di Antonio G. Paladino  

 

Negli ultimi 15 anni, gli interventi del legislatore in materia di sicurezza stradale sono stati rivolti prevalentemente ad inasprire le sanzioni in caso di violazioni al codice della strada. Meno frequenti sono, infatti, le novelle normative introdotte al fine di migliorare gli standard di sicurezza delle infrastrutture stradali. È quanto ha messo nero su bianco la Corte dei conti, Sezione di centrale di controllo sulle Amministrazioni dello Stato, nel testo della deliberazione n. 21/2014, pubblicata ieri, con cui si rende noto l’esito dell’indagine effettuata sulla programmazione del Piano della sicurezza stradale, approvato con delibera Cipe n. 100 del 2002 e dei relativi Piani annuali di attuazione, così come predisposti dal Mininfrastrutture. Le considerazioni della magistratura contabile fanno perno sul fatto che, una volta ricostruito il quadro normativo di riferimento, non si può sottacere che gli interventi del legislatore hanno principalmente comportato la nascita di norme tese a modificare ed integrare le sanzioni previste per le violazioni al codice della strada. In pratica, si è provveduto ad incidere prevalentemente sulla condotta di guida e sull’utilizzo dei dispositivi di sicurezza in dotazione sui veicoli. Mentre, in maniera minore si è intervenuto su disposizioni che migliorassero gli standard di sicurezza delle infrastrutture stradali ed adeguarli a quelli degli altri Paesi europei. Norme che, si legge, dettate soprattutto dalla necessità di dare attuazione alle direttive comunitarie in materia ed in vista del conseguimento dell’obiettivo (ora fissato dall’Unione europea al 2020) di dimezzare il numero delle vittime di incidenti stradali. Sul piano dei numeri, la relazione della Corte ha messo in evidenza alcune criticità, soprattutto in relazione a «una gran mole di residui» che si sono formati negli esercizi finanziari e delle somme andate, di conseguenza, in perenzione. Dalla disamina delle risorse ripartite tra i cinque programmi di attuazione considerati, infatti, è emerso che l’erogazione delle risorse a favore degli enti beneficiari (Regioni ed Enti locali) è avvenuta con tempistiche lunghissime che mal si conciliano con la natura degli interventi nel campo della sicurezza stradale.

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