di Norberto Villa 

La responsabilità solidale nel caso di contratti di appalto e sub appalto per Iva e ritenute sui redditi di lavoro dipendente è ancora nel caos. Difficile per le imprese riuscire a rispondere con precisione ai nuovi adempimenti richiesti per evitare di avere problemi a fronte di irregolarità fiscali compiute dall’appaltatore o dal sub appaltatore. La norma contenuta nell’art. 13-ter del dl 83/2012 non ha nemmeno, fino a oggi ricevuto i chiarimenti necessari, con il rischio paralisi che non è poi così lontano per non pochi reparti amministrativi. I problemi sul campo sono molti, primo tra tutti riuscire a disegnare l’esatto ambito oggettivo di applicazione. Nella sostanza il primo grande scoglio è quello di individuare (nella pratica, non teoricamente) se a un determinato rapporto si debbano o meno applicare le nuove norme e quindi individuare se un determinato rapporto può qualificarsi come appalto o sub appalto. Qui di seguito il punto della situazione della complessa disciplina e ciò considerando il testo di legge oggi in vigore (quello sopra richiamato) senza far riferimento a quello originario poi modificato in sede di conversione (testo iniziale che pare essere stato dimenticato anche dalla circolare 40/E del 2012 dell’agenzia delle entrate) e anche considerando che un emendamento che era stato avanzato dai relatori alla legge di stabilità non è stato poi recepito dalla stessa.

 

La norma di riferimento

 

Le nuove ipotesi di corresponsabilità tributaria per committente e sub appaltatore sono contenute nell’articolo 13-ter del dl n. 83 del 2012 titolato «Disposizioni in materia di responsabilità solidale dell’appaltatore». La norma ha sostituito il comma 28 dell’articolo 35 de dl n. 223 del 2006, modificando la disciplina in materia di responsabilità fiscale nell’ambito dei contratti d’appalto e subappalto di opere e servizi. La norma è formata da tre commi che riportiamo di seguito.

 

Art. 13 – ter (decreto legge 83/2012)

1. Il comma 28 dell’articolo 35 del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, è sostituito dai seguenti:

28. In caso di appalto di opere o di servizi, l’appaltatore risponde in solido con il subappaltatore, nei limiti dell’ammontare del corrispettivo dovuto, del versamento all’erario delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente e del versamento dell’imposta sul valore aggiunto dovuta dal subappaltatore all’erario in relazione alle prestazioni effettuate nell’ambito del rapporto di subappalto.

La responsabilità solidale viene meno se l’appaltatore verifica, acquisendo la documentazione prima del versamento del corrispettivo, che gli adempimenti di cui al periodo precedente, scaduti alla data del versamento, sono stati correttamente eseguiti dal subappaltatore.

L’attestazione dell’avvenuto adempimento degli obblighi di cui al primo periodo può essere rilasciata anche attraverso un’asseverazione dei soggetti di cui all’articolo 35, comma 1, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e all’articolo 3, comma 3, lettera a), del regolamento di cui al decreto del presidente della repubblica 22 luglio 1998, n. 322. L’appaltatore può sospendere il pagamento del corrispettivo fino all’esibizione della predetta documentazione da parte del subappaltatore. Gli atti che devono essere notificati entro un termine di decadenza al subappaltatore sono notificati entro lo stesso termine anche al responsabile in solido.

 

28-bis. Il committente provvede al pagamento del corrispettivo dovuto all’appaltatore previa esibizione da parte di quest’ultimo della documentazione attestante che gli adempimenti di cui al comma 28, scaduti alla data del pagamento del corrispettivo, sono stati correttamente eseguiti dall’appaltatore e dagli eventuali subappaltatori. Il committente può sospendere il pagamento del corrispettivo fino all’esibizione della predetta documentazione da parte dell’appaltatore. L’inosservanza delle modalità di pagamento previste a carico del committente è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 5 mila euro a 200 mila euro se gli adempimenti di cui al comma 28 non sono stati correttamente eseguiti dall’appaltatore e dal subappaltatore. Ai fini della predetta sanzione si applicano le disposizioni previste per la violazione commessa dall’appaltatore.

 

28-ter. Le disposizioni di cui ai commi 28 e 28-bis si applicano in relazione ai contratti di appalto e subappalto di opere, forniture e servizi conclusi da soggetti che stipulano i predetti contratti nell’ambito di attività rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto e, in ogni caso, dai soggetti di cui agli articoli 73 e 74 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del presidente della repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni.

Sono escluse dall’applicazione delle predette disposizioni le stazioni appaltanti di cui all’articolo 3, comma 33, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.

Partendo da tale testo normativo a oggi occorre anche ricordare i chiarimenti che sono intervenuti con la circolare n. 40/E dell’8 ottobre 2012 dell’Agenzia delle entrate. Circolare che pur contenendo alcuni spunti positivi non è di certo riuscita a eliminare le problematiche sul tappeto (e forse non è a un documento di prassi che si deve chiedere ciò quanto piuttosto a un intervento normativo).

 

L’entrata in vigore

 

La norma non prevede nulla di specifico sul punto tanto che si erano avanzate diverse tesi. Ciò soprattutto considerando che come è già stato anticipato la norma era prevista dal testo originario del decreto e poi in sede di conversione è stata modificata fino ad arrivare al testo oggi conosciuto.

Visto che però questo è uno dei punti (e forse in modo chiaro l’unico) che è stato chiarito dall’Agenzia delle entrate, pare opportuno seguire la tesi sostenuta dalla prassi.

La circolare 40/2012 afferma:

«Si è dell’avviso che le disposizioni contenute nell’articolo 13-ter del dl n. 83 del 2012 debbano trovare applicazione solo per i contratti di appalto/subappalto stipulati a decorrere dalla data di entrata in vigore della norma, ossia dal 12 agosto 2012. Inoltre, considerato che la norma introduce, sia a carico dell’appaltatore che del subappaltatore, un adempimento di natura tributaria, si deve ritenere che, in base all’articolo 3, comma 2, della legge n. 212 del 2000 (Statuto del contribuente), tali adempimenti siano esigibili a partire dal sessantesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della norma, con la conseguenza che la certificazione deve essere richiesta solamente in relazione ai pagamenti effettuati a partire dall’11 ottobre 2012, in relazione ai contratti stipulati a partire dal 12 agosto 2012.

Tale soluzione si basa sulla considerazione che la disposizione, intervenendo su un elemento fondamentale delle prestazioni contrattuali quale il pagamento del corrispettivo, potrebbe alterare il rapporto sinallagmatico relativo ai contratti già stipulati. La norma attribuisce, infatti, a una delle parti (appaltatore/committente) il diritto potestativo di sospendere la propria prestazione (il pagamento) in attesa che l’altra parte (appaltatore/subappaltatore) produca una documentazione attestante la regolarità degli adempimenti fiscali».

La circolare quindi non interviene circa l’eventuale applicabilità della norma così come prevista dal decreto non convertito (che a questo punto è bene ritenere non operante) e giunge alla sua conclusione facendo coincidere la data di effetto con quella a partire dalla quale il committente/appaltatore è tenuto, in forza delle nuove disposizioni, a verificare che gli adempimenti fiscali scaduti alla data del pagamento del corrispettivo, siano stati correttamente eseguiti dall’appaltatore/subappaltatore.

Da ciò la conclusione è sorretta da due riferimenti normativi chiarendo che:

la norma introduce un adempimento di natura tributaria;

è applicabile l’articolo 3, comma 2, della legge n. 212 del 2000 (Statuto del contribuente);

pertanto tali adempimenti sono esigibili a partire dal sessantesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della norma.

La conseguenza di ciò è che la certificazione deve essere richiesta solamente in relazione ai pagamenti effettuati a partire dall’11 ottobre 2012, in relazione ai contratti stipulati a partire dal 12 agosto 2012.

 

L’entrata in vigore

 

ContrattoStipulato fino all’11 agosto 2012Stipulati dal 12 agosto 2012La norma non si applicaPagamenti ante 11 ottobre 2012Pagamenti dal 11 ottobre 2012La norma non si applicaLa norma si applica

 

È evidente che in sede di prima applicazione questa presa di posizione non è di poco conto ma con un’avvertenza. Nella realtà molti dei contratti potenzialmente interessati non sono stipulati in forma scritta. Ciò rende l’individuazione della data di stipula non agevole. La tentazione di anticipare la stessa per cercare di superare almeno per questi l’applicazione dell’art. 13-ter deve però fare i conti con il fatto che l’onere di provare la stessa rimane in capo al contribuente e per quanto sopra riferito (forma verbale) è evidente come il compito non sia per niente agevole. Anzi il rischio è che, in assenza di una prova, sia difficile provare la stipula antecedente al 12 agosto anche per i contratti effettivamente stipulati precedentemente all’entrata in vigore dell’art. 13-ter.

 

Ambito oggettivo: i contratti a cui si applica

Volendo disegnare l’ambito oggettivo di applicazione della norma occorre partire dal testo normativa da cui si evince:

al comma 28 si dispone che «In caso di appalto di opere o di servizi, l’appaltatore risponde in solido con il subappaltatore, nei limiti dell’ammontare del corrispettivo dovuto, del versamento all’erario delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente e del versamento dell’imposta sul valore aggiunto dovuta dal subappaltatore all’erario in relazione alle prestazioni effettuate nell’ambito del rapporto di subappalto»;

al comma 28-bis si dispone che «Il committente provvede al pagamento del corrispettivo dovuto all’appaltatore previa esibizione da parte di quest’ultimo della documentazione attestante che gli adempimenti di cui al comma 28, scaduti alla data del pagamento del corrispettivo, sono stati correttamente eseguiti dall’appaltatore e dagli eventuali subappaltatori».

Da qui sono possibili alcune considerazioni.

L’ambito oggettivo deve essere individuato con riguardo alla tipologia di contratto stipulato. La norma si applica certamente quando è stipulato un contratto d’appalto e successivamente un contratto di sub appalto, essendo chiaro il tenore del comma 28 e 28-bis. Il primo dubbio che può essere fugato e se in presenza di contratto di appalto, ma non di sub appalto, la norma trovi o meno applicazione. La soluzione è quella che ritiene in ogni caso applicabile anche in tale ipotesi la previsione normativa.

 

Si ipotizzino questi due casi:

 

Caso 1

Alfa appalta un’opera a Beta la quale a sua volta ne sub appalta una parte a Gamma.

Le previsioni si applicano sia ai contratti di appalto tra Alfa e Beta sia a quello di sub appalto tra Beta e Gamma

 

Caso 2

Alfa appalta un’opera a Beta.

Le previsioni si applicano ai contratti di appalto tra Alfa e Beta.

 

Quindi pur in assenza di un contratto di sub appalto (e la presenza quindi di un solo contratto di appalto) la norma trova applicazione. Ciò è comprovato dal fatto che il comma 28-bis sopra riportato, facendo riferimento alla responsabilità del committente, la correla alla corretta esecuzione degli adempimenti «eseguiti dall’appaltatore e dagli eventuali subappaltatori». Ma se i sub appaltatori sono eventuali vuol dire che la previsione trova applicazione anche in loro assenza.

Per meglio chiarire le ricadute in tema di responsabilità in qualche modo solidale del committente e dell’appaltatore occorre chiarire:

l’appaltatore risponde in solido con il sub appaltatore per gli inadempimenti di quest’ultimo e chiaramente in prima persona per quelli propri;

il committente risponde in solido (seppur con una responsabilità di tipo sanzionatorio) degli inadempimenti dell’appaltatore e del sub appaltatore.

Pertanto si verifica che un eventuale inadempimento del sub appaltatore in assenza delle esimenti previsti in capo agli due soggetti potrebbe dar luogo sia a una responsabilità solidale dell’appaltatore che a una sanzionatoria del committente.

Ma quanto fino a ora illustrato non consente di superare il vero problema che è quello di identificare nella prassi la presenza di un contratto di appalto e/o sub appalto.

In primis è da notare come addirittura la norma stessa crei confusione. Se infatti il comma 28 fa riferimento esplicito ai «contratti appalto di opere o di servizi» il successivo comma 28-ter si riferisce invece ai «contratti di appalto e subappalto di opere, forniture e servizi». Tale anomalia è stata oggetto di un emendamento proposto alla legge di stabilità con cui si voleva eliminare il termine «fornitura» dal comma 28-ter, che rende l’ambito oggettivo di applicazione alquanto incerto. Purtroppo però abbiamo già anticipato che l’emendamento non ha concluso il suo iter e quindi a oggi la norma continua a essere contraddittoria.

Ma superato ciò, le difficoltà non vengono meno.

La disposizione prevede la responsabilità dell’appaltatore e del committente per il versamento all’Erario delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente e dell’imposta sul valore aggiunto dovuta dal subappaltatore e dall’appaltatore in relazione alle prestazioni effettuate nell’ambito del contratto. Il contratto in questione deve essere di appalto di opere o servizi. Ma come fare a identificare tale fattispecie?

La qualificazione giuridica di un contratto genericamente di servizi non è facile e da anni la stessa giurisprudenza (anche di legittimità) sta proponendo interpretazioni di volta in volta non del tutto coincidente. L’unico riferimento certo è il codice civile (art. 1655) che definisce il contratto di appalto come quel contratto «col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro». Inoltre: i contratti d’opera sono inclusi o esclusi? Provando a immaginare i rapporti esistenti in un’azienda l’individuazione diviene un rompicapo (anche pensando che molti di questi rapporti non sono nemmeno formalizzati in forma scritta). Torna alla mente il diluvio di risoluzione che sono intervenute quando era stato introdotto il reverse charge obbligatorio nel campo dei sub appalti edili (e i dubbi esistono ancora). Il consiglio più facile sarebbe quello nella pratica operativa di estendere al massimo l’ambito oggettivo, ma ciò non può certo dirsi una soluzione.

La definizione è alquanto difficile da declinare nei casi concreti, i quali non di rado non sono nemmeno formalizzati in forma scritta. Se si cerca un aiuto nella prassi un riferimento può essere nella circolare 7 del 7 febbraio 2007 che ha illustrato le regole in tema di ritenute sui corrispettivi dovuti dal condominio all’appaltatore. La norma di riferimento è l’art. 1, comma 43, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 che ha introdotto l’art. 25-ter nel dpr 29 settembre 1973, n. 600 prevedendo che: «Il condominio quale sostituto di imposta opera all’atto del pagamento una ritenuta del 4% a titolo di acconto dell’imposta sul reddito dovuta dal percipiente, con obbligo di rivalsa, sui corrispettivi dovuti per prestazioni relative a contratti di appalto di opere o servizi, anche se rese a terzi o nell’interesse di terzi, effettuate nell’esercizio di impresa». Anche in questo caso la norma limita l’ambito di intervento ai corrispettivi «dovuti per prestazioni relative a contratti di appalto di opere o servizi». La prassi però interpretando questo passaggio (ed estendendo il contenuto letterale della norma) ha affermato che «deve ritenersi che la norma trova applicazione per le prestazioni convenute nei contratti d’opera in generale e, in particolare, nei contratti che comportano l’assunzione, nei confronti del committente, di un’obbligazione avente a oggetto la realizzazione, dietro corrispettivo, di un’opera o servizio, nonché l’assunzione diretta, da parte del prestatore d’opera, del rischio connesso con l’attività, svolta senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente».

E ancora:

devono ritenersi assoggettate a ritenuta, a titolo esemplificativo, le prestazioni eseguite per interventi di manutenzione o ristrutturazione dell’edificio condominiale e degli impianti elettrici o idraulici, ovvero per l’esecuzione di attività di pulizia, manutenzione di caldaie, ascensori, giardini, piscine e altre parti comuni dell’edificio;

sono, per contro, esclusi dall’applicazione della ritenuta in commento i corrispettivi previsti in base a contratti diversi da quelli di opera, quali per esempio i contratti di somministrazione di energia elettrica, acqua, gas e simili, di assicurazione, di trasporto e di deposito;

la ritenuta prevista dall’art. 25-ter del dpr n. 600 del 1973 non si applica ai corrispettivi pagati in dipendenza di forniture di beni con posa in opera, qualora la posa in opera assuma funzione accessoria rispetto alla cessione del bene (cfr. circolare n. 37/E del 2006).

L’unico dato positivo è quello della esclusione dei contratti di cessione con posa in opera, per il resto è un’interpretazione molto ampia del contenuto letterale della norma che ricordiamo sul punto è uguale a quella qui commentata.

Si può non essere d’accordo (per esempio è evidente che codice civile alla mano il contratto d’opera non è un contratto di appalto), ma certo la posizione della prassi in assenza di indicazioni contrarie deve essere quanto meno considerata.

 

Ambito oggettivo: il settore edile

 

La norma in questione è contenuta nell’art. 13 ter del dl 83/2012 e precisante nel capo III del provvedimento titolato misure per l’edilizia. Da tale situazione si è cercato di sostenere che l’ambito applicativo della stessa sia da far coincidere solo ai contratti di appalto e sub appalto stipulati nel settore edile. Una sorta di continuazione della norma che ha previsto l’applicazione in ambito Iva del reverse charge per le prestazioni rese dai sub appaltatori in forza dell’art. 17, comma 6, lett. a del dpr 633/72 che dispone l’applicazione dell’inversione contabile «alle prestazioni di servizi, compresa la prestazione di manodopera, rese nel settore edile da soggetti subappaltatori nei confronti delle imprese che svolgono l’attività di costruzione o ristrutturazione di immobili ovvero nei confronti dell’appaltatore principale o di un altro subappaltatore. La disposizione non si applica alle prestazioni di servizi rese nei confronti di un contraente generale a cui venga affidata dal committente la totalità dei lavori».

Ma la collocazione dell’art. 13-ter nell’articolato legislativo è l’unico elemento che può sostenere tale tesi. Ed è un elemento che non pare essere decisivo almeno fino a quando la prassi non dovesse confermare tale soluzione. A riprova di ciò è anche da sottolineare che la norma è «di passaggio» in questo provvedimento in quanto l’art. 13-ter in questione va a sostituire il comma 28 dell’articolo 35 del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248 articolo titolato «Misure di contrasto dell’evasione e dell’elusione fiscale» compreso nel titolo III a sua volta titolato «Misure in materia di contrasto all’evasione ed elusione fiscale, di recupero della base imponibile, di potenziamento dei poteri di controllo dell’amministrazione finanziaria, di semplificazione degli adempimenti tributari e in materia di giochi». Ma allora nel contesto naturale in cui devono ora essere letti i commi da 28 a 28-ter il riferimento al solo settore edile non è più esplicitato, confermandosi allora un’applicazione ben più ampia della norma in esame.

 

Ambito soggettivo

 

L’individuazione dell’ambito soggettivo della disposizione è identificato dal comma 28-ter il quale dispone le seguenti statuizioni:

disposizioni di cui ai commi 28 e 28-bis si applicano in relazione ai contratti di appalto e subappalto di opere, forniture e servizi conclusi da soggetti che stipulano i predetti contratti nell’ambito di attività rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto;

le disposizioni si applicano in ogni caso ai contratti stipulati dai soggetti di cui agli articoli 73 e 74 del Testo unico delle imposte sui redditi;

le predette disposizioni non si applicano alle stazioni appaltanti di cui all’articolo 3, comma 33, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.

La prima affermazione (oltre al richiamo criptico ai contratti di appalto di forniture già commentato) delinea la necessità che i contratti siano stipulati nell’ambito di attività rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto. Forse sarebbe stato più chiaro se la norma facesse riferimento ad un dato soggettivo (contratti stipulati da «soggetti Iva») invece che riferirsi a un dato oggettivo.

Ma in ogni caso tale previsione pare da leggersi come esclusione dall’applicazione della norma da parte di soggetti non esercenti attività abituale d’impresa o professionale abituale.

Da qui alcune prime osservazioni.

I lavoratori autonomi (professionisti) non sono esclusi dalla normativa. Qualora costoro dovessero stipulare un contratto di appalto finirebbero in pieno nel regime previsto dalla norma.

Si ipotizzi un lavoratore autonomo che nell’esercizio della sua professione stipula un contratto di appalto per la ristrutturazione del proprio ufficio. Tale contratto si ritiene rientri nell’ambito applicativo della norma.

Si ipotizzi anche che un lavoratore autonomo stipuli un contratto con cui si obbliga a fornire determinati servizi alla clientela. Anche in tal caso qualora la qualificazione giuridica del contratto dovesse coincidere con quella di appalto la norma troverebbe applicazione. Si potrebbe sul punto sostenere che il contratto di appalto è tipico del mondo imprenditoriale e non professionale (tesi tutt’altro che banale), ma anche considerando che fino ad oggi sul tema la prassi ha sempre tenuto un atteggiamento per nulla restrittivo anche tale ipotesi a oggi non può non creare incertezza.

Ulteriore considerazione riguarda i casi in cui una delle parti risulti essere un soggetto straniero (rectius non residente). Il testo letterale non lascia intravvedere esenzioni all’applicazione della norma in modo diretto. Il riferimento a contratti «conclusi da soggetti che stipulano i predetti contratti nell’ambito di attività rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto» è infatti molto ampia.

Si ipotizzi un committente imprenditore italiano che stipula un contratto di appalto con un soggetto imprenditore «straniero». Due osservazioni:

già avendo riguardo solo alle qualifiche soggettivi dei due contraenti parrebbe doversi applicare la norma in esame. Il soggetto straniero imprenditore infatti svolge un’attività genericamente rilevante ai fini Iva;

ma inoltre la stessa singola operazione potrebbe addirittura essere non solo soggetta ad Iva ma addirittura in Italia, rendendo un’esclusione dell’applicazione della norma ancor più difficile.

È certo però che una tale interpretazione porta a soluzioni aberranti. Si ipotizzi Gamma italiano imprenditore che affida un appalto a Beta «straniero» imprenditore. Gamma dovrebbe rispondere degli eventuali inadempimenti (posti in essere al di fuori dell’Italia) di Gamma ed eventualmente anche dei suoi sub appaltatori (stranieri o italiani che siano).

Piuttosto che basarsi sul dato soggettivo per cercare di escludere in tale ipotesi l’applicazione della norma meglio è soffermarsi sul fatto che la responsabilità solidale e/o sanzionatoria prevista dalla norma è da collegarsi necessariamente a quella principale relativa al comportamento dell’appaltatore o sub appaltatore: ma quest’ultima esula dalla competenza del nostro legislatore e forse in tal modo si potrebbe riuscire a limitarne l’applicazione. Inoltre la norma fa espresso riferimento a «ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente e del versamento dell’imposta sul valore aggiunto» nozioni che non è detto possano sempre ritenersi applicabile nel caso di paesi diversi dall’Italia.

Un ulteriore aspetto di natura soggettiva riguarda l’esclusione generalizzata o meno dei privati da tale normativa. Si deve ripartire dal comma 28-ter il quale prevede che «Le disposizioni di cui ai commi 28 e 28-bis si applicano in relazione ai contratti di appalto e subappalto di opere, forniture e servizi conclusi da soggetti che stipulano i predetti contratti nell’ambito di attività rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto». In prima battuta ciò parrebbe sufficiente per affermare che i privati sono esclusi da tale normativa. In realtà nonostante sia questa la soluzione da preferire sarebbe bene un intervento che elimini qualsiasi dubbio. Infatti fermandosi al testo i dubbi possono esistere. Il committente infatti in base a quanto indicato nel comma 28-bis è responsabile nel caso di irregolari inadempimenti sia dell’appaltatore che del sub appaltatore. Nel contempo è da ricordare che l’ambito di applicazione è stato disegnato dal legislatore più che altro da un punto di vista oggettivo. Se ipotizziamo una situazione in cui con un committente privato intervengono quali appaltatore e sub appaltatore due esercenti attività d’impresa, è chiaro che il contratto tra questi ultimi due è concluso «da soggetti che stipulano i predetti contratti nell’ambito di attività rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto». Da qui potrebbe anche essere sostenuto che con riguardo a tale contratto la norma si applica con una ricaduta (a livello di responsabilità anche in capo al committente privato.

A poco vale sostenere che in tal caso il privato si troverebbe addossata una responsabilità «per imposte» che non rientrano nel suo ambito di competenza (si pensi all’Iva). Nel nostro ordinamento sono già previste norma di tal specie come quella contenuta nell’articolo 60-bis comma 3-bis del dpr 633/72 secondo cui «qualora l’importo del corrispettivo indicato nell’atto di cessione avente a oggetto un immobile e nella relativa fattura sia diverso da quello effettivo, il cessionario, anche se non agisce nell’esercizio di imprese, arti o professioni, è responsabile in solido con il cedente per il pagamento dell’imposta relativa alla differenza tra il corrispettivo effettivo e quello indicato, nonché della relativa sanzione. Il cessionario che non agisce nell’esercizio di imprese, arti o professioni può regolarizzare la violazione versando la maggiore imposta dovuta entro sessanta giorni dalla stipula dell’atto. Entro lo stesso termine, il cessionario che ha regolarizzato la violazione presenta all’ufficio territorialmente competente nei suoi confronti copia dell’attestazione del pagamento e delle fatture oggetto della regolarizzazione».

La seconda affermazione contenuta nel comma 28-ter è quella per cui la norma trova applicazione in ogni caso ai contratti stipulati dai soggetti di cui agli articoli 73 e 74 del testo unico delle imposte sui redditi.

L’art. 73 richiama le seguenti fattispecie:

le società per azioni e in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative e le società di mutua assicurazione, nonché le società europee di cui al regolamento (Ce) n. 2157/2001 e le società cooperative europee di cui al regolamento (Ce) n. 1435/2003 residenti nel territorio dello stato;

gli enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché i trust, residenti nel territorio dello stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali;

gli enti pubblici e privati diversi dalle società, i trust che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale nonché gli organismi di investimento collettivo del risparmio, residenti nel territorio dello stato;

le società e gli enti di ogni tipo, compresi i trust, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello stato.

Alcune (o molte) di queste sono già comprese nell’ambito soggettivo della norma in quanto pongono in essere attività rilevanti ai fini Iva, ma questa seconda previsione serve per allargare il campo di applicazione anche ad altri soggetti di cui all’art. 73 che pur non avendo rilevanza ai fini Iva sono destinatari delle nuove regole.

L’art. 74 poi richiama poi «gli organi e le amministrazioni dello stato, compresi quelli a ordinamento autonomo, anche se dotati di personalità giuridica, i comuni, i consorzi tra enti locali, le associazioni e gli enti gestori di demanio collettivo, le comunità montane, le province e le regioni».

La terza affermazione contenuta nel comma 28-ter dispone la non applicazione alle stazioni appaltanti di cui all’articolo 3, comma 33, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. Il comma 33 dell’art. 3 prevede che sono «stazione appaltante» le amministrazioni aggiudicatrici e gli altri soggetti di cui all’articolo 32:

ai sensi del comma 25 dell’art. 3 sono 25 «amministrazioni aggiudicatrici» «le amministrazioni dello stato; gli enti pubblici territoriali; gli altri enti pubblici non economici; gli organismi di diritto pubblico; le associazioni, unioni, consorzi, comunque denominati, costituiti da detti soggetti;

ai sensi dell’articolo 32 sono anche stazioni appaltanti (ma non solo) i concessionari di lavori pubblici e le società con capitale pubblico che non sono organismi di diritto pubblico.

 

La responsabilità solidale dell’appaltatore

 

Verificata l’esistenza delle condizioni soggettive e oggettive occorre poi verificare l’oggetto la natura e i limiti della responsabilità addossata all’appaltatore e al committente suddividendo le due posizioni.

In linea generale la norma prevede la responsabilità dell’appaltatore e del committente per il versamento all’Erario delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente e dell’imposta sul valore aggiunto dovuta dal subappaltatore e dall’appaltatore in relazione alle prestazioni effettuate nell’ambito del contratto.

Con riguardo all’appaltatore il comma 28 dispone che «l’appaltatore risponde in solido con il subappaltatore, nei limiti dell’ammontare del corrispettivo dovuto, del versamento all’erario delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente e del versamento dell’imposta sul valore aggiunto dovuta dal subappaltatore all’erario in relazione alle prestazioni effettuate nell’ambito del rapporto di subappalto». Quindi si tratta di una vera e propria responsabilità solidale.

In primis è da sottolineare come il riferimento alle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente consente di far rientrare non solo le ritenute Irpef anche quelle relative alle addizionali comunali e regionali.

In secondo luogo è da notare come non sia previsto alcun beneficio di preventiva escussione, potendo quindi parlare di una responsabilità solidale «immediata» e senza alcun limite procedurale e temporale a favore del corresponsabile.

In terzo luogo la corresponsabilità è limitata all’imposta, mentre nulla viene detto e perciò è da ritenersi esclusa) con riguardo a un’eventualità corresponsabilità per le sanzioni irrogate. Rimane il dubbio degli interessi eventualmente dovuti per i mancati pagamenti. Considerando che gli stessi sono accessori all’imposta la corresponsabilità parrebbe estendersi anche a questi ultimi anche considerando che in un emendamento presentato ma non approvato in sede di legge di stabilità per il 2013 si era prevista l’esclusione per le sanzioni civili ma come è noto tale emendamento non è andato a buon fine.

La verifica della regolarità fiscale è correlata alle prestazioni ottenute a cui si riferisce il pagamento. Quella che sembra una banale affermazione potrebbe poi impossibile da mettere in pratica. Ecco un esempio. Un committente concede in appalto un’opera. Oltre ai mezzi ecc. sono impiegati in quell’appalto appalto due dipendenti. Al momento di effettuare il pagamento richiede la certificazione della regolarità dei versamenti delle ritenute. E qui sorgono i problemi:

il termine di pagamento delle ritenute relative al lavoro dipendente impiegate potrebbe non essere ancora scaduto. In tal caso la certificazione potrebbe limitarsi a dire ciò risolvendo il dubbio (ma rendendo vana la norma come è stata pensata);

in alternativa si potrebbe ipotizzare che la certificazione debba riguardare le ritenute del mese precedente e per cui è già intervenuto il termine per il pagamento. Ma non è detto che nel mese precedente il contratto fosse in essere e quindi pare più logico tornare alla soluzione avanzata precedentemente;

anche nel caso in cui il termine di pagamento fosse già intervenuto non dobbiamo dimenticarci che il versamento delle ritenute non è nominativo ma cumulativo. A fronte di ritenute dovute per 10.000 l’appaltatore potrebbe averne solo versate 5.000 ma ciò non limiterebbe la possibilità di rilasciare l’autocertificazione. Si può certificare di aver versato le ritenute in quanto quelle versate coprono il necessario relativo ai due dipendenti impiegati. Si può sempre dire che quelle non versate riguardano i dipendenti utilizzati in proprio e non in prestazioni in sub appalto.

È prevista una limitazione della responsabilità in quanto la stessa opera «nei limiti dell’ammontare del corrispettivo dovuto». Si ritiene che nel caso dell’appaltatore tale limite debba essere verificato con riguardo ai singoli corrispettivi degli eventuali molteplici contratti di sub appalto e non in modo cumulativo.

 

L’esclusione della responsabilità solidale dell’appaltatore

 

La norma esclude la responsabilità nel caso in cui l’appaltatore acquisisce la documentazione attestante che i versamenti fiscali, scaduti alla data del pagamento del corrispettivo, sono stati correttamente eseguiti dal subappaltatore/appaltatore, documentazione che, secondo quanto previsto dalla stessa disposizione, può consistere anche nella asseverazione rilasciata da Caf o da professionisti abilitati. Inoltre si prevede che l’appaltatore può sospendere il pagamento del corrispettivo dovuto al subappaltatore fino all’esibizione della predetta documentazione.

Quindi il possesso di questa documentazione è di per se sufficiente a far decadere applicazione della normativa.

La norma concede nella sostanza due alternative:

quella di acquisire direttamente dal sub appaltatore la documentazione attestante la regolarità dei versamenti (leggi: modelli F24 dei pagamenti);

oppure di ottenere un’attestazione dell’avvenuto adempimento degli obblighi fiscali può essere rilasciata anche attraverso l’asseverazione di un responsabile del centro di assistenza fiscale o di un soggetto abilitato ai sensi dell’articolo 35, comma 1, del dlgs 9 luglio 1997, n. 241, e dell’articolo 3, comma 3, lettera a), del regolamento di cui al dpr 22 luglio 1998, n. 322.

Sul punto è intervenuta la circolare 40/E del 2012 che ha esteso tale possibilità specificando la possibilità di « ulteriori forme di documentazione idonee a tale fine. In particolare, si ritiene valida, in alternativa alle asseverazioni prestate dai Caf Imprese e dai professionisti abilitati, una dichiarazione sostitutiva, resa ai sensi del dpr n. 445 del 2000, con cui l’appaltatore/subappaltatore attesta l’avvenuto adempimento degli obblighi richiesti dalla disposizione. Nello specifico, la dichiarazione sostitutiva deve:

– indicare il periodo nel quale l’Iva relativa alle fatture concernenti i lavori eseguiti è stata liquidata, specificando se dalla suddetta liquidazione è scaturito un versamento di imposta, ovvero se in relazione alle fatture oggetto del contratto è stato applicato il regime dell’Iva per cassa (articolo 7 del dl n. 185 del 2008) oppure la disciplina del reverse charge;

– indicare il periodo nel quale le ritenute sui redditi di lavoro dipendente sono state versate, mediante scomputo totale o parziale;

– riportare gli estremi del modello F24 con il quale i versamenti dell’Iva e delle ritenute non scomputate, totalmente o parzialmente, sono stati effettuati;

– contenere l’affermazione che l’Iva e le ritenute versate includono quelle riferibili al contratto di appalto/subappalto per il quale la dichiarazione viene resa».

Questo punto è senza dubbio qualificante della circolare 40/E.

Ciò non risulta dalla norma in modo esplicito ed è stato questa una presa di posizione che almeno ha cercato di diminuire i problemi operativi che si stanno riscontrato. Tale previsione aveva formato oggetto di un emendamento presentato nel corso dell’iter della legge di stabilità in cui si prevedeva il venir meno della responsabilità solidale, e anche, ai sensi dell’ultima parte del comma 28-bis, della responsabilità sanzionatoria prevista per il committente, qualora sia possibile dimostrare il regolare versamento di ritenute e Iva anche attraverso il rilascio da parte dal responsabile dell’adempimento di una dichiarazione sostitutiva di atto notorio «attestante la correttezza dei versamenti delle ritenute sui redditi dei lavoratori dipendenti impiegati nell’ambito dell’appalto e, per le prestazioni rese nel medesimo ambito, della corrispondente Iva dovuta sulle stesse». Oltre a ciò l’emendamento collegava i medesimi effetti anche alla documentazione rilasciata da una società di revisione.

Ma l’emendamento come più volte ripetuto non ha avuto un buon esito e quindi tale possibilità è a oggi prevista solo in via amministrativa.

Vi è anche da sottolineare che, in base alla presa di posizione della prassi, l’autocertificazione deve attestare «la correttezza dei versamenti» ma nulla si dice nel caso in cui tali versamenti non siano stati effettuati non in forza di un comportamento irregolare ma solo in quanto non dovuti. Gli esempi sono quelli in cui i termini di versamento dell’Iva o delle ritenute sono successivi a quello del pagamento, o anche quello in cui a fronte delle fatture emesse non vi è Iva da versare in quanto il periodo si chiude con un credito d’imposta. La locuzione che poteva coprire tale situazioni sarebbe stata quella che richiamava la necessità di attestare i versamenti qualora dovuti e in caso contrario la regolarità del comportamento tenuto fino a quel momento e ciò in aderenza al testo di legge che prevede l’esclusione della responsabilità è ottenuta «acquisendo la documentazione prima del versamento del corrispettivo, che gli adempimenti di cui al periodo precedente, scaduti alla data del versamento, sono stati correttamente eseguiti dal subappaltatore». Nonostante ciò non sia stato messo in chiaro dalla circolare 40/, l’unica tesi possibile è che in mancanza di un obbligo di versamento (si pensi alla chiusura a credito della liquidazione Iva) devi ritenersi sufficiente ai fini dell’esonero dalla responsabilità solidale o sanzionatoria un’autocertificazione che attesti la regolarità del comportamento.

La responsabilità del committente

 

Anche il committente ha una responsabilità seppur di natura sanzionatoria. La stessa è riferita alle irregolarità di tutti gli anelli della possibile catena (appaltatore, sub appaltatore 1, sub appaltatore 2 ecc.). Il comma 28-bis prevede infatti che «il committente provvede al pagamento del corrispettivo dovuto all’appaltatore previa esibizione da parte di quest’ultimo della documentazione attestante (_) Il committente può sospendere il pagamento del corrispettivo fino all’esibizione della predetta documentazione da parte dell’appaltatore». Da qui una piccola notizia positiva: il committente ha la possibilità di avere a che fare solo con il committente. È a lui che può richiedere la documentazione attestante la regolarità anche dei sub appaltatori e sospendere il pagamento fino al mancato ricevimento di questa da parte dell’appaltatore. D’altra parte spesso capita che il committente non conosce i sub appaltatori.

Con riguardo alle sanzioni a carico del committente è da notare che le stesse possono esser sproporzionate. Il comma 28-bis trattando della sanzione a carico del committente si prevede che «ai fini della predetta sanzione si applicano le disposizioni previste per la violazione commessa dall’appaltatore». Quindi deve valere la previsione secondo cui la stessa deve rimanere «nei limiti dell’ammontare del corrispettivo dovuto». Oltre al dubbio a quale corrispettivo occorre riferirsi nel caso di presenza di sub appalto (a quello del contratto di appalto in genere o del singolo sub appalto) tale locuzione lascia aperto il rischio della sproporzione. Si ipotizzi un contratto che prevede corrispettivo di 5 mila euro (con Iva 10%). L’appaltatore non versa 500 euro di Iva e la sanzione a carico del committente è quella minima che però è di 5 mila euro (10 volte l’importo non versato).

FAC SIMILE: ATTESTAZIONE REGOLARITÀ FISCALE APPALTI E SUB APPALTI

 

 

 

 

DICHIARAZIONE SOSTITUTIVA DELL’ATTO DI NOTORIETÀ

(Art. 47 dpr n.445 del 28.12.2000)

 

Il/La sottoscritto/a ——- nato/a —– in data gg/mm/aaaa, residente a —– (—) in via —– n.–, codice fiscale ———, in qualità di legale rappresentante della società ——— con sede a —– in via ———, codice fiscale e partita Iva ———, consapevole delle sanzioni penali richiamate dall’art.76 DPR n.445/2000 in caso di dichiarazioni mendaci e di formazione o uso di atti falsi e in ottemperanza alle disposizioni in materia di responsabilità solidale dell’appaltatore di cui all’art.13-ter dl 22 giugno 2012 n. 83 convertito dalla Legge 7 agosto 2012 n. 134

 

DICHIARA CHE

 

in relazione al contratto d’appalto/subappalto del gg/mm/aaaa n. —-, stipulato con il committente/appaltatore (denominazione sociale), con sede in ———————-, in via —————– n. ——, codice fiscale —————–, partita Iva ——————:

 

1) ai fini dei versamenti dell’imposta sul valore aggiunto

per le fatture concernenti i lavori eseguiti con riferimento al contratto di appalto/subappalto sopra descritto:

 

N. FATTURADATA IMPONIBILEIvaTOTALERegime Iva per cassa (si/no)Disciplina reverse charge (si/no)xgg/mm/201xygg/mm/201xzgg/mm/201x

 

è stato versato l’ammontare dell’Iva contabilizzato e liquidato nel mese di riferimento; di seguito gli estremi del modello F24 in cui è ricompreso il pagamento in esame:

 

Periodo di riferimentoData versamentoImporto versato

(tot. mod. F. 24)Banca/Posta/

Concess.Codice tributoMesegg/mm/201xMesegg/mm/201xMesegg/mm/201x

 

non è ancora stato versato l’ammontare dell’Iva contabilizzato e liquidato nel mese perché:

ha emesso fatture assoggettare al regime Iva di cassa ex art.7 dl n.185/2008;

ha emesso fatture con il sistema dell’inversione contabile;

non è ancora stato versato l’ammontare dell’Iva in quanto non contabilizzata e liquidata, non essendo ancora scaduti i termini di legge.

 

2) ai fini del versamento delle ritenute sui redditi di lavoro dipendente

in relazione ai lavori eseguiti contratto di appalto/subappalto sopra descritto:

sono state versate le ritenute sui redditi di lavoro dipendente ricompresi nei modelli F24 di cui si riportano, di seguito, gli estremi:

Periodo di riferimentoData versamentoImporto versato

(tot. mod. F. 24)Banca/Posta/

Concess.Codice tributoMesegg/mm/201xMesegg/mm/201xMesegg/mm/201x

 

non è ancora stato versato l’ammontare delle ritenute di redditi di lavoro dipendente in quanto il relativo termine di versamento non è ancora scaduto;

non sono ancora stati corrisposti i relativi redditi di lavoro dipendente in relazione alle prestazioni svolte nell’ambito del contratto di appalto/subappalto di cui sopra.

 

Alla presente dichiarazione si allega copia fotostatica del documento d’identità (o di un documento di riconoscimento equipollente) del dichiarante (art. 38 comma 3 dpr 28 dicembre 2000 n.445)

Dichiara, inoltre, di essere informato, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 13 del dlgs 30 giugno 2003, n. 196, che i dati personali raccolti saranno trattati, anche con strumenti informatici, esclusivamente nell’ambito del procedimento per il quale la presente dichiarazione viene resa.

 

 

 

 

 

Lì, __________________ gg/mm/201x

 

 

 

In fede

(Firma del legale rappresentante dichiarante)

 

 

il contratto di appalto

 

 

Anche prima delle nuove regole in tema di corresponsabilità il trattamento fiscale del contratto di appalto ha sempre creato questioni controverse.

La tabella riepiloga le maggiori con le soluzioni per ognuna di esse.

 

Valutazione (1)La valutazione dei prodotti in corso di lavorazione e dei servizi in corso di esecuzione, il comma 6 dell’articolo 92 del Tuir stabilisce che «i prodotti in corso di lavorazione e i servizi in corso di esecuzione al termine dell’esercizio sono valutati in base alle spese sostenute nell’esercizio stesso, salvo quanto stabilito nell’articolo 93 per le opere, le forniture e i servizi di durata ultrannuale».

Da ciò consegue che per le opere e i servizi che sono considerate infrannuali (e cioè quando la loro realizzazione necessita di un tempo inferiore o pari ai 12 mesi), che sono realizzate a cavallo di due esercizi:

le rimanenze devono essere (fiscalmente) valutate ai sensi dell’art. 92, comma 6, del Tuir e quindi con l’applicazione del criterio del costo;

le rimanenze possono anche essere valutate (civilisticamente) considerando i corrispettivi ai sensi dell’art. 2426, n. 11 del codice civile.Valutazione (2)L’articolo 93 del Tuir non consente di valutare al costo i lavori in corso di durata ultrannuale. È, di fatto, preclusa la possibilità di poter valutare le rimanenze al costo, e di imputare i corrispettivi all’esercizio in cui sono consegnate le opere e/o ultimati i servizi e le forniture. Tale possibilità, nel regime previgente, era, infatti, ammessa previa comunicazione, da parte delle imprese, all’Agenzia delle Entrate e all’espressa autorizzazione da quest’ultima concessa. CompetenzaLa prassi si è interessata per la prima volta della questione con la Circ. n. 98/E del 17 maggio 2000 e con la risoluzione n. 133/E del 26 settembre 2005: «Ai fini dell’applicazione dell’art. 93, comma 5, del Tuir, l’opera si debba considerare ultimata al momento in cui risulta avvenuta la sua «consegna» al committente nei termini sopra indicati, a conclusione del procedimento relativo all’emissione del certificato di collaudo provvisorio disciplinato dal dpr n. 554 del 1999. In tale momento sussistono tutti gli elementi (ultimazione dei lavori, consegna delle opere, certezza e determinabilità dei ricavi) per far partecipare alla determinazione del reddito il corrispettivo pattuito per l’opera completata».Sub appalti La risoluzione n. 117/E del 5 novembre 2010 dell’Agenzia delle entrate ha ritenuto deducibili nei contratti di appalto tutti i costi considerati nel calcolo delle rimanenze. La risoluzione è di notevole importanza perché superando in parte l’orientamento precedente (risoluzione 260/E del 22 ottobre 2009) permette di ottenere la liceità fiscale del corretto comportamento contabile: «si ritiene che nella fattispecie rappresentata da Alfa, relativamente ai lavori subappaltati, siano applicabili le disposizioni del citato articolo 93 e che, quindi, rilevino in capo all’appaltatore i costi relativi ai Sal liquidati in via provvisoria al subappaltatore che hanno concorso alla valutazione delle opere ultrannuali».Ritenute a garanzia La risoluzione n. 117/E del 5 novembre 2010 dell’agenzia delle entrate ha sostenuto che «ai fini della valutazione delle «rimanenze» relative a opere di durata pluriennale effettuata sulla base dei Sal, gli importi già liquidati, seppure in via provvisoria, dovranno essere assunti al lordo delle ritenute a garanzia». L’affermazione riprende la circolare 22 settembre 1982 n. 36 in cui si è sostenuto, per l’ipotesi della valutazione di fine esercizio del valore delle rimanenze, che la stessa «deve avvenire in misura corrispondente ai corrispettivi pattuiti per la parte di prestazioni eseguite e deve tener conto sia degli stati di avanzamento lavori già liquidati, seppure a titolo provvisorio, che degli stati di avanzamento lavori semplicemente presentati; in ogni caso, gli importi risultanti da tali atti dovranno essere assunti al lordo di quanto già corrisposto a titolo di acconto e delle ritenute a garanzia». Ma la presenza delle ritenute a garanzia non sempre comporta che l’accettazione intervenuta non possa considerarsi definitiva. Anche in presenza di accettazione di un Sal con pagamento da cui è dedotta una ritenuta, può concludersi che la liquidazione dello stato di avanzamento lavori assuma effetti reddituali nei confronti sia dell’appaltante sia dell’appaltatore. Ciò in quanto non si ritiene possibile riconoscere come non intervenuta la definitività di un’accettazione dei lavori per la solo presenza di ritenute a garanzia. Ciò in quanto occorre in primo luogo verificare la natura delle ritenute nel caso concreto o meglio il motivo che ha indotto le parti a prevederle.