Pagina a cura DI ROBERT HASSAN Lo chiamano chief risk offi cer, in pratica è colui che defi nisce le strategie di gestione e controllo dei rischi di mercato, di credito, di liquidità, legali e operativi, in linea con le strategie e gli obiettivi del gruppo; coordina e supervisiona l’intero processo di enterprise risk management che ha l’obiettivo di garantire un contesto di rischi controllato e affi dabile. Il chief risk officer, come attuatore della regolamentazione, gioca un ruolo rilevante anche nella prevenzione di situazioni di crisi: monitora e misura l’esposizione al rischio e assicura e gestisce la relativa reportistica periodica e il fl usso informativo al top management. Questa figura deve avere una conoscenza dell’organizzazione del business assicurativo, dei modelli di valutazione come definiti dall’economia finanziaria e dalle scienze attuariali, una competenza nell’analisi dei dati aziendali e di mercato. Deve possedere, inoltre, sensibilità organizzativa per gestire i processi di elaborazione e conoscenze informatiche. Il curriculum universitario che maggiormente si adatta alle competenze in questione è generalmente quello dell’attuario, figura professionale di tradizione consolidata nel settore che associa alla conoscenza assicurativa la cultura della matematica fi nanziaria, statistica e attuariale. Tuttavia occorre che, soprattutto dal punto di vista del metodo, le competenze tradizionali siano integrate da una «cultura della gestione dell’incertezza », soprattutto derivata dal calcolo delle probabilità che rappresenta la base di un corretto approccio ai problemi dei mercati fi nanziari e del controllo dei rischi. Questo professionista, in una compagnia assicurativa, è una fi gura ben diversa dal risk manager di aziende industriali che invece svolge un’attività relativa all’individuazione di tutti i rischi che l’azienda può correre, alla loro misurazione e alla ricerca delle migliori coperture assicurative sul mercato. Il chief risk officer sta assumendo un importante ruolo all’interno delle compagnie assicurative a seguito dell’implementazione della normativa europea sui criteri per garantire la solvibilità delle imprese di assicurazione. Poiché per calcolare valori e rischi dei prodotti assicurativi è necessaria la precisa formalizzazione delle clausole contrattuali, l’approfondita conoscenza delle fonti di rischio che caratterizzano i contratti potrà essere un potente antidoto anche per future situazioni di turbolenza dei mercati. Il problema del trattamento di questi rischi è assunto come un elemento centrale nella gestione d’impresa, tanto che intorno alle questioni del rischio va costruito l’intero modello organizzativo della società, quello che normalmente viene defi nito «modello interno». Gli indirizzi europei stabiliscono infatti che ogni compagnia debba dotarsi di un modello interno, ovvero di un insieme di dati, algoritmi e processi di calcolo che consentano di dare la posizione dell’impresa in termini di profi ttabilità e di rischio, secondo i canoni della valutazione coerente con i principi della direttiva europea, denominata Solvency II. Nella società contemporanea, caratterizzata da un quadro di riferimento estremamente variabile e da una notevole velocità di evoluzione, si devono mettere in discussione le relative certezze date dalla statistica, basata sull’osservazione del passato e sulla previsione che il futuro si ripeterà in analoghi modi. La fi nalità dell’assicurazione è infatti quella di fornire una «garanzia», ovvero di eliminare gli effetti pregiudizievoli derivanti dalla presenza di un rischio. I rischi da tenere sotto controllo vanno da quelli fi nanziari a quelli legati agli impieghi, all’evoluzione dei mercati, alla concorrenza, a quelli tipici della compagnia che si corrono nel sottoscrivere i contratti, fi no agli eventi naturali che possono infl uire sulla normale operatività dell’impresa. Questa complessa problematica è affi data dunque al chief risk offi cer, che è diretta emanazione del Consiglio di Amministrazione dell’impresa e ne rappresenta il naturale presidio in ordine alle strategie del rischio. © Riproduzione riservata

Retribuzione minima da 90 mila €

Il chief risk offi cer controlla quindi che l’intero processo sia in coerenza con le linee guida dell’istituto assicurativo e conforme alla regolamentazione e alla normativa. È un ruolo che deve avere autonomia e indipendenza sia a livello gerarchico che funzionale. Infatti, generalmente, questa fi – gura, nella maggior parte dei casi, riporta direttamente al chief executive offi cier o al direttore generale. Gestisce strutture relativamente piccole, dunque nella maggior parte dei casi operano due-quattro persone. È un manager di primo livello che può rivestire la qualifi ca di direttore. Ha una remunerazione fissa piuttosto elevata che oscilla in funzione dell’azienda e della collocazione nella struttura. La sua retribuzione lorda annua varia da un minimo di 90 mila euro a un massimo di 150 mila euro. È comunque una professione che vedrà in molti casi una crescita dimensionale nel prossimo futuro. Può provenire da esperienze in revisione, in fi nanza o in aree di pianifi cazione e controllo. Il chief risk offi cer è in genere un professionista senior, con una sofi – sticata e rigorosa cultura fi nanziaria e con forti doti relazionali. Negli ultimi anni la gestione tecnica delle compagnie assicurative è stata particolarmente complicata a seguito di una sinistrosità sociale cresciuta rispetto al passato. La gestione fi nanziaria, d’altra parte, ha visto risultati negativi a causa della crisi che ha colpito i mercati fi nanziari globali. A queste si aggiungono una regolamentazione e una normativa sempre più complesse che coinvolgono gli ambiti di risk management, compliance e legale. È in questo contesto che il ruolo del chief risk offi cer si fa sempre più cruciale, in quanto più integrato nel business, nella pianifi cazione strategica e nelle tematiche legate all’ottimizzazione della redditività.

Capacità manageriali a 360°

Il chief risk offi cer è il responsabile verso la direzione della qualità tecnica del suo adeguato funzionamento, ovvero della defi nizione degli schemi informativi che sintetizzano i risultati dei calcoli in modo coerente alle fi nalità del business. È una fi gura professionale relativamente nuova ed emergente, in seguito all’emissione della direttiva europea Solvency II. «Questo profilo è in profonda e costante evoluzione: alla base di tutto i mutamenti in atto nelle normative nazionali (nuovo codice assicurazioni private e vari regolamenti Isvap) e in quelle europee per le imprese di assicurazione, che entro il 2013, partenza operativa nel 2014, devono adeguarsi alla direttiva Solvency II, sorella in ambito assicurativo di Basilea II in quello bancario/fi – nanziario», spiega Enrico Pedretti, direttore marketing di Manageritalia, associazione di dirigenti, quadri e professional del terziario. «E se questa direttiva impone alle aziende di accrescere le competenze in tema di risk management, questo è soprattutto compito e responsabilità del chief risk offi cer, che dovrà svilupparlo, sia in termini di misurazione/ controllo, sia come gestione integrata del rischio. Di certo, oltre all’evoluzione delle normative c’è il contestuale mutamento del contesto esterno sempre più discontinuo, mutevole e, a fronte delle varie crisi fi – nanziarie e non, ad altissima rischiosità. Questo ha imposto e impone a questa fi gura professionale una notevole evoluzione in ambito tecnico – specialistico, tant’è che sono nati specifi ci percorsi formativi e anche master. È, infatti, indubbio che bisogna affrontare al meglio le sempre più frequenti sfi de che contesto esterno e normative impongono. Ma è altrettanto chiaro che per farlo, visto l’impatto in termini innovativi sui modelli di business delle compagnie, è necessaria, oltre alla competenza specialistica, una notevole capacità e competenza manageriale per gestire e interloquire al meglio sia all’esterno che all’interno dell’azienda e controllare l’intero processo e le persone che direttamente e/o indirettamente sono coinvolte. Quindi, oltre salde competenze finanziarie, occorre avere capacità manageriali a 360 gradi, leadership, visione strategica e capacità di gestire, a seconda delle dimensioni aziendali nelle quali opera, una più o meno folta squadra di collaboratori interni e esterni», conclude Pedretti.