La bassa penetrazione dei prodotti assicurativi è la diretta conseguenza del
ruolo totalizzante che fino ad oggi lo Stato ha sempre svolto nel risarcimento
dei danni subiti per le catastrofi naturali. È un’attività che ha pesato
mediamente per 3 miliardi l’anno sulle casse pubbliche, escludendo il picco
dell’ultimo periodo.

Lo ha detto venerdì il presidente dell’Ania Maria Bianca Farina  durante la conferenza stampa sulle catastrofi naturali.

L’apporto dello Stato per il ristoro dei danni al patrimonio immobiliare privato non è stabilito a priori da leggi o regolamenti. È stato sempre deciso ex post da decreti ministeriali che di volta in volta hanno fissato l’entità dei risarcimenti ‐ nel corso degli anni la percentuale è variata tra il 70 ed il 100 per cento ‐ graduandone normalmente l’intensità per le prime e le seconde abitazioni.

Tutto ciò ha ingenerato la convinzione, diffusa largamente tra l’opinione pubblica, che vi sia una sorta di diritto al risarcimento pubblico. Si tratta di una falsa credenza confermata nella recente quick survey condotta da GfK per conto dell’ANIA.

Il 46% delle famiglie interpellate (la quota supera il 50% nelle regioni del Centro e fra quanti ritengono di abitare nelle zone a rischio sismico o alluvionale) ritiene che lo Stato ha l’obbligo di rimborsare, totalmente o parzialmente, le case danneggiate in seguito ad un terremoto o ad un’inondazione. Peraltro la diffusione di polizze assicurative non gode neppure di incentivi fiscali. In un Paese che da sempre detiene un tasso di proprietà immobiliare tra i più alti d’ Europa quanti decidono di sottoscrivere una polizza subiscono per intero l’imposta prevista sui contratti assicurativi (il 22,25% del premio versato).

Le coperture assicurative che proteggono il patrimonio immobiliare privato sono piuttosto diffuse in Italia. Tra polizze multirischio, quelle individuali del solo incendio e le cosiddette globali fabbricati (i contratti normalmente sottoscritti dai condomini) risultavano attivi al 30 settembre 2016 ‐ sono le conclusioni di un rilevazione condotta dall’ANIA presso le imprese e pubblicata nello scorso mese di settembre ‐ 8,7 milioni di contratti, con somme assicurate pari a 3,344 miliardi di euro, relativi a circa il 40% delle abitazioni del paese. Ma soltanto una quota limitata di questo universo, alla data della rilevazione,
conteneva un‘estensione delle coperture agli eventi catastrofali.

In questo sottoinsieme erano comprese le polizze sul rischio terremoto (188 mila), quelle
sul rischio di alluvione (185 mila) e le polizze che coprivano le due tipologie (62 mila). Fatti i conti si trattava di 435mila contratti assicurativi, pari a circa il 5% delle polizze sulle abitazioni ed a circa il 2% del patrimonio abitativo nazionale complessivo.

In conclusione una casa su 50, in Italia, è coperta da una polizza assicurativa contro i rischi di catastrofi naturali, il terremoto, un’alluvione o entrambi. 

Otto anni fa, nel 2009, la dimensione del mercato assicurativo sui rischi catastrofali era molto più contenuta, non superava i 20 mila contratti. Da allora si sono succedute nel
Paese quasi 40 alluvioni e tre eventi sismici importanti (all’Aquila, in Emilia e nel Centro Italia), ciò ha aumentato nell’opinione pubblica la percezione dei rischi relativi alle catastrofi naturali e, di conseguenza, anche la richiesta di coperture assicurative ad hoc. Allo stesso tempo, però, ancora oggi l’utilizzo di una polizza è circoscritto ad una porzione molto limitata del patrimonio abitativo italiano con un impatto insufficiente quando accadono eventi di significative dimensioni. Sicché il peso dell’opera di ricostruzione continua a gravare quasi interamente sulle spalle della finanza pubblica. Come si è accennato in precedenza non giova all’estensione delle coperture la mancanza di qualsiasi
incentivo fiscale che peraltro, vista la dimensione limitata del mercato, avrebbe
attualmente un costo contenuto per l’erario.

La limitata azione che l’industria assicurativa svolge in caso di un evento catastrofale non va misurata solo direttamente, per il basso ammontare dei risarcimenti che, globalmente, il mercato delle polizze riesce ad far affluire ai danneggiati. Occorre considerare anche l’effetto indiretto che il ricorso allo strumento assicurativo porta sempre con sé.

Ad esempio nell’azione di prevenzione e di ristrutturazione antisismica degli edifici, allo scopo di contenere i premi. Oppure nella velocità dei risarcimenti e nell’equità degli
stessi. Per non parlare delle infiltrazioni della malavita che spesso si accompagnano ai risarcimenti pubblici. È un rischio, assente nel mercato privato, che obbliga l’Amministrazione a porre in essere, come è stato fatto per il recente terremoto del Centro Italia, complesse e costose procedure per assicurare la correttezza e trasparenza dei finanziamenti.

Dallo studio dell’ANIA emergono anche altre indicazioni di rilievo sulle caratteristiche delle polizze. L’estensione delle garanzie alle catastrofi naturali comporta in media un premio assicurativo di 85 euro per abitazione prima delle tasse.

Per quanto riguarda la garanzia principale incendio, il premio medio è pari, sempre prima delle tasse, a 115 euro per abitazione.  Il 72% delle polizze è sottoscritto a “valore intero”, in cui il valore assicurato corrisponde al valore dei beni assicurabili. Per il resto la copertura è prestata con la forma del “primo rischio assoluto” in cui la compagnia copre l’ammontare massimo del danno che l’assicurato ritiene di poter subire in caso di sinistro.

 

Un dato che fa riflettere riguarda, infine, la distribuzione territoriale delle polizze che mostra come la propensione ad assicurarsi non dipenda dal grado di pericolosità delle zone del paese rilevato dalla classificazione sismica al 2015 del Dipartimento della protezione civile.  Infatti, l’80% delle abitazioni assicurate per le catastrofi naturali è situato nel Nord del Paese. Nelle zone invece caratterizzate da una alta o medio‐alta pericolosità sismica si riscontrano le più basse incidenze di copertura. Diversi fattori possono concorrere a spiegare l’asimmetria: ad esempio le maggiori disponibilità economiche delle famiglie del settentrione e la maggiore cultura assicurativa che si manifesta nelle stesse aree caratterizzate, in generale, da una maggiore diffusione degli strumenti assicurativi. Ma certamente va anche considerato, in mancanza di uno schema di protezione nazionale, il ridotto utilizzo della mutualità assicurativa che comporta un premio assicurativo maggiore nelle aree del Paese dove è maggiore il rischio di catastrofi. Anche in questo caso l’utilizzo di appropriati meccanismi fiscali (detrazione dei premi versati e/o annullamento della tassazione sugli stessi premi) sarebbe utile per contenere il gap territoriale tra i premi.

Gli italiani dimostrano di non saperne molto sui rischi associati alle catastrofi naturali e neppure sul sistema dei risarcimenti. Però, d’istinto, sono sempre più preoccupati per il frequente succedersi di terremoti ed alluvioni. E, rispetto al passato, mostrano una crescente propensione a ricorrere allo strumento assicurativo per ottenere una maggiore protezione.

Nello scorso mese di giugno la società di ricerche demoscopiche GfK ha realizzato per conto dell’ANIA un’inchiesta rapida che si proponeva di valutare l’apertura delle famiglie italiane verso una polizza casa a copertura dei danni da catastrofi naturali.
L’esito del sondaggio ha mostrato che le famiglie guardano con crescente attenzione alla possibilità di utilizzare una polizza per coprire i rischi anche se a questa conclusione si giunge al termine di un percorso tortuoso in cui non mancano percezioni distorte.

Dalle risposte al questionario, innanzitutto, gli italiani sembrano convinti dell’esistenza di un’ampia diffusione delle coperture catastrofali. Se il 72% degli intervistati dichiara di possedere almeno un’abitazione, il 34% dichiara di avere la casa assicurata ‐ fino a qui i dati trovano conforto nelle statistiche ufficiali – il 9% che la copertura include anche il rischio catastrofale (e un ulteriore 11% ha il dubbio) mentre la percentuale effettiva di abitazioni protette da questo  genere di pericoli non supera il 2 per cento. A spiegare almeno in parte l’ignoranza contribuisce il fatto che i contratti assicurativi sono spesso
sottoscritti dagli amministratori dei condomini (le cosiddette globali fabbricati)
ed i singoli condomini non ne conoscono con precisione le clausole e le esenzioni.

Sbagliata è anche la percezione del pericolo. Soltanto il 17% ritiene che la propria abitazione sia esposta al rischio di terremoti, una percentuale inferiore a quella effettiva (35%) di oltre la metà.
La terza “credenza”, nel 46% delle risposte, quasi una famiglia su due, è che lo Stato abbia una sorta di obbligo ad intervenire, completamente o parzialmente, per rimborsare i danni subiti dalle abitazioni private in seguito ad una catastrofe naturale. Nel Centro Italia, parte del Paese colpita dal terremoto dello scorso anno, la quota di quanti attribuiscono allo Stato un obbligo di rimborso si attesta al 51% e al 54% fra quanti ritengono di abitare in zone a
rischio.

Al tempo stesso una percentuale non indifferente di famiglie si mostra disponibile a sottoscrivere una polizza assicurativa. La pensano così il 46% di coloro che rispondono purché, aggiungono subito, la polizza garantisca risarcimenti certi, immediati e corrispondenti al valore di ricostruzione della casa. La platea dei favorevoli si allarga, fino a percentuali tra il 60 ed il 76%, di fronte alla proposta di una polizza ad un prezzo contenuto, sottoscritto con una compagnia di fiducia e che la valutazione del danno sia fatto da un soggetto qualificato.

Serve un approccio non più emergenziale ma preventivo e strutturato. Noi siamo pronti a sederci a un tavolo insieme a tutti gli attori interessati per discuterne” ha detto Farina.

Il capogruppo Dem alla Camera, Ettore Rosato, ha fornito una parziale apertura, in ogni caso rinviata l’iniziativa al prossimo esecutivo: “Il primo step è che si assicuri il mondo delle imprese perché spesso ci si dimentica che il terremoto, tra le perdite, comporta anche quella del Pil“.

Dal ministero dello Sviluppo economico, il direttore generale, Mario Fiorentino, ha ipotizzato che per incentivare la sottoscrizione delle polizze, che l’Ania non immagina obbligatorie, ci possano essere detrazioni fiscali.

Nessuno in Italia pensi di essere totalmente al sicuro da rischi anche gravi di catastrofe naturale – ha precisato il presidente dell’Ingv (Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia) Carlo Doglioni. Anche per questo è giusto che la polizza la accendano tutti, per mutualizzare il rischio, come si fa nella sanità”.

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