di Andrea Di Biase

 

Se entro fine mese la lettera di intenti, firmata nella notte tra il 12 e il 13 gennaio dai vertici di Unipol e dai membri della famiglia Ligresti, si tradurrà, come è altamente probabile, in un contratto vincolante, nelle tasche di don Salvatore e dei suoi tre figli (Jonella, Giulia e Paolo) finiranno complessivamente circa 90 milioni di euro.

Per mettere le mani sul 51% diPremafin e prendere così le redini di Fondiaria-Sai la compagnia bolognese ha messo sul piatto 76,9 milioni, pari a 0,36 euro per ciascuna azione della holding, cui si aggiungeranno altri 14 milioni (700 mila euro annui ciascuno) per un patto di non concorrenza quinquennale, che impegnerà i Ligresti a «non avvalersi dei loro consolidati rapporti con la rete agenziale e la clientela del gruppo FonSai». L’impegno finanziario della compagnia presieduta da Pierluigi Stefanini e guidata da Carlo Cimbri sarà tuttavia ben più consistente. L’acquisto del pacchetto di controllo di Premafin farà scattare l’obbligo di opa anche sulle minoranze, le cui azioni saranno valutate al medesimo prezzo offerto ai Ligresti. Se dunque anche gli altri azionisti della holding, dal finanziere Vincent Bolloré (che ha poco più del 5%) fino ai misteriosi fondi caraibici Ever Green Security Trust e The Heritage Trust (che controllano rispettivamente il 7,84% e il 12.15%), aderiranno all’opa, l’esborso per Unipol potrebbe salire fino a un massimo di 154 milioni. Tanto è stato valutato il 100% di Premafin. Un valore importante se si considera che alla chiusura di Piazza Affari di giovedì 12 gennaio (dunque prima del comunicato ufficiale dei bolognesi) la capitalizzazione della holding, pur fortemente risalita dai minimi del 29 dicembre, era pari a 119 milioni. Ma ancor più importante se si osserva che, a fronte di un indebitamento di 322 milioni e di attivi (compreso il 35% di FonSai) inferiori ai 100 milioni, la holding avrebbe attualmente un patrimonio netto negativo.

I 154 milioni preventivati come esborso massimo per prendere il controllo di Premafinnon esauriscono tuttavia lo sforzo finanziario che Unipol e i suoi soci saranno chiamati a sostenere. Per affrontare la ricapitalizzazione di Fondiaria-Sai da 750 milioni, deliberata dal cda della compagnia lo scorso 23 dicembre, Unipol, che nell’operazione è stata seguita dallo studio legale Chiomenti, doterà Premafin delle risorse necessarie attraverso un aumento di capitale. L’importo, in attesa che i bolognesi effettuino la due diligence sui conti della holding, non è ancora stato fissato, ma per seguire pro-quota (35%) l’operazione FonSai, Premafin avrebbe bisogno di circa 260 milioni. E’ dunque possibile che l’aumento di capitale della holding possa essere nell’ordine dei 250-300 milioni.

Non è tutto. Prima di procedere alla fusione tra Premafin, FonSai, Milano Assicurazioni e Unipol Assicurazioni (la compagnia assicurativa non quotata controlla da Unipol), anche la società di Via Stalingrado, che nel futuro organigramma del gruppo (vedere grafico in pagina) fungerà da holding, si doterà delle risorse patrimoniali necessarie a finanziare l’intera operazione e a mantenere un adeguato coefficiente di solvibilità. Secondo gli analisti di Intermonte che venerdì 13 gennaio hanno tagliato il rating sul titolo della compagnia bolognese da «outperform» a «neutral», abbassando il prezzo obiettivo da 0,36 a 0,15 euro, Unipol avrà bisogno di rastrellare una consistente quantità di capitale, probabilmente circa 700-800 milioni. Ma sul mercato c’è chi ipotizza che l’aumento possa essere anche vicino al miliardo. Sempre secondo gli analisti di Intermonte, per come è stata strutturata l’operazione presenta più vantaggi per i creditori delle due compagnie, a cominciare da Mediobanca (che avrà anche un ruolo centrale nell’organizzare le diverse operazioni societarie), che per gli azionisti di minoranza delle stesse «che subiranno un forte effetto diluitivo legato all’aumento di capitale». L’operazione è inoltre condizionata «dal riconoscimento in favore di Unipol, da parte della Consob, della esenzione dall’obbligo di promuovere una offerta pubblica di acquisto sulle azioni di Fondiaria-Sai e Milano Assicurazioni». Esenzione che, sulla base delle consultazioni preliminari con l’autorità di vigilanza, i bolognesi dovrebbero comunque ottenere. Gli azionisti di minoranza di FonSai e Milano, così come quelli di risparmio, saranno invece chiamati in causa al momento di approvare la fusione a quattro. Quello potrebbe essere un momento particolarmente delicato, considerata la complessità nel determinare i concambi di una fusione che interesserà ben quattro titoli quotati (cinque se Premafin non sarà delistata). Nonostante l’elevato grado di complessità, è comunque indubbio che dall’operazione nascerà un campione nazionale delle polizze, secondo nel mercato italiano solo alle Generali, e al primo posto nel ramo danni (11 miliardi di volume d’affari con una quota di mercato del 32,7%) e in particolare nella Rc auto (premi per 6,23 miliardi e quota di mercato del 36,7%). «A nostro avviso», sottolineano gli analisti di Intermonte, «vi è un elevato grado di rischio nell’esecuzione del piano sul versante industriale. Mettendo insieme diverse reti di distribuzione e approcci manageriali non sarà un compito facile. C’è anche il rischio associato di una fuoriuscita di agenti, da non minimizzare». L’annuncio dell’operazione è stato comunque bene accolto da Piazza Affari. Nella seduta di venerdì 13, il titolo Premafin si è allineato al prezzo dell’opa (+16,5% a 0,33 euro). Le FonSai ordinarie hanno guadagnato il 5% a 0,68 euro, mentre le rnc si sono apprezzate del 7,75% a 0,42 euro. Segno più anche per le Milano ordinarie (+8,37% a 0,24) e rnc (+12,95% a 0,21 euro). In flessione invece Unipol, che ha perso il 2,39% a 0,19 euro. (riproduzione riservata)