La monetizzazione del Tfr è un bluff per i lavoratori. Oltre alla tesi (altrettanto valida) circa l’opportunità di non distrarre il Tfr dalla sua principale funzione, quella cioè di finanziamento e sostegno della previdenza dei giovani (leggi fondi pensione), dalla monetizzazione mensile delle quote di trattamento di fine rapporto ci guadagneranno soltanto le casse dell’Erario. Perché faranno affari ottenendo l’applicazione della tassazione ordinaria (la stessa tassa della busta paga) invece di quella «separata», quella normalmente applicata al Tfr intascato a fine carriera. Un esempio per valutare. Un lavoratore con 20 mila euro di retribuzione annua ha diritto a una quota annua di Tfr di 1.381. Se conserva la via tradizionale dell’incasso a fine carriera, incasserà un Tfr netto di 1.049 euro ridotto di 332 euro a titolo di Irpef (secondo la tassazione separata); se dovesse scegliere il «mensile Renzi», invece, incasserà un Tfr netto di 925 euro ridotto di 456 euro a titolo di Irpef (secondo la tassazione ordinaria), rimettendoci dunque 124 euro (il guadagno per le casse dell’Erario). E non è tutto, perché occorre anche considerare la «perdita» (sempre a danno dei lavoratori) dalla mancata rivalutazione del Tfr. Chi decide di prendere subito i soldi, infatti, rinuncia a un investimento sicuro: il Tfr, ogni anno, è rivalutato al tasso dell’1,5% fisso più il 75% dell’inflazione. Nell’esempio, dopo un anno, il Tfr risulta maggiorato di circa 23 euro: quant’è la perdita che subisce il lavoratore se decide per la monetizzazione. Peraltro, la rivalutazione è esclusa dalla tassazione Irpef (né ordinaria e né separata), pagando una «imposta sostitutiva» all’aliquota dell’11%: un ottimo investimento anche da questo punto di vista, se si pensa che l’aliquota Irpef più bassa è del 20%. Ma di questo, però, se n’è accorto lo Stato e, rimangiandosi la tesi secondo cui il «Tfr va agevolato fiscalmente perché avente funzione previdenziale» (cioè per il fine pensionistico), sempre con la Stabilità per il 2015 ha previsto l’aumento della predetta aliquota d’imposta sostitutiva (dall’11%) al 17%.