di Andrea Di Biase

 Ferak, la società di investimento con sede a Vicenza che figura tra i grandi soci delleGenerali (all’1,7% detenuto direttamente si aggiunge il 2,2% in portafoglio a Effeti, partecipata al 50,1%), è uscita dall’azionariato di Mediobanca, cedendo tutte le 2.500.000 azioni della banca d’affari acquistate nel giugno del 2011 per 16,6 milioni di euro (6,65 euro per ciascun titolo).

Lo si apprende dal bilancio al 30 giugno 2012 di Matala Investimenti, una società a responsabilità limitata, controllata integralmente da Ferak, la cui unica voce dell’attivo era appunto la partecipazione nella banca di Piazzetta Cuccia. L’investimento, che nel bilancio di Matala al 30 giugno 2011 veniva definito «stabile», è stato liquidato nei mesi scorsi, in concomitanza con l’emersione delle tensioni tra la Palladio Finanziaria, uno dei principali azionisti di Ferak, e la banca d’affari guidata da Alberto Nagel su due delicati dossier: il salvataggio di Fondiaria-Sai, dove Palladio assieme al fondo Sator di Matteo Arpe si era contrapposta a Unipol, appoggiata invece daMediobanca, e il ricambio al vertice del Leone di Trieste, dove i soci veneti riuniti attorno a Palladio non avrebbero gradito le modalità con cui è avvenuta la sostituzione di Giovanni Perissinotto con Mario Greco.

Nonostante l’elevato valore di carico cui i titoli Mediobanca erano iscritti nel bilancio di Matala Investimenti (6,65 euro contro una media del periodo luglio 2011-giugno 2012 di gran lunga inferiore), la società controllata da Ferak ha ceduto l’intera partecipazione sul mercato contabilizzando una minusvalenza di soli 190 mila euro. Con gli oltre 16 milioni incassati dalla cessione, Matala ha provveduto a rimborsare il debito infragruppo contratto con la stessa Ferak per procedere all’acquisto dei titoli di Piazzetta Cuccia nel giugno del 2011. L’acquisto era stato effettuato poche settimane dopo l’uscita di Cesare Geronzi dalla presidenza delle Generali e poche settimane prima la scadenza del patto di sindacato e del rinnovo del consiglio di amministrazione di Mediobanca, quando sembrava che il terremoto avvenuto in primavera a Trieste potesse avere qualche ripercussione anche sulla governance della banca d’affari. Ripercussioni che invece, nonostante la decisione di Diego Della Valle di uscire dal patto di sindacato di Piazzetta Cuccia, non furono particolarmente traumatiche per gli equilibri al vertice della banca d’affari. In quei frangenti indiscrezioni di stampa avevano segnalato la possibilità che la Palladio, guidata da Roberto Meneguzzo e Giorgio Drago, fosse interessata a entrare nel patto di Mediobanca, assieme a un gruppo di imprenditori del Nord Est. Indiscrezioni che allora furono seccamente smentite dai diretti interessati. Quello che è accaduto nei mesi seguenti è storia recente. La crisi del gruppo Ligresti e di Fondiaria-Sai andata in scena nell’autunno del 2011 ha visto Mediobanca e Palladio mettere sul tavolo due soluzioni opposte per il salvataggio del gruppo assicurativo. La banca d’affari si è spesa, assieme a Unicredit, affinché FonSai finisse nell’alveo del gruppo Unipol. La società vicentina, dopo essere arrivata sul finire del 2011 a un passo dall’accordo con la famiglia Ligresti, si è vista chiudere la porta in faccia e nei primi mesi del 2012, oltre a entrare nel capitale di Fondiaria-Sai, ha messo sul tavolo, assieme al fondo Sator, un’offerta concorrente a quella di Unipol, cercando fino all’ultimo di forzare il contratto in esclusiva che legava Premafin al gruppo bolognese. Alla fine, come noto, ha prevalso Unipol, ma la rottura tra Mediobanca e i veneti, storicamente vicini all’ex ad delle Generali Perissinotto, si è consumata anche a Trieste. Tanto che è ormai prossimo un divorzio tra Ferak e la Fondazione Crt nel veicolo Effeti. Nei giorni scorsi dal fronte veneto è emersa la disponibilità della società vicentina ad acquistare la quota del 49,9% in portafoglio all’ente piemontese. Sembra tuttavia difficile che la Fondazione Crt possa prendere in considerazione questa ipotesi. (riproduzione riservata)