di Andrea Cabrini Class Cnbc     

Il 2014 della economia si è aperto nel segno dell’ottimismo. Anche le previsioni arrivate questa settimana dal Fmi confermano che per quasi tutti i Paesi quest’anno sarà migliore di quello scorso. A Davos per la prima volta da cinque anni si è iniziato a parlare del «dopo crisi».

Ma i mercati hanno anticipato da tempo la ripresa, la riduzione dell’indebitamento pubblico e privato e l’inizio del tapering. Il timore per chi investe è che le buone notizie siano già tutte scontate nelle performance borsistiche del 2013 e di queste settimane. Fabio Innocenzi, amministratore delegato di Ubs in Italia, è convinto che per guadagnare nel 2014 si dovrà cambiare ricetta, ma che le prospettive restino positive.

Domanda. Gennaio è partito con lo sprint delle borse, come l’anno scorso. Che cosa si possono attendere gli investitori nei prossimi mesi?

Risposta. Sarà un anno molto diverso rispetto al 2013, in particolare nel rapporto tra mercati azionari e obbligazionari, ma ci sono opportunità per fare performance coerenti con il recente passato. Quindi serviranno ingredienti diversi, ma probabilmente vedremo risultati molto simili.

D. Che cosa farà la differenza rispetto allo scorso anno?

R. La grande novità è che torna a crescere l’intera Europa. Nel 2013 hanno tirato solo Inghilterra e Germania.

Nel 2014 il Vecchio Continente crescerà tutto, anche Italia e Spagna, con un ruolo significativo per la Francia. Nei mercati occidentali vediamo le opportunità migliori. Europa e Usa tornano protagonisti.

D. Già oggi nei mercati sviluppati le borse viaggiano su livelli record. I prezzi sono saliti molto, ma gli utili delle aziende no. Quanto può durare?

R. Bisogna distinguere tra Stati Uniti ed Europa. Gli Usa crescono da più tempo e di più. Negli ultimi due anni hanno dato molte soddisfazioni agli investitori. Noi pensiamo che negli Stati Uniti ci sia ancora spazio. La ventata di preoccupazioni legate al tapering è eccessiva. La politica monetaria americana sta cambiando per garantire stabilizzazione e crescita. Non per uccidere o limitare la crescita.

D. Quindi pensa che la staffetta tra gli stimoli di politica monetaria e la ripresa dell’economia reale sarà in grado di garantire ancora la crescita dei mercati?

R. È una staffetta che funziona bene: sembra che il fine tuning in corso stia avendo successo. Vuol dire che la conferma della crescita americana, unita al miglioramento degli utili attesi per le aziende americane, può dare ulteriore crescita al mercato azionario Usa.

D. Quando l’economia riprende e i rischi sistemici diminuiscono, lo scenario per i tassi a lungo termine diventa di rialzo. Che osa comporterà per gli investitori ?

R. I risparmiatori americani sono più sbilanciati verso le azioni, mentre quelli europei, e italiani in particolare, sono strutturalmente più a favore delle obbligazioni. Ovvero di quella classe di attività che possono subire il rialzo dei tassi a lungo termine. Per questo è importante una modifica dell’asset allocation strategica, ovvero la composizione di fondo del portafoglio per gli investitori europei, e italiani in particolare, che deve essere più equilibrata. Non ci si può permettere di avere in media soltanto il 10-15% di azioni, si deve puntare al 30% per meglio beneficiare del rialzo dei mercati e limitare l’eventuale impatto negativo sugli obbligazionari dell’aumento dei tassi a lungo termine.

D. Ma si può ancora guadagnare con il reddito fisso?

R. Sui mercati obbligazionari vedremo la combinazione di due effetti: uno negativo, dovuto all’aumento dei rendimenti a lungo termine, e uno positivo, dovuto a trend di riduzione del cosiddetto premio a rischio. Noi quindi vediamo anche sull’obbligazionario opportunità per il 2014.

D. Per esempio?

R. Titoli come gli high yield, che hanno una componente di premio a rischio elevata e destinata a ridursi. Hanno fatto bene negli ultimi anni più che altro per l’elevato rendimento nominale. L’azione di riduzione del loro premio a rischio, che secondo noi si verificherà proprio nel 2014, li rende ancora interessanti.

D. Quali gli errori da evitare nel riequilibrio dei portafogli?

R. Ciò di cui abbiamo più paura è l’approccio euforico al mercato. I mercati sono cresciuti negli ultimi due anni e adesso persino l’Italia comincia a crescere: è il momento di abbandonare ogni prudenza e mettersi a investire indiscriminatamente? No, visto che viviamo un rally che potrebbe trasformarsi in bolla.

D. Quando?

R. Non nei primi mesi del 2014, ma nel momento in cui ci sarà la percezione diffusa della preferenza per i mercati azionari ci potrebbe essere un travaso di capitali secco, con gli effetti tipici di una bolla finanziaria: si compera tutto per paura di arrivare tardi e di farsi sfuggire i prezzi migliori.

D. Quindi come consigliate di muoversi?

R. In questo quadro la consulenza diventa molto importante.

D. Il fai-da-te diventa un pericolo per il 2014?

R. Sì e lo è in particolar modo nei momenti di euforia, quando si può arrivare a pensare di non aver bisogno di consigli.

D. Il 30 gennaio a Palazzo Mezzanotte a Milano terrete la quarta edizione del Forum Ubs. Quale sarà il messaggio chiave?

R. La sfida del Forum Ubs quest’anno è far capire che anche se gli investitori tornano a orientarsi verso i mercati sviluppati, quindi verso ciò che è vicino e conosciuto, non devono prendere scorciatoie. È talmente variegato il mondo delle azioni e delle obbligazioni che occorre osservare, orientarsi e poi decidere.

D. Quali novità ha in cantiere Ubs per il 2014?

R. Ci concentreremo sul riorientamento dei clienti e dei loro investimenti. Poi partiranno nuovi mutui di «equity release» rivolti ai clienti del private banking possessori di immobili di pregio. Quelli che avrebbero intenzione di vendere ma non vogliono essere penalizzati dal momento del mercato immobiliare. Con questa nuova forma di mutuo noi metteremo a loro disposizione la liquidità lasciandogli tutto il tempo di realizzare la vendita nel migliore dei modi.

D. Infine l’Italia: come vede il sistema-Paese?

R. L’Italia ha un’opportunità formidabile offerta dalla riduzione del premio a rischio, che si traduce in meno oneri sul debito e consente di fare meglio politica fiscale. Ma l’essere più lontani dalla zona di rischio non deve far venire voglia di abbandonare le politiche di riduzione del deficit. (riproduzione riservata)