di Francesca Vercesi

L’Italia dispone di circa 2.452 tonnellate d’oro, per una valore complessivo di circa 150 miliardi di euro. Perché quindi non valutare l’ipotesi di emettere obbligazioni, per esempio per 50 miliardi di euro, con una cedola dell’1% e garantite appunto dall’oro piuttosto che dalla promessa di rimborso del governo italiano? È questa la provocazione tracciata da Neil Dwane, chief investment officer Europe di Allianz global investors durante la presentazione a Milano sulle prospettive macroeconomiche sul 2013, per aiutare la crisi sistemica (e politica) che sta attraversando il Paese. Il 2013, in altre parole, secondo il gruppo di Monaco di Baviera, si preannuncia nel segno della politica per i mercati finanziari globali, gettando l’ipoteca della volatilità sull’investimento azionario di breve periodo. In questo senso, nonostante i mercati dell’Europa del Sud offrano valutazioni più attraenti, «l’Italia ha bisogno di una leadership politica stabile, coerente e impegnata», ha precisato l’economista.

Lo stesso, però, dicasi anche per Stati Uniti, Gran Bretagna e, con l’avvicinarsi delle elezioni l’anno prossimo, per la Germania. Se il rischio politico è destinato dunque a movimentare i listini, la caccia al rendimento andrà ristretta allora ai titoli ad alto dividendo, particolarmente attraenti sulle piazze europee, dove le valutazioni restano a sconto. E questo vale anche per la borsa cinese che quest’anno ha perso oltre il 5%. «In generale, molti investitori sono spaventati dalla volatilità del comparto azionario, soprattutto in Europa dove ancora mancano basi solide per il ripristino della fiducia. Ma i dividendi rappresentano una parte significativa della performance complessiva delle azioni nel lungo periodo», continua.

Tra i comparti, Dwane sceglie di sottopesare quello finanziario, sia sul fronte del debito societario sia su quello azionario, nonostante l’enorme liquidità che c’è sui mercati dovrebbe mettere il settore al riparo dal rischio sistemico. «Ci sono diversi fattori che motivano la nostra prudenza verso questo settore. Innanzitutto, molti istituti finanziari europei presentano ancora criticità nei bilanci. Inoltre, in alcuni casi, potranno esserci altri rinnovi del top management e una maggiore correlazione tra risultati e remunerazione dello stesso, soprattutto per gli istituti che non remunerano adeguatamente gli azionisti attraverso i dividendi. Sul settore poi si vedranno gli effetti della crescente regolamentazione, che senz’altro ostacolerà il ritorno alle stagioni dorate passate e la necessità per le banche di ridurre la leva finanziaria», conclude Dwane. (riproduzione riservata)