di Luca Gualtieri

Quando nel 2002 Warren Buffett definì i derivati un’arma di distruzione di massa, nessuno poteva immaginare che una sequenza di operazioni di questo genere avrebbe costretto alle dimissioni il presidente dell’Abi e messo nell’angolo la terza banca italiana. E invece proprio in questi giorni il Monte dei Paschi di Siena è chiamato a rendere conto di alcune spericolate architetture finanziarie realizzate tra il 2006 e il 2010.

In quegli anni la banca era guidata dal presidente Giuseppe Mussari e dal direttore generale Antonio Vigni, mentre l’area finanza era sotto l’egida di Gianluca Baldassarri e Marco Morelli. Erano gli anni in cui, acquisita Antonveneta per la cifra monstre di 9 miliardi, il Monte cercò di digerire la preda e puntellare il bilancio con operazioni finanziarie che in seguito si sarebbero rivelate un boomerang. Anche se le responsabilità personali sono ancora tutte da stabilire, è indubbio che più d’un banchiere sarà presto chiamato a rispondere della voragine che si è progressivamente aperta nei libri contabili della banca.

 

Dopo le indiscrezioni della scorsa settimana sull’operazione Santorini con Deutsche Bank, ieri fonti di stampa hanno acceso un faro su Alexandria, un derivato sottoscritto nel 2009 con la banca giapponese Nomura.

Secondo la ricostruzione fatta, Alexandria (finita anche al vaglio della Procura di Siena) era scomponibile in due operazioni: la prima permetteva a Mps di scaricare sulla controparte la perdita del derivato, mentre la seconda rimborsava Nomura, visto che il Monte acconsentiva a «entrare in un asset swap e in due operazioni pronti contro termine a 30 anni legate a tale swap». Appare davvero singolare che gli attuali vertici della banca abbiano scoperto Alexandria solo nell’ottobre scorso, dopo che la trasmissione televisiva Report ne aveva parlato già in primavera. In ogni caso Rocca Salimbeni decise di tamponare le perdite alzando da 3,4 a 3,9 miliardi la dotazione dei Monti bond richiesta al Tesoro. Proprio in quell’occasione Consob e Banca d’Italia avrebbero chiesto alla banca di fare chiarezza sulla propria situazione finanziaria, sicché in un comunicato datato 28 novembre Mpsmenzionò esplicitamente la «redditività negativa di talune operazioni strutturate poste in essere in esercizi precedenti».

Va detto che l’intera vicenda presenta alcuni risvolti ambigui. Ad esempio, non è chiaro se Alexandria sia stata effettivamente sottoposta al consiglio dei amministrazione della banca. Ne è convinta Nomura, la quale in una nota ha sostenuto che il prodotto è stato «pienamente esaminato e approvato prima della sua definizione al più alto livello di Mps, includendo il cda e il presidente esecutivo, Giuseppe Mussari». Smentisce invece Rocca Salimbeni: «Non risulta», ha fatto sapere la banca, «che l’operazione Alexandria sia stata sottoposta all’approvazione del cda». Anche Kpmg, citata nella nota di Nomura come revisore della banca nel periodo dell’operazione, ha ribattuto di non essere mai stata a conoscenza di Alexandria.

Resta il fatto che in questi giorni fonti senesi stanno aiutando il mercato a ricomporre i pezzi del puzzle e le sorprese potrebbero non essere finite. Come anticipato ieri da milanofinanza.it, sembra che dopo Santorini e Alexandria, nei prossimi giorni possano uscire dettagli su altre due operazioni di finanza strutturata confezionate dalla passata gestione della banca. Si tratterebbe di Patagonia e Nota Italia, due contratti di cui non si conoscono ancora né controparti, né dettagli tecnici, ma che potrebbero presentare elevati livelli di rischio. In attesa di queste nuove eventuali rivelazioni, il mercato si interroga su quale sarà l’impatto della bufera derivati sui bilanci di Mps. Un calcolo non facile, visto che solo per il contratto Alexandria i pareri sono discordi: alcune fonti ipotizzano una perdita di 220 milioni contabilizzata nel bilancio 2012, mentre altre citano importi ben maggiori, fino ai 740 milioni. In ogni caso, una volta conclusi gli accertamenti valutativi, entro la prima metà di febbraio il cda di Mps fornirà indicazioni sui possibili impatti patrimoniali ed economici dell’operazione.

Bankitalia, naturalmente, non resta a guardare. La Vigilanza monitora con viva preoccupazione i problemi della terza banca nazionale ed è in costante contatto con i suoi vertici. Per il momento sarebbe prematuro formulare previsioni ma, se emergessero gravi irregolarità nell’amministrazione o gravi perdite del patrimonio, non si può escludere l’ammissione al regime di amministrazione straordinaria. Questa extrema ratio potrebbe però mantenere inalterata la prima linea della banca, con il presidente Alessandro Profumo e l’amministratore delegato Fabrizio Viola investiti della carica di commissari.

 

In ambienti senesi ci si interroga poi sulla possibilità di azioni di responsabilità verso gli ex vertici del Monte. Per la verità l’ipotesi circola da molti mesi, da quando nella primavera scorsa emerse l’indagine della Procura di Siena sull’acquisizione di Antonveneta. Per ora non ci sono stati sviluppi di alcun tipo ed è possibile però che le attuali prime linee della banca attendano di completare tutti gli accertamenti del caso per verificare l’esistenza di un dolo effettivo.

Ieri intanto, sulla scia dello scandalo derivati, in Piazza Affari il titolo Mps è calato del 5,68% a 0,28 euro, tra scambi fiume per 621,1 milioni di pezzi, pari al 5,31% del capitale. (riproduzione riservata)