L’incessante incremento dei requisiti strettamente connessi all’aumento della speranza di vita (a partire da gennaio 2016 ci vorranno 4 mesi in più di contribuzione) e un mercato del lavoro fortemente instabile, caratterizzato da carriere discontinue e frammentate in più gestioni previdenziali rendono sempre più difficile raggiungere e programmare il momento del pensionamento.

Gli interventi del legislatore negli ultimi anni, mirati essenzialmente a liberalizzare il mercato del lavoro, sono stati
indirizzati verso la progressiva ricomposizione delle forme contrattuali verso quelle più stabili a scapito di quelle cosiddette “atipiche”.

L’ultimo intervento messo in atto dal Governo Renzi, che ha modificato la disciplina dei contratti a termine
e previsto l’eliminazione delle forme di collaborazione atipica, mira in sostanza ad aumentare la flessibilità in entrata
per stimolare la creazione di nuova occupazione. Tuttavia, i primi dati emersi sugli effetti del Jobs Act, secondo uno studio finanziato dalla Commissione europea per conto di Isi Growth, sono tutt’altro che incoraggianti. Di fatto, secondo il rapporto non ci sono buone notizie per i precari: da marzo 2015 il 63% dei nuovi lavoratori (158mila su 253mila) hanno un contratto a termine e solo il 20% ne hanno uno a tempo indeterminato.

Rimane consolidata la tendenza a un aumento della mobilità del mercato del lavoro di oggi, fatto di potenziali variazioni di categoria di attività, che ha imposto una seria riflessione sui principi di armonizzazione delle differenti forme previdenziali.

Di fronte a uno scenario simile sicuramente uno dei problemi più ricorrenti per i futuri pensionati sarà l’aver versato contributi obbligatori a casse o enti aventi finalità previdenziale diverse, visto come abbiamo detto il progressivo tramonto del posto fisso, da lavoro dipendente a tempo determinato.

Emerge quindi sempre più l’esigenza tra i lavoratori di valorizzare il maggior numero di anni utili per raggiungere i requisiti minimi prescritti per il pensionamento.

Nell’ampio panorama legislativo del sistema previdenziale italiano, ai lavoratori è riconosciuta la possibilità di coordinare i vari spezzoni contributivi afferenti alle diverse gestioni previdenziali sia a titolo gratuito, attraverso l’istituto della totalizzazione ovvero il cumulo per vecchiaia, introdotto dal 2013 , o attraverso il pagamento
di un onere, spesso molto elevato, ricorrendo alla ricongiunzione dei contributi.

Alberto Cauzzi e Maria Elisa Scipioni ne parlano diffusamente nel numero 271 (gennaio 2016) di ASSINEWS.