di Gianfranco Di Rago (con la collaborazione di Giuseppe Bordolli) 

1. Chi può svolgere l’attività di amministratore? I nuovi requisiti previsti dalla legge n. 220/2012.

Corsie ristrette per l’accesso all’attività di amministratore condominiale e via libera alle società. A partire dallo scorso 18 giugno 2013 chi si avvicina a questo settore deve essere in possesso di una serie di requisiti di affidabilità e trasparenza, oltre a dover frequentare un corso iniziale di formazione e corsi periodici di aggiornamento. La formazione professionale rappresenta quindi lo strumento che il legislatore ha individuato per rendere più serio il mercato della gestione dei condomini e allontanarne i soggetti incompetenti e poco motivati. Tanto è vero che la formazione periodica diventa obbligatoria anche per chi ha già svolto in passato l’attività di amministratore, rimanendone esentati soltanto quei condomini che intendano prendersi sulle spalle l’onere della gestione del condominio in cui abitano.

Il nuovo testo di cui alla legge n. 220/2012, oltre a rafforzare prerogative e obblighi dell’amministratore condominiale, ha quindi voluto restringere le modalità di accesso a detta attività, pur senza giungere, come invece sembrava in un primo tempo, all’istituzione di un vero e proprio registro. È infatti da decenni che si parlava della necessità di rendere maggiormente professionale la categoria degli amministratori di condominio, garantendone la formazione e l’aggiornamento. D’altra parte nel corso degli anni detta attività si è pian piano arricchita di nuove attribuzioni e responsabilità che hanno reso sempre più necessario per i condomini rivolgersi a soggetti in grado di svolgere questo compito con professionalità e competenza. In mancanza di norme che disciplinassero questo specifico aspetto, sono state le associazioni di categoria ad assumersi l’onere di formare e aggiornare i propri iscritti, in certo qual modo certificandone il possesso di una serie di competenze di base.

Il nuovo art. 71-bis disp. att. c.c. ha quindi previsto che possano svolgere per la prima volta l’attività di amministratore condominiale – a meno che si tratti di soggetto nominato fra i condomini dello stabile e, quindi, con una procedura per così dire in economia – soltanto quei soggetti che siano in possesso di una serie di requisiti di serietà e professionalità (si veda la relativa tabella).

Si tratta di criteri abbastanza blandi che, tuttavia, possono ritenersi una congrua base di partenza per quanti intendano impegnarsi in questa attività. Da evidenziare la necessità che i nuovi amministratori abbiano conseguito almeno il diploma di scuola secondaria di secondo grado e che siano stati adeguatamente formati allo svolgimento dei propri compiti, obbligandosi altresì a tenersi periodicamente aggiornati mediante la frequentazione di specifici corsi formativi. Resta tuttavia da chiarire se detti corsi, segnatamente quello di accesso allo svolgimento dell’attività, siano riservati alle associazioni di categoria o se possano essere anche organizzati e gestiti da soggetti diversi. Indicazioni più chiare sarebbero auspicabili anche in tema di monte ore obbligatorio e di materie oggetto di insegnamento.

Come si anticipava, è stata poi opportunamente prevista anche una norma di salvaguardia per quanti già svolgono l’attività di amministratore condominiale. Infatti per coloro che possano dimostrare di avere esercitato per almeno un anno nell’arco dei tre anni precedenti alla data di entrata in vigore della legge di riforma del condominio (dunque dal 18 giugno 2010 al 18 giugno scorso), lo svolgimento dell’attività è consentito anche in assenza dei requisiti di cui alle lettere f) e g) del secondo comma del nuovo art. 71-bis disp. att. c.c. Anche in questi casi rimane però l’obbligo di formazione periodica.

La perdita dei requisiti di cui alle lettere a), b), c), d) ed e) (ma non anche di quelli di cui alle lettere f) e g)) di cui sopra comporta la cessazione ex lege dall’incarico, con la conseguenza che i condomini dovranno attivarsi (anche uno solo di essi) per convocare l’assemblea e provvedere alla nomina di un nuovo amministratore.

Con l’art. 71-bis disp. att. c.c. (ma già nel nuovo art. 1129 c.c.) è stato quindi opportunamente chiarito che l’attività di amministrazione condominiale può essere svolta anche dalle società, eliminando ogni residuo dubbio sul carattere personale della relativa obbligazione. In tal caso i requisiti di cui sopra devono essere posseduti dai soci illimitatamente responsabili, dagli amministratori (della società) e dai dipendenti incaricati di svolgere le funzioni di amministrazione dei condomini a favore dei quali la società presta i servizi.

 

I NUOVI REQUISITI

DELL’AMMINISTRATORE

a) godimento dei diritti civilib) assenza di condanne per delitti contro la pubblica amministrazione, l’amministrazione della giustizia, la fede pubblica, il patrimonio e per ogni altro delitto non colposo per il quale la legge commina la pena della reclusione non inferiore, nel minimo, a due anni e, nel massimo, a cinque annic) assenza di misure di prevenzione divenute definitive, salvo che non sia intervenuta la riabilitazioned) assenza di provvedimenti di interdizione o inabilitazionee) assenza di annotazioni nell’elenco dei protesti cambiarif) diploma di scuola secondaria di secondo gradog) frequenza di un corso di formazione iniziale e di attività di formazione periodica in materia di amministrazione condominiale

2. Le attribuzioni dell’amministratore.

Serietà, trasparenza, competenza e maggiori responsabilità. Questo l’identikit del nuovo amministratore condominiale delineato dalla legge n. 220/2012 di riforma del condominio. Nella seguente tabella vengono elencate tutte le novità che riguardano lo svolgimento di questa attività e nei successivi paragrafi verranno quindi approfonditi gli aspetti di maggiore importanza.

 

LE ATTRIBUZIONI

DELL’AMMINISTRATORE

Comunicare ai condomini le proprie generalità, l’indirizzo del proprio ufficio e i giorni e le ore nelle quali è possibile prendere visione della documentazione condominialeAffiggere una targhetta con le proprie generalità e i propri recapiti nel luogo di accesso al condominio o di maggior uso comuneSpecificare analiticamente ai condomini, all’atto dell’accettazione della nomina e del suo rinnovo, l’importo dovuto a titolo di compenso per l’attività svoltaConvocare annualmente l’assemblea condominialeEseguire le deliberazioni assembleariDisciplinare l’utilizzo dei beni e dei servizi comuni in modo da assicurarne il miglior godimento a ciascuno dei condominiRiscuotere i contributi dai condomini entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale il credito esigibile è compresoErogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria dei beni e dei servizi comuniAttivare un conto corrente condominiale sul quale fare transitare le somme in entrata e in uscita afferenti la gestione del condominioCompiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell’edificio condominialeEseguire gli adempimenti fiscali del condominioCurare la tenuta del registro di anagrafe condominialeCurare la tenuta del registro dei verbali delle assemblee, del registro di nomina e revoca dell’amministratore e del registro di contabilitàConservare tutta la documentazione inerente alla propria gestione riferibile sia al rapporto con i condomini sia allo stato tecnico-amministrativo dell’edificio e del condominioFornire al condomino che ne faccia richiesta attestazione relativa allo stato dei pagamenti degli oneri condominiali e delle eventuali liti in corsoRedigere il rendiconto condominiale annuale della gestione e convocare l’assemblea per la relativa approvazione entro 180 giorniOsservare e fare osservare il regolamento condominialeDare immediata notizia all’assemblea condominiale del ricevimento di inviti a un procedimento di mediazione, atti giudiziari e provvedimenti amministrativi per materie che esorbitino dalle sue attribuzioni

 

3. Nomina e revoca dell’amministratore.

Polizza assicurativa obbligatoria per l’amministratore, ma solo se è l’assemblea a richiederlo. È questa una delle più importanti novità introdotte dalla legge n. 220/2012 di riforma della disciplina del condominio negli edifici in tema di nomina dell’amministratore.

La relativa scelta è operata dall’assemblea condominiale con la maggioranza degli intervenuti che rappresenti almeno la metà del valore dell’edificio ed è obbligatoria nel caso in cui i condomini siano più di otto. In questo caso, ove manchi l’iniziativa dell’assemblea, la nomina dell’amministratore deve essere operata dall’autorità giudiziaria su ricorso anche di un solo condomino oppure dell’amministratore uscente. Nell’interpretazione dell’espressione «quando i condomini sono più di otto» si deve comunque continuare a fare riferimento alla vecchia chiave di lettura, che rimanda al numero delle proprietà esclusive intestate ai singoli condomini. Di conseguenza, se due o più appartamenti sono di proprietà della stessa persona, quest’ultima, per quello che qui interessa, sarà considerata come un unico condomino. Inoltre, nel caso in cui un piano o porzione di piano siano intestati a più comproprietari, essendo la proprietà indivisa, questi, ai fini che ci interessano, saranno considerati come un unico condomino (e avranno diritto a un solo voto in assemblea, che sarà esercitato dal rappresentante scelto di comune accordo dagli stessi o, in mancanza, individuato dal presidente dell’assemblea mediante sorteggio).

Come si diceva, una importante novità è rappresentata dalla possibilità che l’assemblea subordini la nomina dell’amministratore alla stipula, da parte di quest’ultimo, di una polizza individuale che copra la responsabilità civile per gli eventuali danni arrecati ai condomini o a terzi nello svolgimento della propria attività. In questo caso, quindi, l’eventuale richiesta dell’assemblea diventa condizione ostativa all’accettazione del mandato da parte dell’amministratore che non sia coperto da un’assicurazione professionale e che non intenda attivarla. In caso positivo, detta polizza deve quindi prevedere dei massimali elastici, in quanto il nuovo art. 1129, comma 4, c.c. prevede che gli stessi debbano essere adeguati ove l’assemblea deliberi dei lavori straordinari. Il relativo adeguamento non dovrà essere inferiore all’importo della spesa deliberata e dovrà essere effettuato contestualmente all’inizio dei lavori.

Una nuova disciplina è stata quindi introdotta per la revoca dell’incarico dell’amministratore. In primo luogo è stato infatti previsto, per garantire una migliore gestione delle vicende legate alla successione dell’incarico, che l’assemblea convocata per la revoca o le dimissioni dell’amministratore deliberi anche in ordine alla nomina del suo sostituto.

La revoca dell’amministratore può ovviamente essere deliberata in ogni tempo dall’assemblea, con la maggioranza prevista per la sua nomina oppure con le modalità speciali eventualmente stabilite dal regolamento di condominio. La stessa può altresì essere disposta dall’autorità giudiziaria, su ricorso di ciascun condomino, nel caso previsto dal quarto comma dell’art. 1131 c.c. (mancata informazione all’assemblea del ricevimento, da parte dell’amministratore, di un atto giudiziario o di un provvedimento che abbia un contenuto che esorbita dalle proprie attribuzioni), ovvero se questi non renda il conto della gestione, ovvero ancora in caso di gravi irregolarità.

Rispetto alla vecchia disciplina di cui all’art. 1129 c.c., merita evidenziare come ora basti anche non rendere il conto di una sola gestione per rischiare di essere revocato dall’autorità giudiziaria, laddove in precedenza la norma parlava di ritardo di almeno due anni nella produzione della rendicontazione contabile. Ancora più apprezzabile la specifica indicazione normativa dei casi di «gravi irregolarità» a fronte dei quali è possibile richiedere giudizialmente la revoca dell’amministratore (si veda la relativa tabella). L’elencazione, come emerge chiaramente dal testo della norma, non è tassativa, ma intende operare una mera ricognizione delle ipotesi più frequenti di grave irregolarità a causa delle quali il legislatore ritiene congrua l’interruzione del rapporto di mandato tra amministratore e condominio. Il nuovo art. 1129 c.c. dispone altresì che in caso di revoca da parte dell’autorità giudiziaria, l’assemblea non possa nominare nuovamente l’amministratore revocato (e questo sempre tutela delle minoranze).

 

I CASI DI REVOCA

PER VIA GIUDIZIARIA

Omessa convocazione dell’assemblea per l’approvazione del rendiconto condominiale, il ripetuto rifiuto di convocare l’assemblea per la revoca e per la nomina del nuovo amministratore o negli altri casi previsti dalla leggeMancata esecuzione di provvedimenti giudiziari e amministrativi, nonché di deliberazioni dell’assembleaMancata apertura e utilizzazione del conto corrente condominialeGestione secondo modalità che possono generare possibilità di confusione tra il patrimonio del condominio e il patrimonio personale dell’amministratore o di altri condominiAver acconsentito, per un credito insoddisfatto, alla cancellazione delle formalità eseguite nei registri immobiliari a tutela dei diritti del condominioQualora sia stata promossa azione giudiziaria per la riscossione delle somme dovute al condominio, l’aver omesso di curare diligentemente l’azione e la conseguente esecuzione coattivaInottemperanza agli obblighi di cui all’art. 1130, numeri 6 (cura e gestione del registro dell’anagrafe condominiale), 7 (cura e gestione degli altri registi dei quali è obbligatoria la tenuta) e 9 (fornire al condomino che ne faccia richiesta attestazione relativa allo stato dei pagamenti degli oneri condominiali e delle eventuali liti in corso)Omessa, incompleta o inesatta comunicazione dei dati anagrafici dell’amministratore e delle altre informazioni i cui al secondo comma dell’art. 1129 c.c.

 

 

4. L’assicurazione per la responsabilità civile e l’assicurazione del fabbricato condominiale.

Attenzione a non confondere il contratto di assicurazione per i danni provocati ai condomini e ai terzi dall’edificio condominiale, ormai quasi sempre stipulato nella forma della c.d. globale fabbricati, con il nuovo obbligo assicurativo dell’amministratore per i danni provocati dallo svolgimento della sua attività (si veda il precedente paragrafo).

Nel caso in cui si intenda procedere alla stipula di un’assicurazione per l’immobile condominiale, essendo necessario effettuare una serie di scelte discrezionali (inerenti, ad esempio, alla clausola della franchigia, al valore da assicurare, agli stessi rischi da assicurare, al premio da corrispondere ecc.), la relativa decisione deve essere adottata dall’assemblea. Inoltre merita di essere precisato che i relativi premi assicurativi devono essere ripartiti tra tutti i condomini in modo proporzionale, facendo riferimento al criterio delle quote millesimali di comproprietà, a meno che il regolamento condominiale non preveda una diversa ripartizione (così, ad esempio, può essere previsto un premio assicurativo più oneroso a carico di un condomino che eserciti nel fabbricato un’attività particolare che comporti l’aggravamento del rischio assicurativo).

Quanto deciso dall’assemblea deve essere poi rispettato dall’amministratore che, nell’eseguire il mandato conferitogli di stipulare la polizza relativa al fabbricato, deve anche attenersi a quanto deciso dai condomini in ordine all’oggetto della garanzia, con la conseguenza che il medesimo risponde in proprio qualora si verifichi un sinistro e la polizza stipulata non preveda il relativo rischio, sebbene l’esigenza della sua copertura fosse stata espressamente deliberata dai condomini. In ogni caso la polizza deve prevedere, tra l’altro, il risarcimento delle somme che l’assicurato (cioè, il condominio) sia tenuto a pagare, quale civilmente responsabile, a titolo di risarcimento per danni involontariamente cagionati a terzi (i condomini, i loro familiari ecc.) per morte, lesioni personali o danneggiamenti di cose in conseguenza di un fatto accidentale (si pensi alla clausola «acqua condotta» o alla clausola «danni da infiltrazioni») verificatosi in relazione alla proprietà del fabbricato e alla conduzione delle parti comuni.

5. La tenuta dei registri obbligatori.

Obblighi più specifici per l’amministratore nella tenuta dei registri del condominio. Il nuovo art. 1130 c.c. impone a quest’ultimo di curare la tenuta del registro dei verbali delle assemblee, del registro di nomina e revoca dell’amministratore e del registro di contabilità. Si badi che nel registro dei verbali delle assemblee devono essere anche annotate le eventuali mancate costituzioni dell’organo assembleare, le deliberazioni, nonché le brevi dichiarazioni rese dai condomini che ne abbiano fatto richiesta. Allo stesso registro deve essere ora allegato il regolamento di condominio, ove adottato dall’assemblea o redatto dall’originario costruttore dell’edificio. Nel registro di nomina e revoca dell’amministratore vanno quindi annotate, in ordine cronologico, le date della nomina e della revoca di ciascun amministratore del condominio, nonché gli estremi del decreto in caso di provvedimento giudiziale. Nel registro di contabilità sono invece annotati, in ordine cronologico, entro 30 giorni da quello dell’effettuazione, i singoli movimenti in entrata e in uscita. Tale registro può tenersi anche con modalità informatizzate e deve essere posta una particolare cura nell’annotare tempestivamente le varie voci perché eventuali dimenticanze potrebbero essere facilmente smascherate da una richiesta di accesso dei condomini alla documentazione condominiale. Come si dirà, infatti, il nuovo comma 2 dell’art. 1129 c.c. ha infatti codificato un vero e proprio diritto di accesso dei condomini alla documentazione condominiale detenuta dall’amministratore (si veda il successivo paragrafo).

L’amministratore ha poi l’obbligo di conservare tutta la documentazione inerente alla propria gestione riferibile sia al rapporto con i condomini sia allo stato tecnico-amministrativo dell’edificio e del condominio (anche detto obbligo era chiaramente già prescritto all’amministratore, rientrando nella normale diligenza che lo stesso doveva osservare nell’adempiere al mandato ricevuto dall’assemblea condominiale, ma la legge n. 220/2012 ha inteso puntualizzarne il contenuto). Il legislatore del 2012 ha inoltre specificato che l’amministratore è tenuto a fornire al condomino che ne faccia richiesta attestazione relativa allo stato dei pagamenti degli oneri condominiali e delle eventuali liti in corso (si tratta, viceversa, di una specificazione molto opportuna per garantire la massima trasparenza a quanti acquistino immobili siti in condominio).

 

I LIBRI OBBLIGATORI

Registro dei verbali delle assemblee (con allegato il regolamento di condominio, ove presente)Registro di nomina e revoca dell’amministratore condominialeRegistro della contabilità condominialeRegistro di anagrafe condominiale

6. L’apertura del conto corrente condominiale e il diritto di accesso dei condomini alla documentazione del condominio.

Conto corrente condominiale accessibile ai condomini, ma soltanto per il tramite dell’amministratore. Con la legge n. 220/2012 è stato messo per la prima volta in chiaro l’obbligo dell’amministratore di attivare un conto corrente specifico intestato al condominio sul quale fare transitare tutte le somme in entrata e in uscita. Questa disposizione risponde evidentemente a un’esigenza di elementare trasparenza nell’amministrazione delle somme di denaro di proprietà altrui.

Tuttavia, fino a oggi, detto fondamentale obbligo di diligenza era stato sostanzialmente rimesso al buon cuore dell’amministratore condominiale o a specifiche indicazioni provenienti dal regolamento o da deliberazioni assembleari. È vero anche che la giurisprudenza aveva man mano ricavato dal dovere di diligenza che deve contraddistinguere l’operato del mandatario un vero e proprio obbligo dell’amministratore di evitare la confusione tra il proprio denaro e quello dei condomini amministrati. Tuttavia, giustamente, il legislatore ha infine inteso prevedere in modo specifico detto obbligo, al fine di rendere più trasparente ed efficiente la contabilità condominiale. Al conto corrente condominiale, che potrà essere sia bancario sia postale, avranno quindi diritto di accedere tutti i condomini. L’accesso, per ovvi motivi di opportunità e sicurezza nello svolgimento del rapporto contrattuale con l’istituto bancario, dovrà comunque essere intermediato dall’amministratore. Al condomino interessato a visionare o avere copia dei movimenti registrati sul conto corrente basterà dunque rivolgere una specifica richiesta, orale o scritta, all’amministratore, allo stesso modo in cui occorre operare per ottenere copia della documentazione afferente la gestione del condominio.

Da questo punto di vista l’accesso al conto corrente rappresenta infatti una concreta applicazione del diritto di accedere alla documentazione del condominio detenuta dall’amministratore in ragione dello svolgimento del suo incarico, diritto codificato dalla legge n. 220/2012, che anche in detta materia ha fatto tesoro dei più recenti sviluppi giurisprudenziali. Come anticipato, infatti, l’art. 1129, comma 2, c.c. obbliga l’amministratore, contestualmente all’accettazione dell’incarico e a ogni suo rinnovo, a comunicare ai condomini i giorni e le ore nelle quali è possibile, previo appuntamento, prendere gratuitamente visione della documentazione condominiale e ottenerne copia firmata, previo rimborso delle spese vive. D’ora in avanti, quindi, gli amministratori non potranno più rifiutarsi di esibire ai condomini la documentazione afferente la gestione del condominio, ma potranno (anzi dovranno) organizzare l’accesso al proprio studio individuando in via generale i giorni e le ore deputati a tale adempimento.

7. La gestione finanziaria del condominio.

Contabilità condominiale senza forme rigorose, ma trasparente e verificabile ex post. Prima della riforma del condomino i giudici hanno ripetutamente affermato come la gestione contabile del condominio non richiedesse forme rigorose analoghe a quelle previste, per esempio, per il bilancio delle società, essendo invece sufficiente che l’amministratore mettesse in evidenza le voci di entrata e di uscita. Questo principio vale anche dopo la legge n. 220/2012, che ha comunque introdotto diverse novità, mirate a ottenere un rendiconto il cui contenuto minimo sia sufficientemente chiaro e completo, senza però imporre modelli di contabilità.

Il legislatore, quindi, non sembra richiedere un eccessivo tecnicismo nella tenuta della contabilità condominiale: ciò anche perché non deve risultare ostacolato il rispetto della chiarezza dei prospetti contabili anche da parte del condomino non abituato a leggere i bilanci. In ogni caso il rendiconto condominiale deve contenere «le voci di entrata e di uscita», nonché «ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale», compresi «i fondi disponibili» e le «eventuali riserve», il tutto espresso in modo da consentire l’immediata verificabilità. In particolare, il rendiconto sarà, in primo luogo, composto da un registro di contabilità, in cui andranno registrate in ordine cronologico, entro 30 giorni dalla loro effettuazione, tutte le operazioni poste in essere. Dunque, sostanzialmente, un libro giornale della contabilità condominiale.

In altre parole il registro di contabilità contiene nel lato passivo tutte le uscite del condominio, che possono essere quelle della gestione ordinaria del periodo, quelle relative al pagamento di debiti relativi a precedenti gestioni (ordinarie o straordinarie) già chiuse o quelle relative a gestioni straordinarie ancora aperte. Dal lato attivo il registro riporta invece tutte le entrate del periodo, che possono essere il versamento da parte dei condomini di conguagli della precedente gestione, rate ordinarie della gestione in corso, rate per gestioni straordinarie in corso ed eventuali entrate relative a canoni percepiti dal condominio per locazione di locali e spazi comuni.

A quanto sopra bisogna aggiungere un riepilogo finanziario, vale a dire un prospetto (a due settori: entrate e uscite) che riepiloghi per voci omogenee i singoli movimenti finanziari intervenuti nell’esercizio (per esempio i versamenti delle quote condominiali) e dal quale sia possibile dedurre l’avanzo oppure il disavanzo della gestione. Inoltre l’amministratore deve predisporre una nota sintetica esplicativa della gestione (in analogia alla nota integrativa prevista per il bilancio delle società di capitali), vale a dire un elaborato nel quale si illustri l’andamento della gestione e i suoi fatti salienti, con particolare attenzione ai rapporti in corso e alle questioni pendenti, redatto in modo da rendere comprensibili tutti i dati riportati nei documenti precedenti. Bisogna poi allegare al rendiconto anche un documento contenente lo stato patrimoniale, mettendo in evidenza i crediti e i debiti in essere, il saldo del conto corrente e dell’eventuale cassa contanti, i fondi e le riserve costituite. Infine, pur se non espressamente previsto dal nuovo art. 1130-bis c.c., si dovrà continuare ad allegare anche unprospetto esplicativo dal quale risulti l’imputazione delle spese a ogni condomino in base alle tabelle millesimali le quali, come spesso accade, potrebbero essere anche diverse in relazione al tipo di spesa (ad esempio una per le spese generali e una per l’ascensore).

Occorre infine segnalare come il nuovo art. 1130-bis c.c. abbia anche previsto la possibilità che l’assemblea, con la maggioranza di cui al secondo comma dell’art. 1136 c.c., nomini un revisore dei conti condominiali per una o più annualità specifiche.

 

IL CONTENUTO DEL RENDICONTO CONDOMINIALE

Registro di contabilità (libro giornale della contabilità condominiale)Riepilogo finanziarioNota sintetica esplicativa della gestione finanziaria

8. Il recupero delle spese dai condomini morosi.

Dalla legge di riforma un nuovo impulso al recupero della morosità condominiale sia migliorando l’efficacia degli strumenti a disposizione dell’amministratore sia tutelando maggiormente la posizione dei comproprietari in regola con i pagamenti, evitando un’eccessiva discrezionalità nelle relative scelte.

In primo luogo merita di essere evidenziata la disposizione di cui all’art. 1129, comma 9, c.c., che obbliga l’amministratore, salvo espressa dispensa da parte dell’assemblea, di perseguire in via esecutiva i condomini morosi trascorsi infruttuosamente sei mesi dalla chiusura dell’esercizio contabile nel quale il credito esigibile è compreso. D’ora in poi l’amministratore non potrà quindi più restare con le mani in mano a fronte dei ritardi accumulati dai condomini e nemmeno potrà privilegiare alcuni di essi nel recupero forzoso dei crediti, dovendo al contrario attivarsi nel predetto termine massimo verso tutti i comproprietari che versino nella medesima situazione.

Il nuovo art. 63 disp. att. c.c. ha poi maggiormente semplificato la possibilità di escludere il comproprietario non in regola con i pagamenti dall’utilizzazione dei beni e dei servizi comuni suscettibili di godimento separato, eliminando il precedente obbligo di specifica previsione da parte del regolamento condominiale. Rimangono però sempre le difficoltà di ordine pratico legate alla realizzazione tecnica dell’intervento di distacco e il rischio di possibili ricorsi giudiziali da parte dei condomini privati dei relativi servizi che lamentino un pregiudizio alla salute. Ragion per cui è consigliabile fare un uso parsimonioso di tale strumento sanzionatorio, ad esempio nei casi di morosità conclamata, al fine quantomeno di limitare il danno patito dalla collettività condominiale.

Importanti novità sono poi state introdotte dagli ultimi commi del nuovo art. 63 disp. att. c.c. in merito al rapporto tra chi acquista e chi vende una proprietà sita in condominio rispetto a eventuali situazioni di morosità. D’ora in avanti, infatti, il condomino che ceda la proprietà dell’immobile resta obbligato solidalmente con l’acquirente per i contributi maturati fino al momento in cui sia stata trasmessa all’amministratore copia autentica del titolo che abbia determinato il trasferimento del relativo diritto. Di conseguenza chi trasferisce la proprietà o altro diritto reale su un immobile in condominio non può disinteressarsi del tutto delle vicende successive, essendo tenuto in via prudenziale a comunicare formalmente all’amministratore la vicenda del trasferimento immobiliare e il conseguente mutamento della compagine condominiale (anche ai fini dell’aggiornamento del registro dell’anagrafe dei condomini tenuto dal medesimo amministratore, come si dirà nel successivo paragrafo). In caso contrario, il condomino che cede il diritto rischierà di essere chiamato al pagamento degli oneri successivi al trasferimento ed eventualmente non versati dall’acquirente.

 

Esempio di lettera dell’amministratore al condomino moroso per informarlo del prossimo distacco dall’impianto comune.

 

Egr. Sig_______

Via ___ n. _______

Oggetto: sospensione erogazione servizi comuni ex art. 63, comma 3, disp. att. c.c.

 

La presente per comunicarle che a far data dal ____. sarò costretto a sospendere l’erogazione del servizio condominiale relativo a ______.., in quanto a oggi non risulta pervenuto il pagamento delle seguenti somme ________________.., dovute a titolo di spese comuni deliberate dall’assemblea condominiale e già sollecitate dal sottoscritto con raccomandata in data _____

In considerazione del fatto che la sua morosità perdura da oltre sei mesi e che in tali casi l’art. 63 disp. att. c.c. prevede la possibilità di sospendere la fornitura dei sevizi comuni suscettibili di godimento separato, la informo quindi che provvederò senz’altro in tal senso, senza ulteriore avviso, qualora entro e non oltre il _____. non mi sarà pervenuta la complessiva somma di . _______ (di cui . ___ per interessi maturati), da Lei dovuta alle casse condominiali.

Resto a disposizione per eventuali ulteriori chiarimenti e precisazioni e porgo distinti saluti. L’amministratore ________

9. La gestione dei beni e dei servizi comuni: a) manutenzione e appalti; b) sicurezza degli impianti.

Lavori condominiali a rischio per via della difficile interpretazione del nuovo obbligo di costituzione del fondo di cui all’art. 1135 c.c.

L’amministratore deve compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell’edificio. Questo significa che il medesimo è tenuto per legge ad attivarsi non solo per compiere gli atti materiali (riparazioni di muri portanti, di tetti e lastrici), ma anche per mettere in atto le iniziative giudiziali indispensabili per la salvaguardia dell’integrità del fabbricato. Naturalmente l’amministratore, salvo diverse disposizioni del regolamento di condominio, può e deve sostenere le spese attinenti alla manutenzione ordinaria senza la necessità di essere preventivamente autorizzato dall’assemblea: infatti rientra nelle sue attribuzioni la manutenzione ordinaria dei beni comuni.

In ogni caso la legge abilita l’amministratore ad ordinare lavori anche di manutenzione straordinaria che rivestano carattere di urgenza, imponendogli solo l’obbligo di riferire all’assemblea nella prima riunione. In altre parole se si tratta di lavori che, sia pure diretti alla più sicura utilizzazione di una parte comune, comportano, per la loro particolarità e consistenza, un onere rilevante, superiore a quello normalmente inerente alla manutenzione dell’edificio, può ritenersi consentita l’iniziativa dell’amministratore in ordine ai lavori stessi, anche senza il preventivo vaglio dell’assemblea, solo se tali lavori rivestono carattere di urgenza e salvo riferirne alla prima assemblea.

L’inosservanza dell’obbligo di comunicare alla prima assemblea l’avvenuta esecuzione di lavori urgenti non preclude però il diritto dell’amministratore al rimborso delle spese riconosciute urgenti, nei limiti in cui il giudice le ritenga giustificate. Del resto l’assemblea può ratificare le spese ordinarie e straordinarie effettuate dall’amministratore senza preventiva autorizzazione anche se non risultano urgenti e, di conseguenza, approvarle, sanando in tal modo la mancanza di una preventiva deliberazione.

In ogni caso, dopo l’entrata in vigore della riforma, l’assemblea, ai sensi del nuovo art. 1135 c.c., deve provvedere alle opere di manutenzione straordinaria e alle innovazioni costituendo obbligatoriamente un fondo speciale di importo pari all’ammontare dei lavori. Non è chiaro però se detto fondo straordinario debba essere interamente versato primo di poter iniziare i lavori o debba essere istituito solo da un punto di vista contabile, in modo che la gestione sia separata rispetto a quella ordinaria, soluzione questa preferibile perché evita di bloccare l’inizio dei lavori a causa della morosità anche di un solo condomino.

Quanto sopra vale sia per le parti comuni sia per gli impianti condominiali. L’amministratore, infatti, nell’ambito del suo mandato è tenuto a curare il rispetto della normativa tecnica e legislativa in materia di sicurezza di tutti gli impianti installati nell’edificio condominiale. Tali adempimenti si rivelano particolarmente impegnativi e rischiosi in quanto il legislatore, nel corso di quest’ultimo decennio, ha aggiornato in modo vertiginoso le normativa in questione, emanando specifiche disposizioni che hanno attribuito a detta figura nuove responsabilità.

Così ad esempio l’amministratore è tenuto a compiere gli atti conservativi che riguardano l’ascensore: in pratica questi deve fare effettuare i periodici controlli che la normativa impone e intervenire (o avere cura che si intervenga) per eliminare eventuali inconvenienti che limitino la sicurezza dell’impianto, arrivando fino a proibirne l’uso ove risulti pericoloso. Da notare che l’amministratore di condominio è tenuto ad affidare a un’azienda qualificata la manutenzione ordinaria dell’ascensore. Tale azienda, oltre ai controlli ordinari, è tenuta a effettuare particolari verifiche, i risultati delle quali devono essere annotati su uno specifico libretto.

Quanto sopra, in buona sostanza, vale anche per l’impianto di riscaldamento, di cui pure è responsabile l’amministratore, a cui spetta l’esercizio, la conduzione, il controllo, la manutenzione e il rispetto della legge. Tuttavia sul piano pratico si deve rilevare come la complessità tecnica delle operazioni necessarie per intervenire sull’impianto comune costringa normalmente l’assemblea a delegarne l’esercizio e la manutenzione a un soggetto terzo responsabile.

Nel caso in cui il condominio voglia affidare l’incarico a un terzo si possono però verificare due problematiche (dpr n. 74/2013, in vigore dal 12 luglio scorso). Ove infatti la caldaia non sia conforme a legge non è possibile delegare il terzo alla sua manutenzione, a meno che nel contratto non gli sia anche conferito l’incarico di procedere alla messa a norma. In caso di inadempimento di tale prescrizione la stessa delibera di affidamento dell’incarico non è valida. In questo caso l’amministratore rimane però pur sempre responsabile dell’impianto. Può poi verificarsi l’ipotesi che soltanto in corso di contratto si rendano necessari degli interventi per il corretto funzionamento della caldaia. In tal caso il terzo deve comunicare per iscritto all’amministratore la necessità di eseguire tali opere. Quest’ultimo, dal canto suo, dovrà convocare un’assemblea per autorizzare l’esecuzione delle stesse. La delibera non sarà però perfezionata ove non siano stanziati anche i fondi necessari per realizzare le opere. In mancanza dei fondi decade però anche la delega al terzo responsabile. Quest’ultimo sarà quindi obbligato per legge a informare di tale circostanza gli organi competenti perché possano procedere agli interventi del caso.

10. La tenuta del registro di anagrafe condominiale.

L’amministratore deve conoscere esattamente chi sono i proprietari delle singole unità immobiliari. La gestione di un aggiornato registro di anagrafe – il nuovo importante adempimento introdotto dalla legge n. 220/2012 – rileva infatti non solo ai fini della convocazione e della gestione dell’assemblea (l’amministratore è infatti tenuto a sapere chi siano i condomini, ovvero i soli soggetti legittimati a partecipare alle riunioni di tale organo condominiale), ma anche per la ripartizione delle spese tra usufruttuario e nudo proprietario, così come per la richiesta di decreto ingiuntivo nei confronti dei condomini morosi e per il conseguente pignoramento immobiliare, oppure per la comunicazione ai terzi creditori del condominio del nominativo dei condomini non in regola con il versamento degli oneri condominiali.

Il nuovo art. 1130, comma 1, n. 6, del codice civile, che riguarda le attribuzioni dell’amministratore, obbliga quindi quest’ultimo a tenere aggiornato un apposito registro dell’anagrafe condominiale, nel quale annotare le generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti reali (ad esempio, l’usufrutto, l’uso e l’abitazione) e di diritti personali di godimento (ad esempio la locazione, comprensive del codice fiscale e della residenza o domicilio dei medesimi, nonché dei dati catastali di ciascuna unità immobiliare e di ogni altra informazione relativa alle condizioni di sicurezza della stessa.

La nuova disposizione codicistica contiene però alcuni obblighi anche per i condomini, in quanto dispone che ogni variazione dei dati contenuti nel predetto registro debba essere comunicata all’amministratore in forma scritta entro 60 giorni dal fatto, in modo da consentire il tempestivo aggiornamento del registro. Questo vuol dire che se l’amministratore potrà giovarsi della diligente collaborazione dei condomini, troverà il suo lavoro enormemente semplificato e non sarà costretto a trasformarsi in una sorta di investigatore privato. Cosa che invece potrebbe accadere in caso di inerzia, mancanza o incompletezza delle predette comunicazioni. In questi casi, infatti, l’amministratore sarà tenuto a richiedere con lettera raccomandata indirizzata al condomino interessato le informazioni necessarie alla tenuta del registro di anagrafe. Decorsi 30 giorni, in caso di omessa o incompleta risposta, lo stesso sarà quindi tenuto ad acquisire diversamente le informazioni necessarie (ad esempio recandosi presso i competenti uffici pubblici o incaricando di tale attività un professionista), addebitandone il costo ai diretti interessati (ovviamente non all’intera compagine condominiale).

Circa le informazioni che dovranno essere contenute nel predetto registro, sta facendo molto discutere la parte relativa alle condizioni di sicurezza delle singole unità abitative di proprietà esclusiva dei condomini. Il legislatore ha probabilmente inteso fare riferimento alle condizioni di sicurezza degli impianti domestici di maggiore pericolosità (caldaia, impianto elettrico ecc.). Se, come ci si augura, l’amministratore potrà contare sulla collaborazione dei singoli condomini che, verosimilmente, attesteranno la conformità a legge degli impianti presenti nei propri appartamenti, non si porrà alcun problema. La questione sarà invece più complicata nel caso in cui tale aiuto dovesse mancare. Se, infatti, un condomino non dovesse comunicare tali informazioni all’amministratore, ci si chiede cosa mai potrà fare quest’ultimo per procurarsele. Potrà assicurarsi altrimenti tali dati, rivolgendosi a soggetti terzi, o dovrà richiedere un accesso nella proprietà del condomino e, ove questo si opponga, procurarsi una sorta di mandato giudiziario, ad esempio attraverso un procedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c.?

Da un altro punto di vista, la tenuta di un aggiornato registro dell’anagrafe condominiale dovrebbe ridurre al minimo i casi di soggetti che soltanto apparentemente rivestano la qualità di condomini. L’introduzione di tale registro è infatti evidentemente finalizzata a garantire una maggiore trasparenza della composizione della compagine condominiale sia nei rapporti interni tra comproprietari e tra questi ultimi e l’amministratore sia nei rapporti esterni con i privati e le pubbliche autorità. Si tratta di una novità che conduce quindi a risultati del tutto opposti a quelli ai quali si giungerebbe facendo applicazione in ambito condominiale del c.d. principio dell’apparenza. Tale principio generale del diritto tutela la buona fede e il ragionevole affidamento dei terzi che un determinato fatto, poiché appare in un certo modo, sussista effettivamente sul piano del diritto così come si è manifestato. In base a tale teoria il soggetto che abbia colposamente concorso a creare una situazione di incertezza nei rapporti con i terzi è chiamato a rispondere dei danni che questi abbiano subito per avere in buona fede fatto affidamento nella situazione che appariva essere quella corrispondente al vero. Si tratta di uno strumento di tutela importante per il terzo in buona fede, che potrebbe subire gli effetti pregiudizievoli dei comportamenti dolosi o colposi del soggetto sul quale abbia fatto affidamento. A dire il vero la posizione della giurisprudenza sulla questione della rilevanza in ambito condominiale del principio generale dell’apparenza è sempre stata oscillante. La soluzione di questo problema, d’altra parte, comporta importanti conseguenze sul piano pratico. Con l’istituzione del c.d. registro dell’anagrafe condominiale, tuttavia, si può concludere che il legislatore, in questo caso in perfetta aderenza con i più recenti approdi della giurisprudenza della Cassazione, abbia indirettamente negato qualsiasi possibile applicazione del principio dell’apparenza nell’ambito dei rapporti giuridici condominiali.

 

COSA DEVE CONTENERE IL REGISTRO DI ANAGRAFE CONDOMINIALE

Generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti reali e di diritti personali di godimento (nome, cognome, codice fiscale/partita Iva, residenza/domicilio ecc.)Dati catastali di ciascuna delle unità immobiliari delle quali si compone il condominio (appartamento ed eventuali pertinenze, quali box ecc.)Dati relativi alla sicurezza delle unità immobiliari delle quali si compone il condominio (il riferimento dovrebbe essere agli impianti presenti nei singoli appartamenti)

11. La convocazione dell’assemblea.

Più attenzione da parte degli amministratori nella redazione e nell’invio degli avvisi di convocazione dell’assemblea condominiale. D’ora in poi, infatti, per il combinato disposto delle nuove previsioni in tema di registro dell’anagrafe condominiale e di tempi e forma dell’avviso di cui all’art. 66 disp. att. c.c., non potranno essere più tollerate comunicazioni spedite ai condomini presso indirizzi diversi da quelli di residenza e/o domicilio dichiarato, oppure rivolte a soggetti che soltanto apparentemente sembrino essere condomini, oppure ancora inoltrate con mezzi di spedizione diversi da quelli previsti dalla legge o pervenuti a un ridosso tale dalla seduta in prima convocazione da non consentire al condomino di giungere adeguatamente preparato in assemblea.

L’avviso di convocazione, che deve essere predisposto dall’amministratore e inviato a tutti i condomini presso la propria residenza o il proprio domicilio, come risultante dall’anagrafe condominiale (che, come si è visto, è specifico obbligo dell’amministratore provvedere a mantenere aggiornata), è finalizzato a consentire la partecipazione dei condomini all’assemblea.

Fino al 18 giugno scorso la legge non prevedeva forme specifiche per l’avviso di convocazione, né particolari modalità di comunicazione dello stesso. Per il principio generale della libertà di forma accolto dal nostro ordinamento, l’amministratore poteva quindi scegliere liberamente il contenuto e le modalità di inoltro dell’avviso di convocazione ai condomini, con il solo limite del raggiungimento dello scopo (a meno che, regola che sembra valida anche a seguito della riforma della disciplina condominiale, il regolamento di condominio contenesse delle apposite previsioni in tal senso, che avrebbero dovuto essere comunque rispettate a pena di annullabilità della deliberazione assembleare). In altri termini era necessario che l’avviso di convocazione contenesse le informazioni sufficienti a rendere i condomini edotti dell’assemblea e li mettesse in condizione di parteciparvi.

Il nuovo terzo comma dell’art. 66 disp att. c.c., facendo anche in questo caso tesoro dei più recenti approdi giurisprudenziali, ha quindi specificato che l’avviso di convocazione debba contenere l’indicazione dell’ordine del giorno, oltre al luogo e all’ora della riunione.

Per quanto riguarda il luogo, si ritiene generalmente che l’amministratore abbia ampia discrezionalità in ordine alla scelta del posto nel quale svolgere la riunione, fermo restando che, per consuetudine, dovrà essere scelta una sede insistente sul territorio comunale nel quale si trova il condominio e dovranno essere individuati dei locali che abbiano le caratteristiche adatte a ospitare i condomini (quanto ad ampiezza, decoro, igiene ecc.). La mancata indicazione del luogo può comportare l’impugnabilità della deliberazione assembleare, ove il condomino per tale motivo non abbia avuto la possibilità di parteciparvi. Nel caso in cui il regolamento di condominio stabilisca a priori la sede deputata allo svolgimento delle assemblee, l’eventuale mancanza di tale indicazione nell’avviso di convocazione potrà invece essere sanata dal richiamo ivi contenuto al regolamento medesimo.

L’avviso di convocazione deve poi contenere l’individuazione del giorno, del mese e dell’anno in cui si terrà l’assemblea. Con la legge n. 220/2012 è stata quindi recepita la prassi correntemente seguita dagli amministratori condominiali di indicare nello stesso avviso di convocazione più riunioni consecutive, in modo da assicurare lo svolgimento dell’assemblea in termini brevi ed evitare inutili aumenti dei costi.

L’avviso di convocazione deve quindi necessariamente evidenziare in modo opportuno gli argomenti che saranno trattati nella riunione assembleare, in modo da consentire ai condomini di prepararsi adeguatamente alla discussione. L’elencazione dell’ordine del giorno deve essere specifica e puntuale, ma non è necessario che sia così analitica da mettere in evidenza eventuali argomenti di carattere preliminare ricompresi nei punti principali oggetto di discussione.

L’avviso di convocazione deve essere comunicato ai condomini almeno cinque giorni prima della data fissata per l’adunanza. Si tratta di una disposizione confermata dalla riforma del condominio per meglio tutelare la posizione dei condomini, in modo da dare agli stessi la possibilità di organizzare i propri impegni per poter presenziare alla riunione e prepararsi in modo adeguato alla discussione dei singoli argomenti posti all’ordine del giorno. Il computo del termine in questione, come confermato dalla legge n. 220/2012, si effettua a partire dalla data fissata per l’assemblea in prima convocazione (che non deve essere conteggiata) e procedendo a ritroso nel tempo. Se, tanto per fare un esempio, l’assemblea in prima convocazione è stata convocata per il 27 marzo, la comunicazione ai condomini dovrà essere effettuata entro e non oltre il 22 marzo. I cinque giorni che il legislatore ha voluto concedere ai condomini per prepararsi alla riunione assembleare devono inoltre essere intesi come pieni. Ne consegue, per riprendere l’esempio precedente, che l’avviso di convocazione dovrà arrivare ai condomini entro e non oltre il 21 marzo, rimanendo imputabili all’amministratore eventuali ritardi dovuti a disservizi postali, come recentemente confermato anche dalla Cassazione (da ultimo con sentenza n. 22047 del 26 settembre 2013).

Il nuovo art. 66 disp. att. c.c. prevede quindi in modo specifico le modalità per l’inoltro dell’avviso di convocazione, richiedendo alternativamente l’utilizzo della posta raccomandata, della posta elettronica certificata, del fax oppure la consegna a mani (con consigliabile ricevuta cartacea del ritiro dell’atto da parte del condomino). La giurisprudenza più recente ha sempre ritenuto che il mancato rispetto del termine di invio dell’avviso di convocazione fosse da ritenere causa di annullabilità e non di nullità della deliberazione assembleare. Alla luce delle novità introdotte dalla riforma della disciplina condominiale in merito alle modalità di impugnazione giudiziale delle deliberazioni assembleari (art. 1337 c.c., di cui si parlerà nel paragrafo successivo), non stupisce che il nuovo art. 66 disp. att. c.c. abbia chiarito in modo espresso che qualsivoglia vizio relativo all’omissione, alla tardività o all’incompletezza della convocazione legittimi il condomino alla mera richiesta di annullamento della conseguente delibera assembleare.

Per quanto riguarda poi la possibilità di conferire a un terzo la delega per la partecipazione all’assemblea condominiale, il nuovo art. 67 disp. att. c.c. individua un ben preciso limite. Infatti nei condomini ove siano presenti più di 20 condomini il soggetto delegato non potrà cumulare su di sé deleghe superiori a un quinto dei condomini e del relativo valore proporzionale. Si tratta di un’indicazione importante per evitare che la discussione e la votazione assembleare possa essere diretta dalla volontà di pochi condomini che, unendo i propri millesimi a quelli degli altri soggetti rappresentati, possano di fatto condizionare la formazione della volontà assembleare. Innovativo poi il divieto assoluto dell’amministratore di ricevere qualsiasi tipo di delega dai condomini, risolvendo così in modo netto tutta una serie di problematiche che hanno occupato per molto tempo dottrina e giurisprudenza.

Nella sostanza, pur non giungendo a negare la possibilità che l’amministratore ottenesse una o più deleghe da parte dei condomini, si riteneva che fosse volta per volta opportuno valutare che quest’ultimo non fosse portatore di interessi personali in conflitto con quelli del condominio e, di conseguenza, dei singoli condomini eventualmente rappresentati (quest’ultimo è infatti pur sempre subordinato all’assemblea e rimane obbligato a rendere a quest’ultima il conto del proprio operato). Si faceva riferimento, ad esempio, alle votazioni riguardanti proprio la persona dell’amministratore (nomina, revoca, conferma) o la ratifica del suo operato (ad esempio l’approvazione del conto della gestione).

È evidente che in casi del genere fosse quanto mai opportuno che l’amministratore, anche se richiesto dai condomini in tal senso, declinasse l’incarico di rappresentanza, pena la possibile annullabilità della deliberazione assembleare.

SCHEMA DI AVVISO DI CONVOCAZIONE DELL’ASSEMBLEA CONDOMINIALE

Egregi Signori Condomini

Loro Sedi

 

Raccomandata A.R./Fax/Posta elettronica certificata

 

Oggetto: Convocazione dell’assemblea condominiale

 

I signori condomini sono convocati per l’assemblea condominiale che si svolgerà in data_…… alle ore …., in prima convocazione, oppure ove la stessa andasse deserta, in data ___….. alle ore …., in seconda convocazione, presso lo studio dello scrivente amministratore sito in __…, via ………, n. …., per discutere e deliberare sul seguente ordine del giorno:

1) conferma dell’amministratore condominiale e approvazione del relativo compenso e ripartizione della relativa spesa o, in alternativa, nomina di un nuovo amministratore, approvazione del relativo compenso e ripartizione della relativa spesa;

2) esame e approvazione del bilancio consuntivo ___. e conseguente riparto;

3) esame e approvazione del bilancio preventivo _____.. e conseguente riparto;

4) varie ed eventuali.

In tale occasione sarà esaminato ogni preventivo che i signori condomini vorranno produrre.

Si invitano i signori condomini a partecipare all’assemblea di persona o, eventualmente, a delegare una persona di fiducia, utilizzando la sottostante delega debitamente sottoscritta o comunque fornendo la stessa di valida delega scritta.

 

Cordiali saluti

L’amministratore condominiale

___……

 

DELEGA ALLA PARTECIPAZIONE ALL’ASSEMBLEA

Io sottoscritto ____.., delego alla partecipazione all’assemblea del __…. (prima convocazione) o del ___.. (seconda convocazione) del condominio «___..», sito in ___…, il signor _________…., approvando fin d’ora il suo operato.

Letto, approvato e sottoscritto.

………, ………..

Firma ____….

12. L’impugnazione delle deliberazioni assembleari e la mediazione c.d. obbligatoria.

L’impugnazione delle delibere condominiali, finalizzata a ottenerne l’annullamento, deve essere necessariamente preceduta da un tentativo di mediazione presso uno degli organismi iscritti in un apposito registro tenuto dal ministero della giustizia e che abbia sede nel luogo in cui si trova l’ufficio giudiziario territorialmente competente per la medesima controversia (dunque in relazione all’ubicazione dell’edificio condominiale). Si tratta di una novità dell’ultima ora, introdotta in sede di conversione in legge del c.d. decreto del Fare, in vigore dallo scorso 20 settembre.

Dal punto di vista dell’amministratore condominiale – fermo restando a sua volta l’obbligo di ricorrere alla mediazione prima di avviare un’eventuale causa contro uno o più condomini, eccezion fatta per le azioni di recupero forzoso degli oneri dovuti dai comproprietari in mora nei pagamenti – questo vuol dire che d’ora in poi occorrerà nuovamente cominciare a prendere confidenza con la relativa procedura. Non bisognerà quindi stupirsi più di tanto nel ricevere l’invito di un organismo alla partecipazione a un incontro di mediazione sollecitato da uno o più condomini. In questo caso l’amministratore, giusto il disposto di cui al nuovo art. 71-quater disp. att. c.c., dovrà prontamente interessare della questione l’assemblea, eventualmente chiedendo all’organismo di mediazione uno spostamento della data dell’incontro per fare in modo che possa prima legittimamente riunirsi il predetto organo condominiale. La partecipazione dell’amministratore alla mediazione in rappresentanza del condominio dovrà infatti essere autorizzata dall’assemblea con la specifica maggioranza di cui all’art. 1136, comma 2, c.c. (maggioranza dei condomini che rappresentino almeno la metà del valore dell’edificio). Quindi, nel caso in cui le parti abbiano individuato con l’aiuto del mediatore un ipotesi di accordo, sarà nuovamente necessario che l’amministratore ritorni in assemblea per ottenerne l’approvazione, con la medesima maggioranza di cui sopra.

Nel caso in cui la mediazione non riesca i condomini potranno quindi adire il competente organo giudiziario. Ma anche in questo caso il nuovo art. 1137 c.c. ha introdotto una serie di importanti chiarimenti. Nella nuova disposizione del codice civile si parla ora espressamente di annullamento delle deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio da promuovere dinanzi alla competente autorità giudiziaria nel termine perentorio di 30 giorni. Nel prendere atto della costante interpretazione fornita dalla giurisprudenza e cercando al contempo di chiarire in via definitiva la questione per via normativa, il legislatore ha quindi specificato che la legittimazione attiva all’impugnazione delle deliberazioni assembleari spetta tanto ai condomini presenti in assemblea e che abbiano votato in senso contrario all’approvazione della delibera quanto a quelli assenti quanto, infine, a quelli che, pur avendo partecipato alla riunione condominiale, si siano astenuti dal voto. Il termine di decadenza di trenta giorni per l’impugnazione della delibera condominiale decorre dalla data dell’assemblea per i dissenzienti e gli astenuti e dalla data di comunicazione della deliberazione per gli assenti.

Con gli ultimi due commi del novellato art. 1337 c.c. si è quindi voluto ulteriormente chiarire la questione della sospensione dell’efficacia della delibera condominiale impugnata. La relativa istanza, secondo i criteri ordinari (artt. 669-ter e 669-quater c.p.c.), può essere proposta tanto in costanza di causa quanto anteriormente alla stessa. Limitatamente a quest’ultimo caso il legislatore ha quindi inteso specificare che l’istanza di sospensione dell’efficacia di una delibera condominiale proposta autonomamente e anteriormente all’avvio della causa di merito non sospende il termine di decadenza di trenta giorni di cui al medesimo art. 1337 c.c. ovvero, detto in altri termini, non equivale all’atto di impugnazione della volontà assembleare. (vedi tabella La nuova mediazione)

13. L’osservanza del regolamento condominiale.

Mano pesante sulle violazioni regolamentari, soprattutto in caso di recidiva. L’amministratore ha fra i suoi obblighi anche quello di curare l’osservanza del regolamento di condominio. In primo luogo questi può agire, se necessario anche giudizialmente, per impedire l’occupazione abusiva di beni comuni o per fronteggiare altre violazioni regolamentari, dallo stendere i panni fuori orario all’esporre targhe senza il preventivo consenso previsto o all’effettuare innovazioni vietate sulle parti comuni ecc. Naturalmente, se le disposizioni del regolamento prevedono in modo chiaro e preciso le attività vietate, il compito dell’amministratore sarà semplificato, dovendosi questi limitare a verificare se una determinata attività rientri o meno nell’ambito dell’elencazione. Così, ad esempio, se nel regolamento è contenuto un divieto di svolgere attività commerciali rumorose e tali da procurare immissioni intollerabili nei locali del condominio, l’amministratore può pretendere che sia interrotta, ad esempio, l’attività di una friggitoria, con propagazione di odori molesti per scale, androni e cortili.

In ogni caso si deve escludere che l’amministratore, per far cessare il comportamento contrastante con il regolamento, possa agire in autotutela, ad esempio abbattendo con mezzi propri la costruzione abusiva o facendo rimuovere l’auto parcheggiata da un condomino nel cortile. Per fare questo occorrerà infatti sempre ottenere uno specifico accertamento giudiziale. Se, poi, per una determinata violazione il regolamento preveda una sanzione pecuniaria, l’amministratore potrà procedere a irrogarla.

A tale proposito la legge n. 220/2012 ha modificato l’art. 70 disp. att. c.c., stabilendo che per le infrazioni al regolamento di condominio possa essere stabilito, a titolo di sanzione, il pagamento di una somma di denaro. Prima della riforma del condominio detto importo non poteva essere maggiore di 100 lire (pari a euro 0,052). Infatti, secondo la Cassazione, si dovevano considerare nulle, in quanto in violazione di una norma di legge, eventuali delibere assembleari che prevedessero sanzioni di importo maggiore. La legge di riforma ha cercato di adeguare la sanzione al diverso contesto socio-economico, portandola fino a euro 200 e, in caso di recidiva, fino a euro 800, somme da destinare al fondo di cui l’amministratore dispone per le spese ordinarie. La sanzione è applicabile esclusivamente in presenza di una esplicita previsione del regolamento, risolvendosi, in caso contrario, in una lesione dei diritti di godimento del singolo condominio sui beni comuni. In particolare, se il regolamento stabilisce una sanzione determinata nell’ammontare per una determinata infrazione, la sua applicazione sarà a cura dell’amministratore.

Meno chiaro è il meccanismo per applicare queste vere e proprie multe in caso di recidiva. La legge di riforma infatti non ha chiarito se la recidiva debba riguardare la stessa norma del regolamento o se la maggiore sanzione possa essere applicata anche a diverse disposizioni. È pacifico ad esempio che il fatto di parcheggiare la propria auto nel vialetto di accesso al caseggiato in presenza di uno specifico divieto previsto dal regolamento comporti l’applicazione di una sanzione destinata ad aumentare qualora la violazione del divieto si ripeta una seconda volta. È invece poco chiaro se lo stesso condomino, sanzionato una prima volta per l’illegittimo parcheggio dell’autovettura, possa essere considerato recidivo anche per la violazione di una diversa disposizione del regolamento, ad esempio per il deposito di cose ingombranti sul pianerottolo antistante la propria abitazione.

14. La responsabilità penale dell’amministratore condominiale.

Sono numerose le ipotesi in cui l’amministratore può essere chiamato a rispondere in sede penale per gli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni. È il caso, ad esempio, dei reati di ingiurie, minacce, diffamazione o calunnia commessi nell’ambito di un’assemblea di condominio. In tali ipotesi l’amministratore risponde sotto il profilo della responsabilità penale al pari di qualunque altro soggetto.

La Cassazione ha recentemente ribadito che l’amministratore non può affiggere i nomi dei condomini inadempienti sulla bacheca del condominio: una tale condotta, infatti, può costituire addirittura diffamazione. Del resto i dati dei singoli condomini debitori hanno pur sempre natura di dati personali, soggetti perciò alla disciplina del c.d. Codice della privacy. Anche se i condomini vantano un interesse giuridicamente tutelato a conoscere la situazione debitoria di ogni singolo proprietario dell’immobile, tale interesse non lo hanno di certo anche i terzi che si trovino a passare, accidentalmente, per gli spazi comuni dell’edificio.

A proposito delle parti comuni bisogna poi ricordare che l’amministratore è penalmente responsabile dei danni e delle lesioni personali subite dai condomini e dai terzi per l’omessa manutenzione delle parti comuni (si pensi ad esempio, ad avvallamenti/ sconnessioni della pavimentazione, che costituiscono una vera e propria insidia o trabocchetto e che ,quindi, devono essere eliminati con urgenza). L’obbligo di attivarsi per eliminare situazioni di pericolo non pu&og