di Lucio Sironi

In attesa di capire se l’intenzione di crescere nel mercato italiano si concretizzerà in tempi brevi, Azimut porta avanti e presenta in questi giorni (Fiera di Rho, a nord-ovest di Milano) un ampio e ambizioso progetto di rilancio dell’economia italiana attraverso il sostegno di iniziative innovative imprenditoriali, da quelle di start up fino alle nuove quotazioni, al finanziamento alle imprese (in concorrenza con i canali bancari che hanno ridotto i loro flussi) per esempio attraverso un fondo specializzato nelle emissioni di mini-bond.

Per quanto riguarda Azimut, l’ad Giuliani ha espresso da tempo la disponibilità a valutare l’investimento (ha predisposto risorse fino a 550 milioni) in una società di gestione munita di accordi commerciali con reti bancarie, ma nei colloqui intavolati finora è emersa la sua scarsa propensione a largheggiare nelle valutazioni, in considerazione dei profondi interventi di ristrutturazione che di volta in volta queste acquisizioni richiedono, soprattutto quanto al personale, spesso in esubero. Si consideri che già da anni la stessa Azimut ha esternalizzato la parte amministrativa proprio per minimizzarne i costi. Da qui la difficoltà a concludere, dal momento che le controparti sono quasi sempre banche con necessità di fare cassa, meglio se abbondante. Possibile che ci sia anche questo, a proposito dei pour parler avviati ma non conclusi con il Banco Popolareper la cessione della sgr Aletti Gestielle, dietro l’inattesa decisione dell’istituto guidato da Pier Francesco Saviotti di varare un nuovo aumento di capitale da 1,5 miliardi. Intanto, nella serata inaugurale del progetto LiberaImpresa, che ha radunato a Rho-Fiera il network dei circa 1.500 promotori, oltre a gestori, management e una schiera di imprenditori interessati alle nuove iniziative rivolte a questo target di clientela, Giuliani ha colto l’occasione per celebrare il decennale di quotazione dell’azienda da lui traghettata della paludosa vicenda Bipop e relativo salvataggio alla parentesi del private equity Apax, fino al management buy-in di cui fu primo artefice, sfociato appunto nel collocamento a Piazza Affari. Il presidente e ceo ha avuto buon gioco nel ricordare i bastoni che un sistema fortemente ostile ha cercato di mettere tra le ruote di un’iniziativa fortemente concorrenziale come quella rappresentata da Azimut. Una competizione che a distanza di dieci anni il gruppo milanese, che nel frattempo ha ampliato il suo raggio d’azione ad altre aree del mondo, dove sta cercando di proporre lo stesso modello fatto da gestione più distribuzione, può ben dire di aver vinto, alla luce dell’incremento di oltre il 500% che il titolo ha realizzato dal momento della quotazione, senza tener conto dei buoni dividendi. (riproduzione riservata)