di Anna Messia

Mentre le banche si trovano nel mezzo della tempesta dei mercati e si preparano a vivere una delle più complicate ed agitate fase di riassetto vissute in Italia, le assicurazioni, almeno per ora, sembrano al riparo da intemperie e continuano a registrare risultati in crescita e record di raccolta Vita.

Certo, anche per le compagnie le sfide non mancano, come spiega in questa intervista il presidente dell’Ivass, Salvatore Rossi: dalle nuove regole europee di Solvency II, partite a gennaio, ai bassi tassi d’interesse. Fino alla spada di Damocle della ponderazione dei titoli di Stato richiesta dalla Germania coi relativi rischi di accantonamenti.

Domanda. Presidente avete già iniziato a fare i calcoli con i nuovi parametri ?

Risposta. Sotto il profilo della solvibilità, dunque dell’adeguatezza patrimoniale, un buon posizionamento dell’Italia nel confronto europeo era già emerso l’anno scorso in occasione dello stress test sperimentale condotto sotto l’egida dell’Eiopa, l’autorità europea di coordinamento delle vigilanze nazionali e ne abbiamo dato pubblicamente conto. I dati al 1 gennaio 2016, che arriveranno ad aprile, non faranno rilevare problemi particolari, anche se teniamo alta la guardia, tanto da aver chiesto alle imprese prudenza su bonus e dividendi che staccheranno sui bilanci 2015.

D. Di che numeri stiamo parlando?

R. Nella media del sistema il Solvency Capital Ratio dovrebbe largamente superare il doppio del requisito minimo, con indici più alti nel ramo Vita. La redditività delle compagnie, che aveva superato il 9% di Roe nel 2014, è stata ancora soddisfacente lo scorso anno, pur in diminuzione, anche per i forti ribassi dei rendimenti degli attivi di bilancio dovuti al contesto internazionale di bassi tassi d’interesse. Il dato di giugno scorso era del 5-6%, ancora confortante.

D. A che punto siamo con l’attuazione di Solvency II?

R. Il nuovo regime europeo di vigilanza assicurativa è una macchina molto grande e complessa. Ci sono voluti 15 anni per costruirla. Ha subito nel tempo importanti varianti di progetto, soprattutto a seguito della crisi finanziaria globale e della crisi dei debiti sovrani in Europa. La data del primo gennaio di quest’anno segna lo spartiacque formale fra il vecchio e il nuovo regime, ma il nuovo impiegherà tempo a essere pienamente messo a punto e applicato, in tutta l’Europa.

D. Rischiamo di arrivare fuori tempo massimo?

R. Non direi. L’Italia ha recepito nel suo ordinamento la direttiva europea sostanzialmente nei tempi assegnati, la scorsa primavera. Il Codice delle assicurazioni è stato ampiamente riscritto per tener conto del nuovo quadro europeo, grazie a uno sforzo di collaborazione fra il ministero dello Sviluppo e l’Ivass che è stato un eccellente esempio di interazione virtuosa fra uffici pubblici. Ora il quadro legislativo va integrato con i regolamenti dell’Ivass, che a loro volta sono chiamati ad applicare, adattandoli alle specificità nazionali, le numerosissime linee-guida, circa 700, emesse dall’Eiopa. L’Ivass sta definendo decine di regolamenti, molti dei quali già emessi, altri in pubblica consultazione. Nel procedere abbiamo in mente sia le priorità europee sia le esigenze operative delle imprese ed entro la primavera il quadro regolamentare dovrebbe essere completato.

D. In Italia solo Generali  ha optato per un modello interno di Solvency che consente di risparmiare capitale rispetto alla formula standard. Mentre Unipol  al momento ha scelto la via intermedia dei parametri specifici. Perché così poche rispetto all’Unione?

R. I modelli interni, ma anche i parametri specifici, sono molto costosi, sia nella costruzione sia nella manutenzione. Deve valerne la pena in termini di risparmio di capitale minimo. Per molte compagnie italiane, soprattutto nel ramo Vita, questa convenienza evidentemente non c’è. Aggiungo che l’Ivass è molto attento ed esigente nel vaglio di questi dispositivi. Quanto al resto d’Europa non vi sono dati ufficiali sui modelli interni approvati. Da quanto risulta si contano ovunque in pochissime unità: tre in Germania, due in Francia, uno in Spagna; solo nel Regno Unito sarebbero di più, una ventina, ma quel mercato è enorme, conta quasi 700 compagnie, contro le nostre 117.

D. Ma le regole di Solvency II riusciranno a creare un sistema più stabile?

R. In effetti nelle gestioni Vita osserviamo da qualche tempo uno spostamento dell’offerta di polizze da parte delle compagnie verso prodotti, come le unit linked, che pongono in tutto o in parte il rischio in capo all’assicurato. Il fenomeno è prevalentemente causato dai bassi tassi d’interesse che prevalgono nel mondo in questa fase storica.

D. Uno scenario per nulla rassicurante, specie in mercati volatili come quelli di questi giorni…

R. A ben vedere di tratta di uno snaturamento della funzione assicurativa, che fa assomigliare le compagnie più a dei gestori di portafogli. Il fenomeno è oggettivamente favorito da Solvency II, che richiede meno capitale a fronte delle polizze unit linked e lo stiamo tenendo sotto controllo. Guardiamo in particolare le polizze multiramo, che combinano le caratteristiche di una polizza tradizionale con una unit linked. Prodotti di non facile comprensione per il cliente che potrebbe non essere pienamente consapevole di assumersi una parte del rischio. Stiamo investigando in coordinamento con la Consob, su come vengono venduti.

D. Come va la discussione europea sul calcolo del rischio dei titoli di Stato?

R. Il dibattito è in corso e dovrà tenere conto del parallelo confronto che si sta svolgendo fra regolatori sul fronte bancario. Noi dell’Ivass abbiamo manifestato in tutte le sedi tecniche la nostra contrarietà a far venir meno la regola finora seguita di considerare i titolo di Stato privi di rischio. Non per una malintesa difesa di presunti interessi nazionali, ma per ragioni di correttezza analitica: la forte volatilità del prezzo dei titoli pubblici in Europa negli ultimi anni è stata dovuta principalmente al timore di una rottura dell’euro, cioè di un evento trascendente, dalla valenza geopolitica. Comunque, l’Ivass ha chiesto alle compagnie italiane di tener conto del rischio sovrano nello schema di autovalutazione dei rischi anche ai fini di di eventuali buffer aggiuntivi di capitale. In generale, vediamo con favore una maggiore diversificazione degli investimenti.

D. Finora però poche assicurazioni hanno investito in economia reale.

R. Da una parte la naturale cautela di fronte a classi di investimento diverse da immobili e titoli di Stato, ma anche l’approssimarsi di Solvency II, che avrebbe richiesto più capitale a fronte di investimenti, ad esempio, in infrastrutture. Non è un problema solo italiano, è comune a tutta l’Europa. L’Eiopa ne è consapevole, lo ha analizzato, in particolare con riferimento alle infrastrutture e ai Fondi europei di investimento a lungo termine. Si sta lavorando a modifiche degli atti delegati di Solvency II che potranno abbassare i requisiti di capitale su queste classi di rischio fin da quest’anno, proprio per non frapporre ostacoli a un maggior ruolo delle assicurazioni nel finanziamento della ripresa economica. (riproduzione riservata)