di Daniele Cirioli  

Graziate le pensioni quindicenni. Ieri, infatti, il ministero del lavoro ha dato il proprio via libera alla circolare dell’Inps che chiarisce il quadro circa il mantenimento del diritto ad accedere alla pensione di vecchiaia con i requisiti di 15 anni previsti dalla riforma Amato del 1992. Per lo più donne, sono situazioni relative a lavori e attività discontinui (servizi domestici e familiari, lavoratori agricoli, lavoratori dello spettacolo) per i quali, adesso, si riaprono le porte di accesso al pensionamento di vecchiaia, una volta maturato il requisito anagrafico. Dopo l’allarme lanciato da ItaliaOggi la novità mette in salvo circa 65mila lavoratori che eviteranno, così, la fossa dei contributi silenti.

Almeno i quindicenni sono in salvo. Alla fine, come anticipato da ItaliaOggi di ieri,è arrivato l’atteso «via libera» del ministro del lavoro, Elsa Fornero, «alla circolare dell’Inps». Circolare che ridà vita alle deroghe previste dalla riforma Amato, con esonero dal nuovo requisito di 20 anni di contributi per chi risultava ammesso a versare i contributi volontari prima del 31 dicembre 1992 e per i soggetti ai quali, in virtù della loro peculiare attività lavorativa (domestici, agricoli, pesca, spettacolo), si riconoscevano concrete difficoltà di raggiungere il nuovo requisito ventennale, ammettendoli perciò a avere la pensione di vecchiaia con 15 anni di contributi una volta raggiunta l’età anagrafica. Sempre ieri, peraltro, Mauro Nori, dirigente generale dell’Inps, in una lettera a Il Giornale aveva confermato che «sulla vicenda dell’elevazione della contribuzione minima a 20 anni», innalzamento operato dalla riforma Fornero determinando l’offside dei quindicenni, l’Inps aveva «espresso il proprio avviso in merito al mantenimento delle situazioni pregresse, che riguardano per lo più donne, circa 65.000, con contribuzione versata per 15 anni al 31 dicembre 1992». Certo, 65mila è una quota ancora scarsa rispetto ai «milioni di persone» di cui parla lo stesso Nori nell’intervista di ItaliaOggi Sette in edicola, che nonostante abbiano versato contributi non riceveranno una pensione in cambio.

L’età per la pensione. I 65mila fortunati devono adesso attendere soltanto di compiere il requisito anagrafico per accedere alla pensione di vecchiaia. Requisito che, tuttavia, non sfugge alle novità della riforma Fornero, in quanto non incluso nella deroga della riforma Amato. Pertanto, a decorrere dal 1° gennaio 2013, i lavoratori interessati potranno conseguire la pensione di vecchiaia, con almeno 15 anni di contributi al 1992, compiendo un’età pari a:

 

  • 62 anni e 3 mesi per le lavoratrici dipendenti;

     

  • 63 anni e 9 mesi per le lavoratrici autonome;

     

  • 66 anni e 3 mesi per i lavoratori dipendenti, le lavoratrici dipendenti del settore pubblico, i lavoratori autonomi.

    Un costo di 8-10 miliardi. Per il via libera alla salvaguardia dei quindicenni l’ultimo ostacolo superato è stato quello del parere negativo della Ragioneria dello Stato. Va ricordato, peraltro, che nella prima bozza di circolare sulle novità della riforma Fornero, l’anno scorso, l’Inps aveva già assunto un orientamento favorevole al mantenimento della deroga della riforma Amato; e che proprio ragioni di ‘cassa’ avevano spinto il ministero del lavoro a far correggere la circolare, con eliminazione della deroga. Quanto sia il costo stimato dalla ragioneria non si sa; secondo le stime effettuate da ItaliaOggi, l’operazione darà vita a minori risparmi di spesa per circa 8-10 miliardi di euro. Il calcolo è stato effettuato ipotizzando che, trattandosi di soggetti con 15 anni almeno di contributi al 1992, in quest’anno avevano un’età tra 30-35 anni, cosicché da maturare l’età per la pensione nei prossimi 10/15 anni. Inoltre, tenendo conto della bassa contribuzione (15 anni), si è considerato una pensione pari al trattamento minimo (oggi pari a 495 euro mensili), con una crescita negli anni del 2% (quest’anno è stata dal 3%).