Ai fini della configurabilità del mobbing lavorativo devono ricorrere:

  • una serie di comportamenti di carattere persecutorio – illeciti o anche leciti se considerati singolarmente – che, con intento vessatorio, siano posti in essere contro la vittima in modo miratamente sistematico e prolungato nel tempo, direttamente da parte del datore di lavoro o di un suo preposto o anche da parte di altri dipendenti, sottoposti al potere direttivo dei primi;
  • l’evento lesivo della salute, della personalità o della dignità del dipendente;
  • il nesso eziologico tra le descritte condotte e il pregiudizio subito dalla vittima nella propria integrità psicofisica e/o nella propria dignità;
  • l’elemento soggettivo, cioè l’intento persecutorio unificante di tutti i comportamenti lesivi.

Ne consegue che la ricollocazione del lavoratore a seguito di processo di riorganizzazione dell’intero settore cui era addetto o l’invito a fruire di ferie al fine di ricercare una diversa utile collocazione non integrano alcun intento persecutorio a danno del lavoratore.

Cassazione civile sez. lav., 24/11/2016 n. 24029