di Federico Unnia  

 

Class action, un mercato mondiale che vale almeno 18 miliardi di dollari. A tanto ammonta, secondo uno studio condotto dalla società Goal Group, fornitrice di servizi a supporto anche di azioni collettive, il valore delle controversie potenziali che gli investitori hanno nel mercato dei titoli e che non hanno ancora promosso, relative al periodo 2000 -2012 è pari a 18 miliardi $ non reclamati, di cui più di 4 facenti capo a risparmiatori europei.

Sebbene nel 2012 il numero di class action relative al mercato dei titoli finanziari giunte a conclusione sia diminuito, gli importi liquidati sono aumentanti, invertendo così un trend registrato nel 2011.

Goal Group ha rilevato che oggi, a livello mondiale, la non partecipazione si aggira intorno al 23-24% con uno scarto minimo tra gli aventi diritto statunitensi e non. Dal momento che la media ponderata degli investimenti è di circa il 60% in titoli nazionali e il 40% in azioni estere, per gli azionisti europei non aderire ad azioni collettive promosse negli Stati Uniti significa una rilevante perdita economica.

«Le class action relative al mercato dei titoli sono azioni legali, percorribili in via collettiva dagli investitori, intese al recupero delle perdite subite a seguito di comportamenti illeciti o cattiva gestione da parte delle società in cui hanno investito», spiega Tania Dupoy, sales and relationship manager di Goal Group. «Una nuova nota di ricerca condotta da Goal Group, prestatori di servizi specialistici in materia di azioni collettive di recupero a livello internazionale, evidenzia che, a causa della mancata adesione degli investitori europei alle class action relative al mercato dei titoli intestate negli Stati Uniti, negli anni dal 2000 al 2012, ha avuto come conseguenza che oltre 4 miliardi di dollari non sono stati rimborsati perché non reclamati dai diretti interessati.

A livello mondiale l’orientamento verso le azioni collettive risarcitorie è in fase di rapida evoluzione al di fuori di quella che è la loro sede naturale, gli Stati Uniti. Questo cambio può verosimilmente essere attribuito al fatto che quelle che sono denominate “F-cubed action” non vengono più trattate dai tribunali statunitensi (quando un azionista non statunitense, le cui azioni sono state acquisite su un mercato fuori dagli Stati Uniti, cita in giudizio una società non statunitense)».

«Nonostante questo strumento di rivalsa in Italia sia ancora agli esordi, la crescente globalizzazione delle class action relative al mercato dei titoli è un dato di fatto e alcuni paesi europei stanno emergendo in primo piano. Da un’analisi sulle class action condotta da Goal Group si prevede che da qui al 2020 i risarcimenti liquidati fuori dagli Stati Uniti aumenteranno, raggiungendo gli 8,3 miliardi di dollari all’anno, tuttavia 2,02 miliardi di dollari all’anno, di diritto spettanti agli investitori, non saranno rimborsti perché non reclamati. È pertanto estremamente importante che gli investitori italiani restino vigili circa le loro opportunità di adesione a class action in altre giurisdizioni. Il tipico portafoglio azionario europeo è diventato marcatamente internazionale. Circa il 45% di un tipico portafoglio italiano è investito in azioni di società estere. Ciò dovrebbe allertare gli investitori italiani (e i fiduciari responsabili dei loro investimenti) che, se non vogliono rimanere esclusi dalle class action relative al mercato dei titoli intentate negli Stati Uniti o ai sensi dell’ordinamento di altri paesi, devono partecipare attivamente al contenzioso» conclude Tania Dupoy.