Pagina a cura di Duilio Lui  

Il calo della volatilità sui mercati finanziari non ha cancellato i timori di nuovi scossoni nei prossimi mesi. Si spiega così l’interesse crescente suscitato dalle polizze vita, che tengono insieme l’obiettivo di rivalutazione dell’investimento con quello di protezione dai rischi. Anche se questa duplice natura spesso si ripercuote sui prezzi praticati alla clientela finale (le compagnie emittenti hanno l’obbligo di dichiarare nella proposta di contratto l’indicatore sintetico dei costi, anche se non sempre il prospetto è di facile comprensione). Un aspetto, quest’ultimo, da tenere bene a mente quando si valuta l’opportunità di questo investimento, che tecnicamente si presenta come un contratto tra l’assicurato e una compagnia assicurativa, in virtù del quale il primo paga un premio alla seconda, che si impegna a liquidare al beneficiario un capitale in un’unica soluzione o attraverso una rendita (per esempio su base mensile o trimestrale), al momento in cui si verifica un accadimento relativo alla vita di quest’ultimo.

 

Nome unico per prodotti molto diversi tra loro. Il cappello delle polizze vita copre prodotti molto diversi tra loro. Quelle di ramo I e di ramo V abbinano alcuni contenuti assicurativi con l’obiettivo di crescita del capitale, attraverso una gestione separata, in cui confluiscono i versamenti dei clienti. Di solito questi prodotti offrono un rendimento minimo garantito, e per farlo investono buona parte del portafoglio su strumenti finanziari a basso rischio, come i titoli di stato emessi da paesi a elevato rating.

Diversamente, le polizze index-linked e unit-linked sono caratterizzate da un maggior contenuto finanziario: le prime investono prevalentemente in obbligazioni strutturate, le seconde in fondi comuni (che sono gestiti dalle stesse compagnie di assicurazione o da società terze specializzate). Molto in voga fino a qualche anno fa, queste due soluzioni hanno perso vigore con l’avvento della crisi, per i rischi connessi a questi strumenti. Un discorso a parte meritano poi i Pip, polizze vita alternative ai fondi pensione come forma di investimento in ottica previdenziale: da questi ultimi, le soluzioni assicurative si differenziano per la presenza di alcune garanzie, a fronte di costi maggiorati.

Nella scelta della polizza più adatta alle proprie esigenze andrebbe considerato, oltre alla propria propensione al rischio e all’orizzonte di investimento, anche il tasso di retrocessione, che indica il rendimento lordo della gestione riconosciuto al cliente: se l’indicatore ammonta al 90%, significa che 9 euro ogni 10 guadagnati finiscono al titolare della polizza, mentre i restanti 10 vengono trattenuti dalla compagnia assicurativa.

 

Prevale il desiderio di protezione. Guardando l’analisi relativa al periodo gennaio-ottobre 2012 emerge chiaramente l’orientamento degli italiani in favore delle polizze tradizionali (ramo I e V), con un’incidenza che supera i tre quarti del totale. Mentre la quota restante è coperta dalle soluzioni con un contenuto più prettamente finanziario. A favore delle prime giocano anche i rendimenti, tornati competitivi lo scorso anno, con una media del 4% e picchi superiori al 6%. Performance che promettono di essere replicate a grandi linee se proseguirà il calo dello spread tra titoli di stato italiani (di cui sono piene le gestioni separate) e quelli tedeschi.

 

Nuova fiscalità per privati e imprese. Le polizze vita, a differenza di altre forme di investimento che puntano sulla diversificazione dei sottostanti, come i fondi comuni, non sono soggette alla tassazione per competenza tipica dei fondi, ma di cassa: questo significa che la tassazione viene applicata solo alla scadenza, per cui l’imposta va versata solo al termine dell’investimento (parametrata sui risultati della gestione), con la possibilità quindi di mantenere investite sino alla scadenza anche le somme che in caso contrario sarebbero versate annualmente al fisco.

La riforma della fiscalità in campo finanziario riguarda anche questa classe di investimento: è prevista, come per altre forme di investimento, l’applicazione dell’imposta di bollo sul conto titoli sullo 0,15% in portafoglio (lo 0,5% rispetto al 2012) e senza più la previsione di un tetto massimo. Il balzello risparmia tuttavia le polizze vita rivalutabili (ramo I), al pari di fondi pensione e fondi sanitari. Nelle polizze unit, index-linked e in quelle a capitalizzazione (ramo V), l’imposta di bollo è prevista, ma scatta al momento del rimborso o del riscatto.

Infine, in merito agli investimenti aziendali va segnalato un emendamento alla legge di Stabilità in base al quale i proventi maturati sulle polizze vita e di capitalizzazione, stipulate dalle aziende prima del 1996, a partire da quest’anno diventano parte integrante del reddito d’impresa delle aziende sottoscrittrici, quindi vengono tassati con l’aliquota marginale e non più con quella sui redditi finanziari. L’imposta sui proventi maturati fino al 31 dicembre 2012 dovrà essere versata fino al 2017, con questa distribuzione: il 60% entro il 16 febbraio prossimo, mentre il restante 40% sarà suddiviso in quattro parti uguali, quindi corrispondenti al 10%, da versare il 16 febbraio di ciascun anno. Quanto all’imposta di bollo sui prodotti finanziari, l’emendamento prevede dal 2013 l’introduzione di un tetto massimo di 4.500 euro per i soggetti diversi dalle persone fisiche.

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