di Lucia Prete 

Un rigoroso approccio logico scientifico per definire la responsabilità medica. La Cassazione ha precisato ulteriormente i confini della responsabilità medica. Secondo la sentenza n. 22876/2015 il corretto approccio per verificare l’esistenza del nesso causale tra una condotta e un dato accadimento richiede che si faccia ricorso ad un giudizio fondato su una generalizzata regola di esperienza o su una legge scientifica, universale o statistica. In particolare il comportamento del medico può essere considerato condizione necessaria dell’evento dannoso se, eliminandolo dalla sequenza dei fatti accaduti, si avrebbe che l’evento non si sarebbe verificato o, se si fosse realizzato, avrebbe avuto una minore intensità lesiva o sarebbe avvenuto molto tempo dopo. In altri termini la Cassazione ha sostenuto che vi è responsabilità del sanitario se, dopo l’individuazione della spiegazione scientifica dell’evento lesivo (causalità reale), risulti anche accertata la causalità della colpa, se cioè tale fatto può essere imputato a violazione del dovere di diligenza da parte del medico. Quindi, per il giudice di legittimità il giudice di merito non può ricostruire automaticamente il decorso causale sulla base del coefficiente di probabilità espresso dalla legge statistica, ma deve prendere in considerazione tutte le circostanze del caso concreto ed escludere che, nella concatenazione causale, sia intervenuto un altro fatto di per sé idoneo a determinare l’evento. Secondo la Suprema corte, perché sia configurabile la colpa del medico è necessario che l’evento dannoso possa essere considerato una delle conseguenze che la norma di condotta precauzionale violata tendeva a prevenire. La sentenza, inoltre, evidenzia che il criterio che distingue il suo accertamento nel giudizio penale da quello effettuato nel giudizio civile è rappresentato esclusivamente dalla regola probatoria. In sede penale è necessario valutare se la condotta del sanitario sia stata condizione necessaria del fatto lesivo con alto o elevato grado di credibilità razionale al di là di ogni ragionevole dubbio, mentre nel giudizio civile vale la regola del «più probabile che non» per cui il nesso causale può dirsi provato se esiste la ragionevole probabilità che con tale comportamento il danno sarebbe accaduto.