Sempre più compagnie assicurative ed erogatori di piani sanitari negli Stati Uniti acquisiscono studi medici, ospedali o cliniche. Recentemente si sono conclusi numerosi accordi di alto profilo in tal senso.

Lo scorso novembre, Optum, divisione del colosso dell’assistenza sanitaria americana UnitedHealth Group, ha completato l’acquisizione di Irvine, della californiana Monarch HealthCare, associazione indipendente di 2.300 medici di base, per una somma non resa nota.

In agosto, la rivale WellPoint ha completato l’acquisizione di CareMore Health Plan, consorzio a cui afferiscono 28 centri di assistenza sanitaria in California, Nevada e Arizona, per 800 mln di dollari.

Sempre in novembre, Humana, compagnia specializzata nella fornitura di prodotti assicurativi sanitari, ha acquisito SeniorBridge Family, società che gestisce 1.500 infermieri specializzati in malattie croniche che forniscono assistenza a domicilio. La transazione è stata completata ad appena un anno dall’acquisizione per 790 mln di dollari di Concentra, società che offre assistenza medica d’urgenza e servizi di medicina del lavoro. 

Nonostante gli analisti non parlino di trend consolidato, è evidente che assicuratori e studi medici interessati da queste acquisizioni tentano di accaparrarsi una posizione competitivamente vantaggiosa sul mercato.

C’è chi storce il naso di fronte a questa alleanza. “Penso che queste transazioni riflettano lo stato critico in cui versa il sistema sanitario”, ha detto il dottor Glen Stream, presidente dell’associazione nazionale dei medici di famiglia. “Ciò a cui stiamo assistendo è uno stato di stress del nostro sistema sanitario e una serie di tentativi per farvi fronte”.

La riforma del sistema sanitario, che prevede piani sanitari coordinati meglio e risultati soddisfacenti a prezzi inferiori, ha accelerato un trend che è nato ben prima della riforma. “La complessità delle spese del sistema sanitario è alla base di questo trend”, ha aggiunto Stream, così come la progressiva scomparsa degli studi individuali o di piccole dimensioni.

Ma non si tratta di un tentativo, da parte degli assicuratori, di penetrare il business dell’assistenza sanitaria, bensì di creare accesso alle cure mediche per i propri clienti, ha precisato Bridget Maehr, analista finanziaria di A.M. Best. Gli assicuratori, secondo Maehr, sono particolarmente interessati a garantire l’accesso alle cure mediche dei propri clienti, in vista dell’espansione dell’assicurazione sanitaria a milioni di cittadini americani che ne sono attualmente sprovvisti e i quali potranno accedere a piani statali a partire dal 2014.

In base alla normativa varata con la riforma sanitaria, ogni cittadino americano dovrà dotarsi di un’assicurazione sanitaria entro il 2014, e sarà critico allora per gli assicuratori rifiutare l’accesso alle proprie polizze sulla base dei precedenti clinici degli acquirenti. “Di fronte alla scarsità di servizi di assistenza medica primaria, i fornitori di piani sanitari vogliono garantirsi dei punti di accesso privilegiati per i propri assistiti”, ha concluso Maehr.

Ma se è facile comprendere come mai gli assicuratori vogliano creare delle partnership con studi medici e strutture ospedaliere, è più arduo comprendere come mai questi ultimi scelgano di fondersi con dei gruppi assicurativi piuttosto che creare associazioni con altre società che svolgono attività simili.

Quando Monarch HealthCare ha iniziato a guardarsi intorno in cerca di possibili partner, “siamo stati contattati da chiunque”, ha detto il dottor Bart Asner, ceo dell’associazione. “Poi Optum si è presentata alla nostra porta”.

Dopo un’attenta valutazione, Monarch HealthCare ha concluso che Optum sarebbe stata in grado di rispondere alle necessità dell’organizzazione per avanzare nel proprio business. Inoltre, le due società avevano la stessa visione della cura del paziente, ha aggiunto Asner.

L’organizzazione medica aveva fra i suoi obiettivi quello di espandere la fornitura di servizi clinici, pertanto grazie all’expertise che Optum ha maturato nella cura delle malattie mentali, Monarch HealthCare può pensare di sviluppare anche questo settore, oltre ad utilizzare una serie di servizi erogati da Optum e già sfruttati dalle associazioni mediche che la società possiede: gestione del servizio, tecnologia informatica sanitaria, benefit sul piano farmaceutico e servizi finanziari specifici.

Secondo gli analisti, UnitedHealth Group continuerà ad investire in Optum, che attualmente detiene il 6% del market share, ma che potrebbe crescere al 9% entro il 2020. Secondo Citigroup, UnitedHealth Group ha 5 mld di dollari  a disposizione per operazioni di fusione e acquisizione.

Anche WellPoint sta entrando nel business dell’assistenza sanitaria grazie all’acquisizione di CareMore, società a cui afferiscono studi medici specializzati nel trattamento di patologie croniche che utilizzano piani “Medicare Advantage”.

L’intento di WellPoint è di espandere l’attività al di fuori di California, Nevada e Arizona, dove CareMore opera attualmente. Alan Hoops, direttore e ceo di CareMore, ha spiegato che la scelta di accettare l’acquisizione da parte di WellPoint è dipesa dalla capacità di quest’ultima di poter ampliare la società. “Volevamo creare una partnership con un player ben posizionato sul mercato e capace di penetrare nuovi mercati”, ha aggiunto Hoops. CareMore sta attualmente iniziando ad operare in altri quattro Stati dove WellPoint è presente.

Gli esperti sostengono che chiunque sia il titolare della società per cui operano i medici, non cambierà la qualità del servizio. Anche gli scettici rimangono positivi, come il dottor Stream, dell’associazione nazionale dei medici di famiglia. “L’importante è che i pazienti ricevano le migliori cure, che queste siano ben coordinate e orientate al benessere della persona”, ha detto Stream. “Come questo accade è meno rilevante”.

Fonte: Business Insurance