Per dire se la strategic review delle Generali, presentata ieri a Londra dal group ceo del Leone, Mario Greco, si tradurrà anche in una strategic revolution, ovvero in un taglio netto con le logiche del capitalismo di relazione, che spesso hanno inciso negativamente sulla performance del gruppo negli ultimi anni, lo si capirà presto.

Almeno da un punto di vista teorico, infatti, la logica del nuovo capo azienda delle Generali in termini di investimenti, compresa la partecipazione ai patti di sindacato, è molto chiara. «Quello di azionista strategico», ha affermato Greco nel corso dell’investor day del Leone, «non è il nostro mestiere». Un riferimento, nemmeno troppo implicito, alla presenza del gruppo triestino nei sindacati di blocco di alcune importanti società italiane, come Pirelli (4,41%), Rcs (3,71%), Gemina (3,05%) e Telecom Italia (il Leone ha il 30,5% di Telco), storicamente legate a Mediobanca, che è tuttora il principale azionista delle Generali con il 13,2%.

La revisione del portafoglio investimenti, comprese le partecipazioni azionarie, che sarà completata nelle prossime settimane, riguarderà anche le quote azionarie più sensibili, che rimarranno dunque in portafoglio solo se avranno reali opportunità di ritorno per la compagnia. Anche se sul punto Greco, approfondendo la questione nel corso di un incontro con la stampa, è apparso meno dogmatico che con gli analisti, sottolineando che la partecipazione ai patti non è di per sé da stigmatizzare, e che la presenza del gruppo in ciascun accordo sarà valutata caso per caso. Per esempio, per quanto riguarda l’imminente rinnovo del patto che controlla Pirelli, Greco ha evidenziato che le Generali sono «favorevoli a rimanere solo se il patto sarà accorciato a un anno. In caso contrario usciremo», ha affermato il numero uno del Leone. Per quanto riguarda invece Rcs, prima di avviare un ragionamento sulla partecipazione leGenerali intendono aspettare la naturale scadenza dell’accordo. «Fino ad allora siamo vincolati», ha spiegato l’ad del gruppo triestino, che ha anche sottolineato di non avere, almeno per il momento, informazioni sufficienti per ragionare in merito alla partecipazione della compagnia al prossimo aumento di capitale della casa editrice di Via Rizzoli. Un punto fermo Greco lo ha comunque voluto mettere. «Nel febbraio 2011, quando io ero da tutt’altra parte, il consiglio di amministrazione delle Generali ha approvato una delibera che dice che nel gruppo non ci sono partecipazioni strategiche. Una delibera che io ritengo molto corretta».

La revisione del portafoglio investimenti del Leone non riguarderà tuttavia solo le partecipazioni più sensibili della cosiddetta Galassia Mediobanca. Sotto la lente del cda e del comitato audit finiranno tutte le tipologie di investimenti, compresi quelli nei fondi speculativi e nel private equity, dove in passato le Generali hanno operato insieme alla vicentina Palladio Finanziaria. L’obiettivo, ha spiegato Greco, non è comunque quello di fare processi al passato ma di definire un’allocazione delle risorse più efficiente e maggiormente redditizia, visto che la liquidità impegnata è a copertura delle polizze degli assicurati.

Proprio per evitare gli errori del passato le nuove Generali si sono date stringenti regole per gli investimenti. Il nuovo chief investment officer, Nikhil Srinivasan, proveniente da Allianz e nominato ieri assieme al nuovo chief operating officer, Carsten Schildknecht (proveniente da Deutsche Bank), avrà il compito di fare le proposte di investimento al management committee, che assumerà dunque in modo collegiale le decisioni in merito all’acquisto e alla cessione di partecipazioni. (riproduzione riservata)