Di Andrea Di Biase

Il blitz con cui il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha inserito nel decreto Investment compact l’obbligo per le banche popolari con un attivo superiore agli 8 miliardi di euro di trasformarsi in società per azioni è stato accolto calorosamente a Bologna dove ha sede Unipol gruppo finanziario (Ugf), la holding quotata cui fa capo il controllo della compagnia di assicurazioni UnipolSai e della piccola Unipol Banca. Parlando a margine dell’assemblea degli azionisti del gruppo assicurativo, che lunedì 26 gennaio ha dato il via libera alla conversione in ordinarie delle azioni di risparmio di categoria A e B, l’ad di Ugf e UnipolSai, Carlo Cimbri ha espresso parole di grande apprezzamento per il provvedimento sulle banche popolari fortemente voluto da Renzi. «Il governo ha coraggiosamente messo il dito su una situazione atipica di cui sento parlare da tanti anni, ma che non veniva mai affrontata in termini sostanziali», ha affermato Cimbri, sottolineando che a livello di società i cui titoli sono negoziati in borsa «il principio del voto capitario è utilizzato solo per le banche popolari e questo costituisce una distorsione rispetto alle altre imprese quotate».

Ma nel suo ragionamento Cimbri, che guida un’azienda il cui controllo è tuttora saldamente in mano a un gruppo di cooperative (non quotate ma comunque partecipate da migliaia di soci che dispongono del voto capitario), si è spinto più in là, prefigurando quello che potrà accadere nel settore delle popolari quando la riforma Renzi sarà convertita in legge. «Regole di governance uguali per tutti sicuramente costituiscono una correzione», ha spiegato il numero uno del gruppo bolognese. «Viene corretta un’anomalia e certamente innescherà processi di aggregazione. 
Sotto questo profilo condivido la posizione del legislatore che condurrà a un riassetto del nostro sistema bancario». Un riassetto in cui lo stesso gruppo Unipol potrebbe avere un ruolo di primo piano proprio attraverso Unipol Banca, già oggetto di una profonda ristrutturazione e da tempo in cerca di una nuova dimensione dentro o fuori dal perimetro del gruppo bolognese. Di questo Cimbri non ha parlato nella sua ultima uscita pubblica. Ci hanno pensato però gli analisti di Equita a iscrivere di diritto Unipol Banca al risiko bancario che dovrebbe aprirsi in seguito della riforma del settore voluta da Renzi, ma apertamente sostenuta anche dalla Banca d’Italia e dalla Banca centrale europea. «La riforma della governance delle popolari potrebbe rappresentare un’opportunità per Unipol che potrebbe partecipare con Unipol Banca al processo di m&a che potenzialmente si materializzerà a seguito della riforma», è l’opinione degli esperti di Equita, che provano anche a tratteggiare lo schema di una possibile aggregazione:

«In tale scenario Unipol cederebbe il controllo di Unipol Banca diventando però azionista di una popolare trasformata in spa». 
Uno scenario che, a detta degli analisti di Equita, fino a oggi era difficile da immaginare in quanto «si scontrava con la presenza del voto capitario». Con la normativa attuale, infatti, un’eventuale conferimento di Unipol Banca in un’istituto cooperativo, geloso delle prerogative assegnategli dalla legge (voto capitario e clausola di gradimento per l’iscrizione a libro soci), sarebbe stata di fatto impercorribile per Unipol, che pur ricevendo una quota importante della banca post-fusione avrebbe avuto un peso nella governance equivalente a quello di un socio con pochi titoli in portafoglio. La riforma Renzi, dunque, se non sarà modificata in virtù dell’opposizione messa in campo da Assopopolari (tra le ipotesi sul tavolo c’è anche il ricorso alla Consulta per una presunta incostituzionalità del decreto), potrebbe aprire a Unipol Banca un ventaglio di possibilità di aggregazione sicuramente maggiore rispetto a quello attuale. Offrendo allo stesso tempo anche un’opzione strategica non meno importante alla holding Ugf, che potrebbe così affiancare alla gamba assicurativa rappresentata da UnipolSai anche una gamba bancaria rappresentata dalla partecipazione qualificata in una delle ex popolari, che potrebbe ricevere attraverso il conferimento di Unipol Banca. Se sarà questa la strada che Cimbri intende percorrere è comunque presto per dirlo. Di certo però lo status quo non sembra piacere al mercato. Il piano per una Unipol Banca stand alone presentato da Cimbri nei mesi scorsi (e anticipato da MF-Milano Finanza) non ha convinto appieno gli analisti, che finora hanno considerato l’istituto più un peso sui conti della holding che un’opportunità. Nonostante l’aumento di capitale da 100 milioni, servito a riportare i coefficienti patrimoniali a un livello di sicurezza (il Common equity tier 1 al 30 settembre era del 9,24%), e il miglioramento del risultato gestionale, passato dal rosso di 147 milioni all’utile di 7 milioni nello stesso periodo del 2014, gli analisti ritengono comunque troppo ambizioso il piano stand alone, che prevede un utile di 68 milioni al 2017. Secondo Equita, ad esempio, Unipol Banca dovrebbe riuscire a centrare il target di 13 milioni di utile indicato dalla società per il 2015, ma non condividono le previsioni del management per gli anni a venire, ritenendo che il risultato netto si attesterà in un range compreso tra 15 e 20 milioni anche nei restanti due anni del piano a causa di una crescita dei ricavi limitata. Ancora più dura l’analisi di KeplerCheuvreux, che non vede un ritorno della profittabilità a breve, anche alla luce degli alti costi di gestione.

Il risiko potrebbe dunque offrire un’alternativa a Cimbri rispetto alla soluzione del rilancio di Unipol Banca stand alone. I rapporti tra Unipol e il mondo delle banche popolari già esistono, considerato che le controllate di Ugf, Arca Vita e Arca Assicurazioni, già distribuiscono le proprie polizze attraverso gli sportelli della Bper e della Popolare di Sondrio. Proprio due delle dieci banche che saranno investite dalla riforma Renzi. (riproduzione riservata)