di Anna Messia

Le compagnie di assicurazione italiane potranno investire in mini-bond con una potenza di fuoco complessiva di 15 miliardi. Il via libera è arrivato dall’Ivass, l’autorità di controllo assicurativa guidata da Salvatore Rossi. Con una procedura insolita, ossia una lettera al mercato, l’Ivass ha definito le regole per la discesa in campo delle assicurazioni a sostegno delle piccole e medie imprese italiane che scelgono di utilizzare forme di finanziamento alternative al canale bancario, come appunto i mini-bond, introdotti dal decreto Sviluppo Italia nel 2012.

A rafforzare questi strumenti, come noto, ci ha pensato poi il decreto Destinazione Italia (ora in votazione alle commissioni della Camera) ampliandone il raggio d’azione, in particolare tramite operazioni di cartolarizzazione, e favorendo allo stesso tempo la partecipazione di imprese di assicurazione, fondi pensione e fondi degli enti previdenziali e assicurativi. Per quanto riguarda le compagnie, c’era bisogno però di un regolamento dell’Ivass che stabilisse regole e modalità del loro intervento. L’authority ha stabilito in particolare che «nella lista degli attivi a copertura delle riserve tecniche (quelle necessarie a coprire i risparmi degli assicurati) è inserita una nuova classe di investimenti», che include le obbligazioni e i titoli similari emessi da società non quotate «entro il limite del 3% delle riserve tecniche da coprire». Considerando che le riserve tecniche del sistema assicurativo sono di circa 500 miliardi, significa che al lancio dei mini-bond il settore delle polizze contribuirebbe con circa 15 miliardi. Un investimento potenziale, ovviamente, che starà alle singole imprese decide se attivare anche se, almeno sulla carta, l’interesse non mancherebbe. Lo scorso luglio, in occasione dell’assemblea annuale dell’Ania, l’associazione che rappresenta le compagnie di assicurazione, il presidente Aldo Minucci affermò che le imprese erano pronte a sostenere i finanziamenti all’economia reale, comprese le infrastrutture. Ma chiedevano in cambio garanzie precise e puntuali da parte dello Stato, per esempio sui tempi di esecuzione. Per quanto riguarda più in particolare i mini-bond, le assicurazioni avevano avanzato la richiesta di una compartecipazione di primo rischio da parte della banca o della società di rating incaricate di seguire le emissioni. Come dire che le compagnie di assicurazione sembrano pronte a investire le proprie risorse e quelle degli assicurati per sostenere il Paese, a condizione però di ridurre al minimo il rischio. Solo nei prossimi mesi si potrà quindi verificare l’effettivo impegno del settore per il decollo di questi strumenti, considerando tra l’altro che l’Ivass ha previsto che le compagnie possano investire un ulteriore 3% delle riserve tecniche in operazioni di cartolarizzazione degli stessi mini-bond. In tal modo il loro impegno potenziale, tra investimento diretto e indiretto, potrebbe salire fino a 30 miliardi. Ma bisogna ricordare che le imprese assicurative dovranno in ogni caso rispettare altri limiti imposti da altri regolamenti, come il vincolo di non avere più del 10% delle riserve tecniche investito in strumenti non quotati. (riproduzione riservata)