Adriano Bonafede

È uno dei business più redditizi del gruppo. Dislocato in paesi che crescono al 3% all’anno con ottime possibilità di espansione. All’indomani dell’acquisizione per 1,2 miliardi dell’ultima tranche (24%) di Gph, la jv di Generali con Petr Kellner nei paesi dell’Est Europa, le strategie del ceo Mario Greco diventano più chiare. L’ Europa dell’Est non è più soltanto un business in mezzo agli altri ma quello dove le possibilità di crescita sono migliori di tutti gli altri. Certo, sono pur sempre mercati rischiosi: «Più che altro sono complicati », dice Greco. «Ma anche per questo la soddisfazione è stata grande». Basti pensare che, a fronte del 5% dei premi di tutto il gruppo, la Cee (Europa del-l’Est, appunto) ha consentito di portare a casa a fine 2013 ben l’11% del risultato operativo. Neanche l’Italia che pure è la migliore in Europa per redditività – ha fatto meglio in termini percentuali: di fronte al 30 per cento dei premi ha fatto incamerare al Leone il 42 per cento del risultato operativo. «Non c’è dubbio – è il commento di Gianluca Ferrari di Mediobanca Securities -. Per Generali l’Est Europa è la killer application, quella che la distingue dai competitor e che questi non hanno. Axa e Prudential possono vantare una forte presenza in Asia, Allianz in America con la sgr Pimco, ma solo Generali ha questa presenza nell’Europa orientale». Generali è ben radicata in ben dodici paesi dell’Europa dell’est con un ranking tra il primo (Repubblica Ceca) e il nono posto (Romania) di ogni singolo mercato. A ben guardare, però, il grosso del business è concentrato nella “ricca” Repubblica Ceca, dove si trova quasi il 50 per cento del giro d’affari con 1,506 miliardi di premi su un totale di 3,107 dell’intera area. Un bel posizionamento anche in Polonia, altro mercato relativamente ricco, a cui fanno capo 529 milioni di premi, ma dove il Leone è soltanto al settimo posto e quindi può in prospettiva crescere di più. Certo, ci sono anche delle posizioni incagliate, come il 38,5 per cento nella russa Ingosstrakh, di cui ha dovuto svalutare parte degli avviamenti ma che soprattutto non serve a nulla visto che è sfumata per ora la possibilità di arrivare alla maggioranza assoluta. Complessivamente, però la posizione di Generali nell’area è buona. E il merito di questa presenza è, paradossalmente, dell’ex ad Giovanni Perissinotto, con cui ci sono ancora pendenze legali, ma che nel 2007 varò l’accordo di joint venture con il finanziere Petr Kellner. Ovviamente non tutto andò liscio negli anni successivi e una buona parte dell’esito favorevole dell’operazione è da accreditarsi all’opera di Mario Greco. Nel 2009, per quanto riguarda la struttura della joint venture, Generali aveva rinegoziato gli accordi per la completa acquisizione della società definendo un complesso sistema di put e call con il partner. Gli accordi avevano originato però incertezza sul prezzo di acquisto e, negli anni successivi, dubbi da parte del mercato sulla possibilità di far fronte all’investimento senza ricorrere a risorse esterne. Si era ventilata a un certo punto, nel 2012, anche la possibilità di fare un aumento di capitale per pagare quei 2,5 miliardi che servivano. Qui è entrato all’opera Greco che è riuscito a chiudere l’operazione con i soli mezzi propri di Generali. Ciò grazie al turnaround del gruppo impresso dal Greco con il rafforzamento del capitale e le dismissioni di asset non core concluse già nel 2013: Migdal (700 milioni); 12% Banca Generali (200 milioni); Generali Usa Re (700 milioni); minoranze in Messico (600 milioni). Archiviata felicemente l’operazione Kellner, Generali ora si concentra sui target del piano industriale, in gran parte già realizzati (il prossimo sarà presentato il 27 maggio a Londra). In particolare, scrive Jp Morgan Cazenove nel report del 12 gennaio scorso, il Solvency 1 pro forma del dicembre 2014 è salito, grazie alla vendita della svizzera Bsi, al 166 per cento rispetto al 141 della fine del 2013. Un aumento che lo mette quasi al pari dei concorrenti (mentre nel momento peggiore della crisi italiana, con i tassi dei Btp saliti oltre il 7 per cento, era sceso fin sotto il 120 per cento). «Il downgrade che ci ha dato Standard & Poor’s è esclusivamente motivato con il fatto che risediamo in Italia». Il turnaround di Greco è quasi completato. Il ceo ha agito su diversi fronti contemporaneamente. Da una parte ha completamente rinnovato la linea del management con molte immissioni di executive stranieri. Dall’altra ha agito sui diversi segmenti di business e sulle articolazioni territoriali: in Francia, ad esempio, ha cambiato il mix di prodotti venduti nel vita, che erano troppo spostati sulla fascia più ricca, mentre nel danni c’erano troppi portafogli non redditizi che sono stati via via ceduti. L’Italia è invece redditizia ma il fatturato si restringe di anno in anno per la deflazione, costringendo il ceo a puntare molte carte sul taglio dei costi, e la riduzione da quattro a un solo marchio ne è stata l’architrave. L’Estremo Oriente – presentato a volte dall’esterno come una via salvifica – in realtà ha bisogno di tempo e di grossi investimenti per vedere un ritorno in termini di redditività. La Cina, comunque, dove Generali ha 700 milioni di premi fra vita e danni, è considerata prospetticamente il mercato più interessante. Recenti acquisizioni sono state fatte in Malesia, in Indonesia, Vietnam, mentre il Leone è già presente a Hong Kong e Singapore e in India aspetta che le leggi consentano agli stranieri di passare al 26 al 49%. Gli occhi degli analisti – per ben l’82% divisi tra “buy” e “hold” – sono adesso puntati sui dividendi. Greco ha nei mesi scorsi strizzato l’occhio al mercato, lasciando intendere che il payout sarà più elevato del solito. «Noi – dice Matteo Ghilotti, head of Italian Equity Research di Equita – ci aspettiamo 56 cent per azione, con un dividend yieldai prezzi attuali intorno al 3%, a meno che non ci siano delle sorprese positive perché Greco aveva lasciato intendere che potrebbe essere vicino al 4, in linea con quello dei diretti concorrenti». Nei grafici a sinistra, la distribuzione geografica della raccolta premi e del risultato operativo di Generali, la presenza nei vari paesi dell’Europa dell’Est e il combined ratio di queste aree