di Angelo di Mattia

Il dissesto e, poi, il salvataggio delle quattro banche hanno rilanciato l’esigenza di migliorare nettamente l’educazione finanziaria degli italiani: una materia finora affrontata, innanzitutto, dalla Banca d’Italia, che ha promosso interventi strutturali e raccordi con i ministeri competenti; poi dall’Abi, con la vicepresidenza di Beppe Ghisolfi e la Fondazione ad hoc, nonché da alcuni istituti di credito. Ma il necessario impegno in questo settore, MF-Milano Finanza da tempo insiste per questo miglioramento che si impone, non deve far passare in secondo piano i doveri delle banche e, soprattutto, dei vertici, finendo con l’addossare le preminenti responsabilità dei casi di mala gestio alla clientela che non avrebbe saputo orientarsi nella scelta dell’allocazione dei propri risparmi. Si dimentica la tutela del risparmio, nonché le norme per la trasparenza e correttezza delle contrattazione, ma anche i doveri etici e professionali di chi offre possibilità di investimenti finanziari. D’altro canto, non deve neppure ritenersi che il sottoscrittore di prodotti bancari e finanziari goda di una protezione totale che gli dia la certezza assoluta del rendimento di un suo risparmio in un rapporto squilibrato con il rischio (alto rendimento, rischio assai basso) o che possa essere sprovvisto anche di una minimale conoscenza del servizio bancario che utilizza o dell’impiego del risparmio prescelto. Resta, però, fermo che il peso di gran lunga maggiore deve spettare all’istituto nell’informare, nel consigliare accortamente, nel verificare la piena consapevolezza dei benefici perseguiti e dei rischi connessi, nel proporre, accanto alla ponderosa documentazione da sottoscrivere, una rappresentazione sintetica corretta.

Dunque, la necessaria promozione dell’educazione finanziaria, il suo inserimento nei programmi di studio delle scuole di ogni ordine e grado, l’impiego, all’uopo, dei mezzi di comunicazione di massa non possono essere un modo per distogliere l’attenzione dai casi di mala gestio. Naturalmente, esiste poi la strada del ricorso all’autorità giudiziaria, da parte di chi si senta raggirato, o, prima ancora, del ricorso alle sedi stragiudiziali di eventuale composizione delle vertenze, che però sopravvengono nella fase in cui il rapporto con la banca si è già consumato ed è risultato censurabile secondo il cliente.

In definitiva, la materia è complessa e la tutela da parte del sistema e del singolo istituto è cruciale; l’educazione finanziaria deve svilupparsi, ma non sarà mai una supplente di ciò che pertiene alle responsabilità del banchiere e degli organi di controllo. Ciò posto, l’idea, pur brillante per la sua costruzione, di Alberto Alesina di prevedere una patente finanziaria conseguibile solo dopo aver superato un particolare esame di cognizioni bancarie come condizione assoluta per accedere a rapporti con un istituto di credito, da un lato, burocratizza e rallenta l’instaurazione di un rapporto che, per secoli, è stato libero, con il rischio di effetti imitativi in altri settori, dall’altro sposta impropriamente l’asse delle responsabilità a carico del risparmiatore. Si immagini, poi, la proliferazione delle scuole guida in campo finanziario e il ruolo che i patentati potrebbero svolgere in nome e per conto di coloro che non superassero l’esame. Questa proposta, come quella dell’istituzione di un’Authority per la tutela del consumatore, mostra più i problemi che i benefici che potrebbero scaturire dal suo accoglimento, che comunque appare, almeno in questa fase e giustamente, assai improbabile. (riproduzione riservata)