermato il target di utile netto consolidato di 300 milioni da raggiungere entro il 2019 e proporrà al cda, convocato per l’8 marzo, la distribuzione di un dividendo raddoppiato di 2 euro per azione, di cui circa la metà corrisposto facendo ricorso alle azioni proprie, che oggi rappresentano circa il 10% del capitale e che dopo questa distribuzione straordinaria dovrebbero dimezzarsi (dato variabile in funzione del rapporto con cui saranno assegnati i titoli rispetto a quelli possedute dai soci).

Gli aderenti al patto di sindacato di Azimut , riuniti in Timone fiduciaria, stanno poi valutando un’ipotesi di rafforzamento della partecipazione detenuta nella holding per approfittare di quella che sia Albarelli sia il presidente Pietro Giuliani hanno definito come una situazione di chiara sottovalutazione in borsa della società. L’idea è quella di rafforzare la partecipazione di Timone nel capitale di Azimut fino al massimo di un ulteriore 10%, nel rispetto della soglia del 25%, oltre la quale scatta l’obbligo di opa. L’operazione potrebbe essere strutturata anche con acquisti a leva, assistiti da un partner finanziario che operi come garante nei confronti delle banche finanziatrici.

Giuliani ha precisato che in ogni caso non si tratterà di una mossa difensiva da parte del management e dei consulenti finanziari ma della volontà di cogliere un’occasione di mercato dal momento che l’azione da tempo è nel mirino di strategie ribassiste che hanno depresso il livello di quotazione. Ha poi ribadito il concetto di autoimmunità di Azimut , in quanto una scalata ostile «avrebbe l’effetto di far uscire in massa manager e consulenti che determinano e gestiscono il successo del gruppo, lasciando allo scalatore poco più che un marchio». (riproduzione riservata)
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