Vigili del fuoco a rischio amianto. E’ quanto ha denunciato il pm della procura di Torino, Raffaele Guariniello, dopo una consultazione – su segnalazione del sindacato autonomo della categoria, il Conapo – del Re.Na.M., il registro nazionale dei mesoteliomi. Secondo i dati ricavati sono 58 i pompieri deceduti in Italia per colpa di mesoteliomi, pleurici e del peritoneo, provocati dall’inalazione della fibra killer. Le patologie sarebbero state originate nel corso delle operazioni di spegnimento degli incendi che hanno interessato baracche ed edifici vecchi e fatiscenti, là dove le fiamme – bruciando materiali come cappe fumarie, onduline, sottotetti e, in generale, strutture coibentate con l’asbesto – hanno liberato la sostanza tossica.

Una contaminazione “fulminea”. Si tratta di una “contaminazione” dalle modalità diverse da quella che ha caratterizzato, per esempio, altri lavoratori come gli operai della Eternit (la cui sentenza del processo è attesa per il prossimo 13 febbraio). Se, in quest’ultimo caso, infatti, l’inalazione di amianto è stata quotidiana e “spalmata” lungo otto ore e nell’intera giornata di lavoro, in un periodo temporale lungo decine di anni, per i vigili del fuoco l’assunzione è stata concentrata e devastante, in quanto relegata, per l’appunto, alle operazioni di estinzione delle fiamme. Un’esposizione che, negli incendi di grandi dimensioni – come ha sostenuto Antonio Brizzi, segretario generale del Conapo – si verifica “in contesti da bombe chimiche”.

Nel Registro fino a oggi oltre 15mila casi. Attualmente nel ReNaM sono registrati oltre 15mila segnalazioni di lavoratori colpiti da mesotelioma. “La procura di Torino ci ha presentato una richiesta di informazioni in merito all’esistenza di soggetti che, nel corso della loro storia professionale, avessero svolto attività nell’ambito dei vigili del fuoco, e questo a prescindere dalla loro mansione – afferma il responsabile del ReNaM, Alessandro Marinaccio – Dalle verifiche svolte dai nostri Centri operativi regionali abbiamo potuto segnalare, per l’appunto, 58 casi”. Ovviamente questa “selezione” effettuata dal ReNaM non ha alcuna corrispondenza con l’accertamento di eventuali responsabilità giudiziarie – di competenza dei medici legali e degli inquirenti, i cui percorsi hanno caratteristiche totalmente diversi e che devono essere opportunamente verificati attraverso l’attività investigativa. “Infatti, ciò che per noi è sufficiente per assegnare un nesso epidemiologico tra l’esposizione all’amianto e la manifestazione della malattia può non avere la stessa valenza in ambito legale”, precisa Marinaccio.

Un tema di grande attualità per la salute pubblica. Il primo rapporto ReNaM (pubblicato nel 2001) è relativo ai dati del periodo di diagnosi 1993-1996 e parte dei 58 decessi risulta essersi verificata in quel periodo. I casi più numerosi, tuttavia, sono concentrati negli ultimi dodici anni e alcuni sono addirittura molto recenti. Un andamento, per molti aspetti, corrispondente all’aumento del numero di morti che ha caratterizzato i cittadini di Casale Monferrato che – pur non lavorando presso l’Eternit – hanno contratto la malattia per aver respirato polvere della fibra nelle proprie case e nelle strade. “Si tratta di dati molto significativi e che evidenziano due aspetti fondamentali relativi all’amianto – rileva Marinaccio – Da una parte, malgrado siano passati 20 anni dal suo bando, quanto sia lunga la latenza delle patologie ad esso correlate e, dall’altra, la grande quantità di asbesto ancora presente nel nostro paese. Tutto questo ci fa capire, dunque, quanto il tema sia attuale sul fronte della sanità pubblica e l’INAIL ha fatto molto bene, in particolare sotto l’impulso del Civ, a indicare tale questione come centrale per la salute e la sicurezza non solo dei lavoratori, ma di tutta la popolazione”.

ReNaM: un esempio di eccellenza in ambito internazionale. Se nel maggio 2010 è stato reso noto il Terzo rapporto ReNaM, che include la casistica fino al 2004, l’INAIL diffonderà entro breve il Quarto rapporto, che terrà conto dei dati compresi fino al 31 dicembre 2008. “La sorveglianza dei mesoteliomi permessa dal ReNam rappresenta, senza dubbio, un caso di eccellenza dove l’Italia si distingue in ambito internazionale ed è molto importante disporre di uno strumento che registra, con procedure standardizzate e un coordinamento nazionale, questa realtà in tutto il paese – conclude Marinaccio – Per questo ritengo opportuno, in ottemperanza con quanto disposto dall’articolo 244 del Testo unico sulla sicurezza, che si proceda a un ampliamento della sorveglianza anche  nei confronti di tutte le altre neoplasie professionali”.

Fonte: INAIL