di Francesco Ninfole
Un’eventuale operazione di Intesa Sanpaolo su Generali avrà un punto fermo: non ci dovrà essere impatto significativo su capitale e dividendi. È questo un aspetto che, nell’incertezza generale sulla manovra, è stato chiarito ufficialmente dalla banca nel comunicato di martedì sera: «Il management di Intesa Sanpaolo valuta regolarmente le opzioni di crescita endogena ed esogena, incluse quelle proposte dalle banche d’affari, secondo stringenti criteri di preservazione della leadership di adeguatezza patrimoniale e coerentemente con la politica di creazione e distribuzione di valore per i propri azionisti». In assenza di queste condizioni, la banca non andrà avanti con operazioni, né con Generali né con altri. Perciò se ci sarà un impegno nella compagnia assicurativa, non avrà risvolti di rilievo per il patrimonio della banca.

In passato si è parlato spesso dell’assorbimento di capitale delle partecipazioni delle banche nelle assicurazioni oltre il 10%, che è destinato ad aumentare dal 2019. In particolare in Italia si è fatto spesso riferimento alla quota di Mediobanca in Generali , oggi pari al 13%. Il caso di un’eventuale investimento di Intesa carta contro carta in Generali sarebbe però diverso. Non si tratterrebbe di una semplice partecipazione. L’istituto guidato da Carlo Messina dovrebbe acquistare una quota superiore al 60% (dopo l’acquisto del 3% di Intesa da parte di Generali ) e perciò consoliderebbe la partecipazione nel bilancio del conglomerato finanziario di Intesa con la quota in Generali .
Il fattore discriminante è piuttosto come si arriva ad acquisire la partecipazione. Credit Suisse ha osservato che, se ci fosse un esborso di cassa, l’effetto sul capitale sarebbe ingente, pari al 2,5% di capitale Cet1. L’opzione dell’acquisto in contanti è perciò impossibile. La situazione cambierebbe se, come si suppone in questi giorni, l’operazione Intesa -Generali si realizzasse con uno scambio di azioni. In tal caso ci sarebbe in sostanza un effetto neutrale sul capitale, perché le nuove azioni di Intesa sarebbero sostituite con quelle della compagnia assicurativa.
Secondo Carlo Tommaselli, analista di Credit Suisse, «un’operazione in contanti sarebbe altamente diluitiva, ma uno scambio di azioni sarebbe neutrale per il Cet1 nello scenario base, assumendo l’applicazione del Danish compromise», ovvero la possibilità di considerare il capitale allocato in una partecipazione assicurativa anche se con una speciale ponderazione del rischio. «L’incerto futuro regolatorio del Danish compromise» è perciò incluso dall’analista tra i punti potenzialmente negativi dell’operazione, assieme alla «logica strategica non chiara». Tra gli elementi positivi c’è invece la crescita di profitti e capitale, soprattutto considerando il contributo delle minoranze che aumenterebbe il capitale Cet1 dal 13 al 14,3%. «Il contributo delle minorities potrebbe aumentare l’accumulo di capitale e ridurre la diluizione per gli azionisti», ha aggiunto l’analista.

L’altro tema chiave per Intesa , assieme al capitale, è quello dei dividendi. Secondo Credit Suisse, escludendo le attività in Francia e Germania (che potrebbero essere cedute ad Allianz ), Intesa acquisirebbe circa 840 milioni di utili operativi di Generali (tabella in pagina). Equita ha sottolineato, ricordando le parole del comunicato di Intesa , che qualsiasi opzione strategica avverrà rispettando i target del piano industriale, compresa la politica di distribuzione di valore per gli azionisti: «Il lessico suggerisce che Intesa Sanpaolo intenderebbe confermare l’obiettivo di dividendo 2016 (3 miliardi, 19 centesimi per le ordinarie) e 2017 (4 miliardi, 24 centesimi) anche post operazione su Generali ». Per gli analisti, «nonostante il track record e la credibilità del management di Intesa Sanpaolo , la complessità di un’eventuale offerta su Generali e il rischio di esecuzione dell’integrazione di due business differenti abbassano la visibilità sulla politica dei dividendi post operazione rispetto a quella della banca stand-alone».
L’andamento di utili e dividendi sarebbe il metro per misurare il successo industriale dell’operazione. Non a caso la nota di Intesa ha precisato che «il management valuta e continuerà a valutare con attenzione ogni possibile opportunità di rafforzamento del proprio posizionamento competitivo e di conseguenza dell’andamento prospettico economico-patrimoniale del gruppo». La banca è consapevole che, al di là di ogni altra possibile considerazione, il progetto non deve intaccare la solidità patrimoniale, deve essere redditizio e in linea con l’obiettivo di «crescita nel settore del risparmio gestito, del private banking e in quello dell’assicurazione in sinergia con le reti bancarie». (riproduzione riservata)
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