di Anna Messia

Saranno presto costrette a esplorare nuove strade le compagnie di assicurazione perché i bassi tassi d’interesse stanno mettendo in discussione i loro investimenti tradizionali, finora composti prevalentemente da titoli del debito pubblico. Un percorso obbligato, emerso chiaramente dall’analisi 2014 sul settore assicurativo appena pubblicata da BlackRock, gestore internazionale che a fine dicembre amministrava 327 miliardi di dollari a livello globale, per conto di 159 assicuratori in 23 Paesi: «Le assicurazioni hanno necessità di flussi di cassa prevedibili per far fronte agli obblighi assunti nei confronti dei sottoscrittori», osserva Patrick Liedtke, capo Europa di BlackRock Financial Institutions Group, divisione guidata in Italia da Riccardo Stucchi, «ma a causa dei tassi bassi gli investimenti in strumenti obbligazionari tradizionali riescono difficilmente a generare un livello di reddito sufficiente a coprire le passività e offrire ai clienti prodotti competitivi».

Il rischio è di frenare la distribuzione di linee di prodotto meno redditizie, come le gestioni tradizionali che riconoscono ai risparmiatori un rendimento certo.

Non resta quindi che indirizzarsi verso asset class meno tradizionali, e questa sfida internazionale non risparmia le compagnie italiane, visto il calo dei rendimenti sui Btp. «L’Italia è allineata ad altri mercati dove gli assicuratori sono spinti ad aumentare l’esposizione dei loro portafogli verso fonti di reddito alternative, come gli attivi bancari collateralizzati o l’investimento in debito infrastrutturale, o ancora obbligazioni immobiliari e debito mezzanino attraverso per esempio strumenti come gli Etf», continua Liedtke. E siamo appena all’inizio del processo, assicurano da BlackRock, dove sono convinti che questa tendenza proseguirà almeno fino al 2016, ed è in fase di accelerazione. Del resto tre anni fa la percentuale di asset non tradizionali presenti nei portafogli delle compagnie di assicurazione era meno dell’1%, l’anno scorso era salita al 3% e se si guarda ai nuovi flussi la quota sale al 5%. Per di più bisogna considerare che agli scarsi rendimenti degli investimenti obbligazionari si aggiungono gli ulteriori costi che potrebbero scaturire dalle nuove regolamentazioni, Solvency II per l’Europa e Own Risk e Solvency Assessment negli Usa, che richiede investimenti per la gestione del rischio e personale specializzato. Ma c’è di più. Le compagnie dovranno lavorare per migliorare la redditività e l’efficienza, con una migliore allocazione del capitale. Processo che in Italia appare avviato con la rioganizzazione dei primi tre gruppi del mercato, UnipolSai, Generali e Intesa, che è già partita. (riproduzione riservata)