RAINER MASERA

L’esigenza di analisi indipendenti sul merito di credito dei titoli trattati sui mercati finanziari è evidente. La storia della rating agencies è in realtà molto lunga e risale a una società americana, Dun & Bradstreet, Inc nel 1849. 
Oggi le agenzie di rating hanno assunto un ruolo cardine e quasi regolamentare nei mercati finanziari, anche perché i successivi modelli di regolazione bancaria di Basilea ne hanno esaltato il ruolo. I rating espressi da ciascuna agenzia sintetizzano, secondo una scala alfa numerica, il merito di credito di un titolo. La scala di rating alfa numerici è convertibile in una metrica di probabilità puntuali di inadempienza (default). 

Il passaggio suddetto non è automatico e le valutazioni numeriche non sono le stesse per le diverse agenzie. Solo come ordine di riferimento, si può associare a una tripla A una probabilità di inadempienza nell’arco di 5 anni di 1 su 600, la probabilità associata alla tripla B è di 1 su 30, alla doppia B, ovvero la prima classe così detta NonInvestment Grade, di 1 su 10. Come si vede il decadimento delle probabilità è molto rapido, si comprende quindi come il premio a rischio richiesto dagli investitori sia molto sensibile al rating. 
I rating erano tradizionalmente dati a titoli di società. Oggi hanno assunto un ruolo preminente quelli sul debito sovrano, anche perché vige la regola di fatto che nessuna entità – e in particolare nessuna banca di un paese possa avere un rating superiore a quello del paese di origine. 
Si è nell’ultimo decennio affermato un altro mercato che offre indicazioni sul merito di credito e sulla associata probabilità di default di titoli e stati sovrani, quello dei Credit Default Swap (CDS).
In particolare è esploso il mercato dei Credit Default Swap sovrani, in cui venditori di protezione offrono “assicurazione”, dietro pagamento di un premio, per coprire il rischio di default dello Stato di riferimento. Esistono complesse relazioni operative e analitiche fra le probabilità di default ottenute dai rating e sui mercati dei derivati, ma sussistono altresì potenti meccanismi di arbitraggio.
È evidente, ma non alle autorità di regolazione, che occorrono regole coerenti che disciplinino il funzionamento dei due mercati, a meno di non ritenere che i mercati siano sempre e comunque efficienti, razionali e in grado di autoregolarsi. Questa esigenza di un approccio olistico che doveva investire simultaneamente sorveglianza macro e micro prudenziale, riforma degli standard di Basilea e riesame generale del funzionamento delle società di credit rating e dei derivati era chiaramente indicata nel Rapporto de Larosière, ma era anche sottolineata nel DoddFrank Act negli Stati Uniti. Nei fatti l’approccio unitario non si è realizzato e abbiamo oggi creato un sistema estremamente pericoloso. Invece di favorire la stabilità finanziaria l’operatività delle rating agencies e i derivati sovrani esaltano il rischio endogeno e l’instabilità finanziaria, anche a seguito delle nuove regole sul capitale delle banche. 
La problematica della regulatory capture è alla radice delle discrasie qui rilevate nella realizzazione di un approccio integrato e coerente alla regolazione dei diversi segmenti del sistema finanziario globale. In particolare in Europa, anche a seguito delle sollecitazioni del Rapporto de Larosière , da oltre 2 anni la Commissione e il Parlamento europeo hanno proposto forme di disciplina dei due segmenti che, ripeto, hanno evidenti punti di contatto, senza successo. 
Il cosiddetto mercato assicurativo dei CDS sovrani è un falso mercato, non risponde ai canoni elementari di un vero contesto assicurativo. L’offerta di protezione è fornita da banche che utilizzano i derivati sovrani con evidenti riflessi di azzardo morale, in quanto rinviano il costo ultimo di eventuali fallimenti sulle finanze pubbliche. Con questo si vuol sottolineare che i segnali di mercato che derivano dai CDS sovrani sono distorti e distorsivi. Occorre portare questi prodotti su mercati centralizzati con stanze di compensazioni ben capitalizzate.
Concentrandosi sulle agenzie di rating, non può essere disconosciuta l’esigenza di disporre di valutazioni di merito di credito. La questione non è solo quella di non tener conto o di tener scarso conto delle loro indicazioni, come è stato pur autorevolmente suggerito. Il problema deve essere viceversa affrontato contemporaneamente su due fronti. Il primo insiste sui meccanismi per rendere meno potenti i pilastri regolamentari che danno loro tanto potere. La revisione radicale degli standard di Basilea è al riguardo una strada obbligata; ormai i rating sono stati inseriti in un vasto spettro di regole, norme, indicazioni di investimento sulla traccia degli schemi di Basilea. Le regole basate sui rating influenzano quindi i fabbisogni di capitali, le richieste di disclosure, la costruzione dei portafogli e l’insieme delle attività svolte da banche, fondi di investimento, fondi pensione, assicurazioni…
Il secondo fronte è ancor più importante per poter disporre di segnali di mercato affidabili e efficaci: occorre rimuovere il conflitto di interessi che oggi è immanente nel modello delle agenzie di rating.
I rating sono divenuti e sono trattati come un bene pubblico, l’informazione offerta dalle società è pubblicamente disponibile, ma proprio per questo, si devono porre in essere idonee forme di regolazione. A seguito dei lavori del gruppo de Larosière si è superata l’ipotesi di una regolazione su base nazionale in Europa, per affidarla alla Autorità europea sui valori mobiliari. Ma non si è proceduto al necessario riesame approfondito del modello economico delle agenzie di rating del credito, per eliminare i conflitti di interesse che esistono attualmente. Uno degli svantaggi dell’attuale assetto consiste nel fatto che le agenzie di rating del credito sono finanziate interamente dagli emittenti e non dagli utenti, il che costituisce una fonte di conflitti di interesse. Le modalità di passaggio dall’attuale modello, in cui è l’emittente a pagare ad uno schema in cui sia l’acquirente a pagare, devono essere discusse a livello internazionale. Inoltre occorre riflettere sulle modalità per separare completamente la formulazione dei meriti di credito dalla consulenza indiretta agli emittenti sulla concezione di prodotti complessi.
Le agenzie di rating non rispettano il principio basilare che è quello di difendere l’interesse del risparmiatore e non quelli degli emittenti. Lo scandaloso intreccio di interessi è emerso con tutta evidenza nella valutazione sollecitata e pagata dagli emittenti dei prodotti strutturati nel mercati dei subprime, alla radice della crisi finanziaria del 2007/2009.
Come ha recentemente sottolineato il responsabile della nuova agenzia di rating cinese, si arriva al paradosso che il principale paese debitore del mondo ha un rating molto migliore del principale paese creditore.
Ci si ammanta spesso, fra le stesse autorità di regolazione, sulla difficoltà di procedere. Ciò non è vero. Le difficoltà non sono tecniche, i lavori preparatori della Commissione de Larosière e i lavori preparatori del Parlamento europeo hanno evidenziato chiare e precise linee guida che consentirebbero di definire rapidamente un modello operativo e funzionale. Le vere difficoltà sono quelle di trovare un consenso politico a livello di Consiglio, anche per gli enormi interessi delle singole parti e delle singole istituzioni finanziarie, che stanno mettendo a repentaglio l’intero sistema.
Le lezioni del 2007/2009 no
n sono evidentemente state sufficienti.