di Andrea Montanari

Mentre ai vertici della Fondazione Carige, azionista di riferimento della banca ligure, si studia il modo di recuperare la stabilità patrimoniale e finanziaria e sostenere il rafforzamento del capitale da 800 milioni chiesto da Bankitalia all’istituto di credito, in questo scorcio iniziale dell’anno potrebbe riaccendersi l’interesse del mercato per CarigeAssicurazioni.

La controllata del gruppo, posta in vendita per evitare l’aumento di capitale e valutata tra i 400 e i 600 milioni, non farebbe più gola solo alla belga Ageas. Quest’ultima tra l’altro ha dato priorità agli asset cheUnipol deve vendere dopo l’acquisto e la fusione con FonSai. Secondo indiscrezioni di mercato, infatti, a guardare alle compagnie (Vita e Danni) di Carige sarebbe anche il fondo di private equity americano Aquiline Capital Partners.
L’operatore, che negli anni scorsi aveva provato a studiare il dossier Euromobiliare, ha chiesto l’accesso alla data room per poter valutare da vicino le attività della banca presieduta da Cesare Castelbarco Albani e guidata dall’amministratore delegato Piero Montani. Il nodo da affrontare, per tutti i potenziali interessati alle compagnie genovesi è quello legato al prezzo e alla valutazione, visto che per anni le due società hanno sofferto per la gestione finita nel mirino dell’Ivass. Gli ispettori dell’autorità di vigilanza del settore assicurativo stanno concludendo l’ispezione. E solo una volta steso il rapporto si potrà capire lo stato di salute reale delle compagnie e i necessari interventi, dopo gli aumenti di capitale garantiti in questi ultimi anni alla capogruppo bancaria.

Resta comunque il fatto che per i vertici dell’istituto la cessione del polo assicurativo è ritenuta fondamentale visto che altrimenti, dopo i 100 milioni incassati con la vendita della sgr ad Arca, la banca sarebbe chiamata a lanciare una corposa ricapitalizzazione non essendoci altri asset significativi da vendere.

L’opzione di un aumento da 4-600 milioni finora è sempre stata scongiurata a Genova, sia dall’attuale cda che dal precedente, quello che faceva riferimento all’ex dominus Giovanni Berneschi. Tra l’altro la stessa Fondazione, oggi al 46,66% di Carige, ha sempre fatto capire che l’aumento di capitale avrebbe dovuto essere di dimensione assai ridotta per poter prendervi parte e non rischiare di diluire la partecipazione in misura significativa. Perché l’ente da poco presieduto da Paolo Momigliano è sì disposto a scendere nel capitale a una quota oscillante tra il 30 e il 35%, ma non vuole certo mollare la presa sull’unico asset strategico in portafoglio visto lo strettissimo legame tra la banca stessa e il territorio locale. Per questo, in Fondazione si stanno valutando diverse strade per aderire al possibile aumento, come la richiesta di intervento di altri enti (magari quelli toscani già soci di Carige) sulla falsariga del progetto della Fondazione Mps per l’istituto senese. (riproduzione riservata)