di Andrea Di Biase

Si deciderà a marzo il destino del Centro europeo di ricerca biomedica avanzata, meglio noto come Cerba, e di Sinergia e Imco, le due società della famiglia Ligresti, dichiarate fallite lo scorso giugno, per le quali le banche creditrici, capeggiate daUnicredit, stanno predisponendo un piano di concordato fallimentare.

 

Lo scorso 21 dicembre il collegio di vigilanza, previsto dall’accordo di programma finalizzato alla realizzazione del Cerba, cui partecipano Regione Lombardia, Provincia di Milano, Parco agricolo Sud Milano e Comune di Milano, ha infatti deciso di rinviare al prossimo marzo ogni decisione in merito alla stipula della convenzione attuativa dell’opera e alle modifiche chieste dalle banche per poter rendere finanziariamente sostenibile il piano di concordato. Nel dettaglio, gli istituti di credito, la cui istanza sarebbe stata presentata al collegio dalla Fondazione Cerba presieduta da Umberto Veronesi, avrebbero chiesto di poter fare fronte agli oneri di urbanizzazione dell’area, posta alla periferia Sud di Milano sui terreni di proprietà di Imco, in modo progressivo e ad avanzamento lavori anziché in unica soluzione come previsto dal piano integrato di intervento originario. Il parere del collegio, che è un organo politico e non tecnico, è dunque decisivo per la predisposizione del piano di concordato fallimentare di Sinergia e Imco, che si fonda proprio sulla valorizzazione dell’area sulla quale dovrebbe sorgere il Cerba, attraverso il conferimento a un fondo immobiliare gestito da Hines Italia Sgr. Si tratta dunque di un passaggio non certo scontato, anche perché, almeno fino alle elezioni del 24 e 25 febbraio, non si saprà chi sarà il nuovo presidente della Regione Lombardia, il quale siede di diritto, assieme al sindaco di Milano e al presidente della Provincia (anche se possono essere delegati gli assessori), nel collegio di vigilanza. Fino ad allora, dunque, per le banche, esposte per circa 343 milioni (di cui 180 milioni in capo aUnicredit), ci sarà ancora un importante margine di incertezza. Il parere del collegio è infatti determinante non solo per approvare le richieste di modifica avanzate ma anche per dare il via libera all’opera nella sua versione originaria (anche se in questo caso il piano non sarebbe più sostenibile dal punto di vista finanziario). Ciononostante proseguono i contatti tra gli istituti per definire la struttura finanziaria dell’operazione. Secondo quanto si è appreso, al piano, dopo alcune perplessità iniziali, dovrebbero aderire anche Mps e Banco Popolare, che rinunceranno a parte del proprio credito ma non apporteranno invece la nuova finanza necessaria a sostenere il fondo immobiliare. (riproduzione riservata)