di Daniele Cirioli 

Le cattive notizie, si dice, non arrivano mai da sole. Sarà solo un detto, ma in tema di pensioni sembra azzeccarci in pieno; infatti, il nuovo anno riserva (almeno) due brutte notizie a tutti i lavoratori: la prima è che ci vogliono quattro mesi in più per andare in pensione; la seconda è che chi ha la fortuna di andarci, riceverà una pensione più magra rispetto a chi è andato prima all’incirca di un 2%. Le novità sono contenute in due decreti ministeriali che entrano in vigore dal 1° gennaio 2016: il dm 16 dicembre 2014 che adegua tutti i requisiti di tutte le pensioni alla c.d. «speranza di vita»; il dm 22 giugno 2015 che fissa i coefficienti di calcolo delle pensioni validi nel triennio 2016/2018.

Come se ciò non bastasse, c’è poi da aggiungere il nuovo step di aumento dei requisiti per la pensione già programmato dalla riforma Fornero (la legge n. 214/2011): una batosta vera e propria per le lavoratrici donne, autonome e dipendenti del settore privato. Per loro, infatti, il requisito d’età per mettersi a riposo, dal prossimo 1° gennaio 2016, sale di 1 anno e 4 mesi (autonome) e di 1 anno e 10 mesi (dipendenti del privato), sommando gli effetti della riforma Fornero e quelli della nuova speranza di vita. A conti fatti, per mettersi in pensione dal 2016, la lavoratrice dipendente di un’azienda dovrà avere 65 anni e 7 mesi d’età (bastano 63 anni e 9 mesi fino al 31 dicembre), mentre la commerciante dovrà avere 66 anni e 1 mese (64 anni e 9 mesi fino al 31 dicembre). Carta e calamaio, vediamo dunque quando e con quanto si può andare in pensione dal prossimo anno.

LE NOVITÀ DEL 2015

Il cantiere delle pensioni non chiude mai. Lo abbiamo visto nella caldissima estate scorsa, con la consegna di numerose novità. La sentenza della corte costituzionale n. 70/2015, per esempio, che ha riconosciuto il diritto ai pensionati a ricevere arretrati per la mancata rivalutazione del biennio 2012/2013 (a dire il vero si è trattato del «ridimensionamento» del diritto a ricevere in «pieno» la mancata rivalutazione); o l’anticipo al 1° giorno del mese del pagamento delle pensioni o ancora la «sterilizzazione» degli effetti negativi della crisi sul calcolo delle pensioni. Vediamo le principali.

 

Pensioni pagate il primo del mese

Dal 1° luglio (doveva essere 1° giugno), tutte le pensioni sono pagate dall’Inps il primo giorno del mese. È l’art. 6 del decreto legge n. 65/2015, convertito dalla legge n. 119/2015 (il decreto sulla sentenza della Consulta n. 70/2015) ad aver disposto che, dal 1° giugno 2015, pensioni, assegni, indennità di accompagnamento e altro erogato agli invalidi civili, nonché le rendite vitalizie dell’Inail erogate dall’Inps vanno messi a pagamento il primo giorno di ciascun mese. Nel caso il giorno 1 cada in giorno festivo oppure non bancabile, l’erogazione slitta al giorno successivo, fatta eccezione per il mese di gennaio 2016 in cui il pagamento avverrà il secondo giorno bancabile; mentre a decorrere dall’anno 2017 i pagamenti saranno effettuati il secondo giorno bancabile di ciascun mese.

La piena e completa «armonizzazione» della data di pagamento, però, ha fatto sapere l’Inps (messaggio n. 3519/2015), è scattata soltanto dal 1° luglio (non dal 1° giugno), a causa dei tempi ristretti tra l’approvazione della nuova norma e il termine della prima scadenza di pagamento delle pensioni, che non ha consentito di unificare tutti i pagamenti in capo al medesimo soggetto. Il ritardo di un mese (da giugno a luglio) c’è stato, in particolare, per i titolari di più pensioni, i quali ricevono un solo assegno cumulativo a partire dal 1° luglio.

A decorrere da giugno, quindi, è stata unificata al primo giorno del mese la data di pagamento per tutte le gestioni dell’Inps, ossia anticipando i pagamenti delle pensioni delle gestioni spettacolo (che prima erano effettuati il giorno 10 del mese) e delle pensioni delle gestioni pubbliche (che prima erano effettuati il giorno 16 del mese). L’Inps, inoltre, ha precisato che il pagamento al primo giorno del mese interessa anche le pensioni in pagamento all’estero, ferma restando la cadenza bimestrale con pagamento posticipato per le pensioni delle gestioni spettacolo corrisposte a beneficiari residenti all’estero.

La novità è arrivata ad appena cinque mesi di distanza dalla simile novità introdotta dalla legge di Stabilità per il 2015 (legge n. 190/2014), relativa all’anticipo al giorno 10 di ogni mese del pagamento delle pensioni per i «pluri-pensionati» . Infatti, dal 1° gennaio 2015, l’Inps paga soltanto in questo giorno ovvero il giorno successivo, se festivo o non bancabile (sabato e domenica), con pagamento cumulativo unico, chi percepisca più trattamenti: pensioni, indennità, assegni e via dicendo.

La novità non aveva comportato modifiche, invece, alle date di pagamento delle pensioni quando si trattava di un’unica pensione, che continuava a essere erogata:

il giorno 1 di ciascun mese per le gestioni Inps (pensioni, indennità ecc.);

il giorno 10 di ciascun mese per le gestioni dello spettacolo e degli sportivi professionisti;

il giorno 16 di ciascun mese per le gestioni dei lavoratori del pubblico impiego (ex Inpdap).

 

Tetto alle pensioni d’oro

Dal 1° gennaio 2015, i lavoratori occupati prima del 1996 non possono maturare né intascare una pensione d’importo superiore a quella calcolata interamente con la regola retributiva anche se nell’ultima parte della vita lavorativa sono stati soggetti al regime contributivo (legge di Stabilità 2015). La disposizione ha corretto un’anomalia manifestata dalla riforma Fornero dopo l’estensione, a partire dal 2012, della regola contributiva a tutti i lavoratori. In pratica succedeva che, in presenza di alte retribuzioni, ai lavoratori dell’ex regime retributivo faceva maturare pensioni più alte di quelle che avrebbero ricevuto se fossero rimasti con il vecchio regime retributivo (come dire: stavano bene e dopo la riforma Fornero stavano ancora meglio, in barba ai principi di spending review di riforma).

La disciplina delle pensioni distingue due categorie di lavoratori: i «vecchi», quelli che hanno iniziato a lavorare prima del 1° gennaio 1996; i «giovani», quelli che hanno iniziato a lavorare da tale data. Fino al 31 dicembre 2011 i vecchi hanno fatto parte del regime retributivo o misto di calcolo della pensione, a seconda che avessero o meno di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995. I giovani appartengono da sempre (cioè dal 1996) al regime contributivo. Con la riforma Fornero, dal 1° gennaio 2012, tutti i lavoratori, vecchi e giovani, rientrano nel regime contributivo: ai vecchi la pensione è calcolata in parte con la regola retributiva (anzianità al 31 dicembre 2011), in parte con quella contributiva (anzianità dal 1° gennaio 2012); ai giovani la pensione è tutta calcolata con la regola contributiva.

Per i giovani, inoltre, i contributi si pagano fino a un certo importo di retribuzione, pari a 100.324 euro: oltre non si pagano contributi, ma non si matura neanche la pensione. Perciò il giovane che guadagna 200mila euro paga i contributi fino all’importo di 100.324 euro e anche la sua futura pensione sarà calcolata fino al corrispondente (ridotto) montante contributivo.

Lo stesso limite non valeva ai vecchi lavoratori: e questa era l’anomalia della riforma Fornero. Perché il vecchio dipendente che guadagna 200 mila euro, che nel regime retributivo avrebbe potuto maturare una pensione massima (con il massimo d’anzianità di 40 anni) di 160 mila euro (l’80% dell’ultima retribuzione), con il sistema contributivo si trovava a poter maturare una pensione più alta, perché svincolata dal tetto di contribuzione (100.324 euro) e svincolata pure dagli anni di contribuzione (che, invece, possono arrivare a 40 nel regime retributivo). Nel dettare le istruzioni operative (circolare n. 74/2015), l’Inps ha precisato che il «tetto»:

si applica a tutti i soggetti iscritti all’Ago (assicurazione generale obbligatoria) e alle forme sostitutive ed esclusive della stessa, che al 31 dicembre 1995 hanno un’anzianità contributiva pari o superiore a 18 anni (quindi appartengono al vecchio regime «retributivo» delle pensioni);

non si applica alle pensioni d’inabilità.

L’Inps inoltre ha fornito i dettagli dell’operazione di applicazione del «tetto» , che consiste in un doppio calcolo della pensione: l’importo più basso è quello spettante ed erogato al pensionato.

I due criteri di calcolo delle due pensioni da mettere a confronto sono i seguenti:

pensione calcolata con i vigenti criteri della riforma Fornero, cioè calcolo retributivo per le anzianità maturate al 31 dicembre 2011 e calcolo contributivo per le anzianità maturate dal 1° gennaio 2012;

pensione calcolata interamente con il calcolo retributivo per tutte le anzianità maturate, sia prima sia dopo il 31 dicembre 2011, anche oltre i 40 anni massimi di contributi.

Come detto, la pensione spettante sarà quella che dal raffronto risulterà di importo minore.

 

Il pil negativo non deprezza la pensione (ma solo per il 2015)

La crisi riduce le pensioni. La scarsa crescita del Pil, infatti, si ripercuote sulla rivalutazione dei contributi versati all’Inps, che serviranno un domani a calcolare la pensione contributiva. Lo sa bene chi è andato in pensione nel 2015, perché ha avuto la cattiva sorpresa di non avere alcuna rivalutazione dei contributi versati fino al 2013. Tutto sommato, la notizia è positiva; perché il coefficiente di rivalutazione sarebbe dovuto essere addirittura negativo (0,998073%, cioè inferiore a 1, che avrebbe ridotto cioè svalutato i contributi); ma l’Inps ha stabilito di applicare un tasso pari a 1, così «sterilizzando» l’effetto negativo (quindi niente rivalutazione, ma neppure una svalutazione). Quest’operazione che l’Inps aveva deciso autonomamente in via amministrativa è stata sistemata da una norma: l’art. 5 del dl n. 65/2015, convertito dalla legge n. 119/2015, con una novità però: prevede il «recupero da effettuare sulle rivalutazioni successive» del tasso negativo che non viene applicato. In particolare, poiché per l’anno 2015 il coefficiente applicato è 1 in luogo di un valore inferiore (0,998073), nel 2016 il coefficiente che sarebbe dovuto essere 1,005331 sarà ricalcolato (diminuito) in 1,003394, recuperando così la sterilizzazione del tasso negativo del 2015. Insomma, chi è andato in pensione nel 2015 non ha subito alcuna penalizzazione, perché di questa penalizzazione se ne farà carico chi andrà in pensione dal 1° gennaio 2016.

 

Stop agli «arrotondamento» dei requisiti per la pensione

La notizia è dell’Inps (messaggi n. 2974/2015 e n. 3305/2015): alle pensioni con decorrenza successiva al 30 aprile 2015 (cioè dal 1° maggio), il requisito dell’anzianità contributiva deve essere calcolato per intero. Il principio vale, in particolare, dalla riforma Fornero (vale a dire dai contributi accreditati dal 1° gennaio 2012): se servono 20 anni di contributi, è necessario che siano maturati tutti e 20 gli anni per intero, senza possibilità di arrotondare all’eventuale frazione di mese. Uniche eccezioni: i salvaguardati, le pensioni d’inabilità, l’opzione donna e chi ha 40 anni al 31 dicembre 2011.

L’Inps ha fornito i chiarimenti in seguito ai quesiti formulati sul significato dell’espressione «maturazione dei requisitiper il pensionamento» usata di norme di legge, che riguardano i lavoratori iscritti alle gestioni esclusive dell’Ago. Si tratta, in pratica dei dipendenti pubblici, i soli ai quali i contributi sono ancora calcolati in anni, mesi e giorni e, in particolare, degli iscritti al fondo speciale del personale dipendente dalle ferrovie dello stato e al fondo di poste. L’Inps ha spiegato che nella determinazione dell’anzianità di contribuzione necessaria al conseguimento del diritto alla pensione con i nuovi requisiti della riforma Fornero (legge n. 214/2011), nonché con il sistema delle c.d. quote, non si deve operare alcun arrotondamento per eccesso o per difetto alla frazione di mese dal momento che l’anzianità stessa deve essere interamente maturata (arrotondamento previsto all’art. 59, comma 1, lett. b, della legge n. 449/1997). L’arrotondamento, invece, continua a operare solo nelle seguenti predeterminate ipotesi:

regime sperimentale «opzione donna» (servono 35 anni, ma basta maturare 34 anni, 11 mesi e 16 giorni);

40 anni al 31 dicembre 2011 (basta maturare 39 anni, 11 mesi e 16 giorni);

«salvaguardati» che raggiungono il diritto alla pensione con 40 anni di contributi a prescindere dall’età (bastano 39 anni, 11 mesi e 16 giorni);

pensioni d’inabilità (fatta eccezione di quella dell’art. 2, comma 12 della legge n. 335/1995).

Lo stop all’arrotondamento si applica alle pensioni decorrenti dopo il 30 aprile 2015. Pertanto, i criteri di arrotondamento prima in uso continuano a trovare applicazione nelle seguenti situazioni:

nei confronti di coloro che al 30 aprile 2015 abbiano già risolto il rapporto di lavoro o abbiano un preavviso in corso;

nei confronti di tutti i soggetti salvaguardati o salvaguardabili a normativa vigente, compresi quelli che accedono alla pensione con il sistema delle c.d. quote.

 

Stop alla «penalizzazione» prima dei 62 anni

La legge di Stabilità 2015 ha sospeso, fino al 31 dicembre 2017, il particolare meccanismo punitivo previsto a carico di chi possa avere accesso alla pensione prima dei 62 anni di età. Il maccanismo prevede che, sulla quota di pensione calcolata con il sistema «retributivo» , venga applicata:

una riduzione dell’1% per ogni anno di anticipo nell’accesso alla pensione rispetto all’età di 62 anni (e fino a 60 anni);

una riduzione del 2% per ogni anno ulteriore di anticipo rispetto a due, cioè prima dei 60 anni.

All’atto pratico, la riduzione è dell’1% per ognuno degli ultimi 2 anni mancanti al compimento di 62 anni (per esempio il lavoratore che accede alla pensione anticipata a 60 anni subisce una riduzione del 2%, ovvero, 1% + 1%) e del 2% per ciascuno degli anni mancanti al compimento dei 60 anni (per esempio il lavoratore che accede alla pensione anticipato a 58 anni subisce una riduzione del 6%, ovvero, 1% + 1% + 2% +2%). Nel caso in cui l’età di pensionamento non sia intera la riduzione percentuale è proporzionale al numero di mesi.

La penalizzazione non ha trovato applicazione, fino al 31 dicembre 2014, con riferimento ai soggetti che hanno maturato il requisito contributivo valutando esclusivamente prestazioni effettive di lavoro, nonché i periodi di astensione obbligatoria per maternità, per obblighi di leva, infortunio, malattia e cassa integrazione guadagni ordinaria. Dal 1° gennaio 2015 e fino al 31 dicembre 2017 la penalizzazione non trova applicazione, a prescindere dalla tipologia di contribuzione.

L’Inps ha fornito le istruzioni operative con la circolare n. 74/2015, precisando prima di tutto che i lavoratori interessati sono esclusivamente quelli in regime misto delle pensioni, quindi con almeno 18 anni di versamenti contributivi al 31 dicembre 1995. In secondo luogo, l’Inps ha spiegato che la penalizzazione non si applica alle pensioni il cui diritto sia maturato tra il 1° gennaio 2015 e il 31 dicembre 2017, anche se la decorrenza della pensione si colloca in data successiva. E che, invece, con riferimento alle pensioni aventi decorrenza anteriore al 1° gennaio 2015 continua a trovare applicazione la penalizzazione secondo la vecchia disciplina.

In terzo luogo, l’Inps ha precisato che a tale «deroga» (la disapplicazione della penalizzazione fino al 31 dicembre 2017) trova applicazione il principio c.d. della «cristallizzazione del diritto a pensione». Tale principio, si ricorda, è finalizzato a tutelare il legittimo affidamento e la certezza del diritto dei lavoratori per cui, una volta perfezionato il diritto alla pensione in base al requisito contributivo richiesto dalla legge a una certa data, riconosce la facoltà di accedere alla pensione anche successivamente a tale data (di maturazione dei requisiti), senza che sia necessario o si possa richiedere di perfezionare l’eventuale più elevato requisito vigente al momento di effettivo accesso alla pensione. Pertanto, in applicazione di tale principio, non si applica la penalizzazione ai soggetti che entro il 31 dicembre 2017 maturino il diritto alla pensione anticipata anche in presenza di meno di 62 anni di età, anche qualora la decorrenza della pensione dovesse effettivamente avvenire successivamente e a tal epoca l’interessato ha un’età inferiore a 62 anni.

I nuovi coefficienti (2016/2018)

Pensioni sempre più magre. Un nuovo taglio è programmato dal prossimo 1° gennaio 2016, dopo quello scattato dal 1° gennaio 2013 e che termina il 31 dicembre 2015. Durante questo triennio, a parità di ogni altra condizione, gli assegni sono stati alleggeriti in media di circa il 3% rispetto a chi è andato in pensione negli anni 2010-2012 e di un 7%, sempre in media, rispetto a chi ci è andato entro il 2009. All’orizzonte, ora, c’è un ulteriore taglio di circa il 2%, sempre in media, e che porta a circa l’11% la riduzione, sempre in media, rispetto a chi ci è andato entro il 2009: quello fissato dal decreto del ministero del lavoro 22 giugno 2015 e pubblicato sulla G.U. n. 154 del 6 luglio, che fissa i coefficienti validi per il triennio 2016/2018 (si veda tabella). Le riduzioni sono tutte dovute alle modifiche dei cosiddetti «coefficienti di trasformazione dei contributi versati», cioè degli indici fissati dalla legge (e appunto aggiornati periodicamente) che trasformano i contributi in pensione. Scappatoie o uscite di emergenza da questa tagliola non ce ne sono, se non quella di lavorare di più. La riforma Fornero, per questo, ha agevolato chi rimarrà al lavoro fino alla veneranda età di 70 anni e 7 mesi, cioè proprio al fine di ottenere pensioni più consistenti.

Per avere l’idea di come stia fluttuando negli anni la misura delle pensioni, si osservi la tabella in cui sono riportati i calcoli di un’ipotetica pensione, per le diverse età di pensionamento, corrispondente a un montante contributivo di 100 mila euro. Tal è, per esempio, il montante accumulato in 10 anni da un lavoratore dipendente con 30 mila euro di retribuzione annua (15 anni se lo stipendio è di 20 mila euro, 20 anni se è di 15 mila euro); ovvero quello accumulato in 10 anni circa di lavoro da un co.co.pro. iscritto alla Gestione separata Inps con compenso annuo di 30 mila euro. Si prenda a riferimento l’età di 65 anni:

chi è andato in pensione nel 2009 ha avuto una pensione annua di 6.136 euro per i 100 mila euro di contributi versati;

chi è andato in pensione nel periodo dal 1° gennaio 2010 al 31 dicembre 2012 ha preso una pensione di 5.620 euro, quindi 516 euro in meno rispetto a chi è andato in pensione nel 2009;

chi è andato in pensione nel periodo dal 1° gennaio 2013 al 31 dicembre 2015 ha preso una pensione di 5.435 euro, ossia 185 euro in meno rispetto a chi ci è andato entro il 31 dicembre 2012 e 701 euro in meno rispetto a chi ci è andato entro la fine dell’anno 2009;

chi andrà in pensione dal prossimo 1° gennaio 2016 e fino al 31 dicembre 2018 prenderà una pensione di 5.326 euro, ossia 109 euro in meno rispetto a chi ci è andato o si andrà entro il 31 dicembre 2015, euro 185 in meno rispetto a chi ci è andato entro il 31 dicembre 2012 ed euro 810 in meno rispetto a chi ci è andato fino all’anno 2009.

Il prossimo aggiornamento di coefficienti è valido per il triennio 2016/2018. La successiva revisione ci sarà a partire dall’anno 2019. D’allora in poi l’aggiornamento dei coefficienti avrà una cadenza biennale.

I COEFFICIENTI E LE VARIAZIONI NEL TEMPO

Età (1)Anni

1996-2009Anni

2010-2012Variazione

2009-2010Anni

2013-2015Variazione

2012-2013Anni

2016-2018Variazione

2015-2016Variazione

2009-2016574,720%4,419%–6,38%4,304%–2,60%4,246%–1,35%–10,04%584,860%4,538%–6,63%4,416%–2,69%4,354%–1,40%–10,41%595,006%4,664%–6,83%4,535%–2,77%4,468%–1,48%–10,75%605,163%4,798%–7,07%4,661%–2,86%4,589%–1,54%–11,12%615,334%4,940%–7,39%4,796%–2,91%4,719%–1,61%–11,53%625,514%5,093%–7,64%4,940%–3,00%4,856%–1,70%–11,93%635,706%5,257%–7,87%5,094%–3,10%5,002%–1,81%–12,34%645,911%5,432%–8,10%5,259%–3,18%5,159%–1,90%–12,72%656,136%5,620%–8,41%5,435%–3,29%5,326%–2,01%–13,20%66—5,624%-5,506%–2,10%-67—5,826%-5,700%–2,16%-68—6,046%-5,910%–2,25%-69—6,283%-6,135%–2,36%-70—6,541%-6,378%–2,49%-

(1) Età di pensionamento

 

COME È CALATO L’ASSEGNO DI PENSIONE (1)

Importo della pensione annuaPerdita di pensioneEtà1996/20092010/20122013/20152016/20182012/20092013/20122016/20152013/200957 anni4.720,004.419,004.304,004.246,00–301,00–115,00–58,00–474,0058 anni4.860,004.538,004.416,004.354,00–322,00–122,00–62,00–506,0059 anni5.006,004.664,004.535,004.468,00–342,00–129,00–67,00–538,0060 anni5.163,004.798,004.661,004.589,00–365,00–137,00–72,00–574,0061 anni5.334,004.940,004.796,004.719,00–394,00–144,00–77,00–615,0062 anni5.514,005.093,004.940,004.856,00–421,00–153,00–84,00–658,0063 anni5.706,005.257,005.094,005.002,00–449,00–163,00–92,00–704,0064 anni5.911,005.432,005.259,005.159,00–479,00–173,00–100,00–752,0065 anni6.136,005.620,005.435,005.326,00–516,00–185,00–109,00–810,0066 anni==5.624,005.506,00==–118,00=67 anni==5.826,005.700,00==–126,00=68 anni==6.046,005.910,00==–136,00=69 anni==6.283,006.135,00==–148,00=70 anni==6.541,006.378,00==–163,00=

(1) Valori con riferimento a un montante contributivo di 100 mila euro

Il nuovo decreto sulla speranza di vita (dal 2016)

Dal 1° gennaio 2016 si andrà in pensione quattro mesi più tardi. Il 16 dicembre 2014, infatti, i ministri del lavoro e dell’economia hanno firmato il decreto che adegua tutti i requisiti di tutte le pensioni alla ‘speranza di vita’. È il secondo adeguamento, dopo quello scattato il 1° gennaio 2013 (decreto 6 dicembre 2011). Dopo il 2016, seguirà un altro adeguamento triennale dal 2019 e poi, per effetto della riforma Fornero, i successivi adeguamenti saranno biennali a partire dal 2021. Il decreto, come detto, aumenta di 4 mesi i requisiti per le pensioni a partire dal 1° gennaio 2016: che cosa succederà, dunque? Facciamo qualche esempio. I lavoratori «uomini» (dipendenti, artigiani, commercianti, parasubordinati) nel 2015 possono ottenere la pensione di vecchiaia all’età di 66 anni e 3 mesi; dal 1° gennaio 2016 ci andranno a 66 anni e 7 mesi (4 mesi in più). Le cose vanno peggio per le donne: le lavoratrici dipendenti del settore privato, nel 2015, vanno in pensione di vecchiaia all’età di 63 anni e 9 mesi; dal 1° gennaio 2016 ci andranno a 65 anni e 7 mesi (22 mesi in più, tenendo conto non solo dei 4 mesi in più della speranza di vita, ma anche dei nuovi requisiti della riforma Fornero); le lavoratrici autonome (commercianti, artigiane, parasubordinate) nel 2015 vanno in pensione di vecchiaia a 64 anni e 9 mesi; dal 1° gennaio 2016 ci andranno a 66 anni e 1 mese (16 mesi in più).

 

I REQUISITI PER ANDARE IN PENSIONE

 

PENSIONE DI VECCHIAIA

Diversamente dal 2015, anno per il quale non c’è stata alcuna modifica dei requisiti (età e anni di contributi) per conseguire la pensione di vecchiaia, dal 1° gennaio 2016 sono previsti due cambiamenti ed entrambi in peggio: primo per l’incremento di 4 mesi del requisito d’età per tutti in conseguenza alla variazione della speranza di vita; secondo per i programmati aumenti sempre del requisito d’età della riforma Fornero. La batosta, in particolare, la prendono le lavoratrici donne, autonome e dipendenti del settore privato (a quelle pubbliche i requisiti già sono stati maggiorati negli anni passati), alle quali il requisito d’età doveva già aumentare, in virtù della riforma Fornero, rispettivamente di 1 anno (alle autonome) e di 1 anno e 6 mesi (alle dipendenti del privato). In conclusione, rispetto all’anno in corso, le donne che intendano pensionarsi dal prossimo 1° gennaio dovranno avere:

un’età di 65 anni e 7 mesi se lavorano come dipendenti nel privato; rispetto all’anno 2015 l’aumento complessivo (riforma Fornero e speranza di vita) è di 1 anno e 10 mesi;

un’età di 66 anni e 1 mesi se lavorano come autonome; rispetto all’anno 2015 l’aumento complessivo (riforma Fornero e speranza di vita) è di 1 anno.

In via di principio, per andare in pensione di vecchiaia è necessario avere una certa età e un certo numero di anni di contributi versati. I requisiti differiscono a seconda che il lavoratore sia o meno in possesso di contributi versati alla data del 31 dicembre 1995 (data che separa le pensioni in regime «retributivo» dalle pensioni in regime «contributivo»).

Lavoratori con contributi al 31 dicembre 1995

Dal 1° gennaio 2016 questi lavoratori (in possesso di un’anzianità contributiva al 31 dicembre 1995, qualunque essa sia) possono conseguire il diritto alla pensione di vecchiaia in presenza di almeno 20 anni di contributi e un’età pari a:

65 anni e 7 mesi per le lavoratrici dipendenti del settore privato;

66 anni e 1 mese per le lavoratrici autonome e le lavoratrici iscritte alla gestione separata;

66 anni e 7 mesi per i lavoratori dipendenti e le lavoratrici dipendenti del settore pubblico, per i lavoratori dipendenti del settore privato, nonché per i lavoratori autonomi e i lavoratori iscritti alla gestione separata sempre del settore privato.

Attenzione; ai fini del raggiungimento del requisito contributivo (20 anni) è valutabile la contribuzione a qualsiasi titolo versata o accreditata in favore del lavoratore.

 

Lavoratori senza contributi al 31 dicembre 1995

Dal 1° gennaio 2016 i lavoratori che hanno cominciato a lavorare dal 1° gennaio 1996 (e che, quindi, non hanno alcuna anzianità contributiva, di qualunque ammontare, al 31 dicembre 1995) hanno due vie per maturare il diritto alla pensione di vecchiaia.

con almeno 20 anni di contribuzione e un’età pari a:

65 anni e 7 mesi per le lavoratrici dipendenti del settore privato;

66 anni e 1 mese per le lavoratrici autonome e le lavoratrici iscritte alla gestione separata;

66 anni e 7 mesi per i lavoratori dipendenti (privato e pubblico), le lavoratrici dipendenti del settore pubblico, i lavoratori autonomi e i lavoratori iscritti alla gestione separata;

a condizione che l’importo della pensione risulti essere non inferiore a 1,5 volte l’importo dell’assegno sociale (c.d. «importo soglia»), fissato con riferimento all’anno 2012, cioè euro 644,12 mensili (1,5 volte l’importo dell’assegno sociale dell’anno 2012 che è pari euro 429,41 mensili). Il limite, fissato come detto con riferimento all’anno 2012, è soggetto a rivalutazione sulla base della variazione media quinquennale del prodotto interno lordo (pil) nominale, appositamente calcolata dall’Istat con riferimento al quinquennio precedente l’anno da rivalutare. Con il pil negativo, quindi, niente rivalutazione!

Ai fini del raggiungimento dell’anzianità contributiva (20 anni) si tiene conto di tutta la contribuzione a qualsiasi titolo versata o accreditata al lavoratore. Inoltre, sono riconosciuti i seguenti periodi di accredito figurativo:

per assenza dal lavoro per periodi di educazione e assistenza dei figli fino al sesto anno di età in ragione di 170 giorni per ciascun figlio;

per assenza dal lavoro per assistenza a figli dal sesto anno di età, al coniuge e al genitore purché conviventi (art. 3 della legge n. 104/1992), per la durata di 25 giorni complessivi l’anno, nel limite massimo complessivo di 24 mesi.

all’età di 70 anni e 3 mesi in presenza di almeno 5 anni di contribuzione «effettiva», a prescindere dall’importo della pensione. Attenzione; ai fini del requisito di 5 anni di contribuzione è utile solo la contribuzione effettivamente versata (obbligatoria, volontaria, da riscatto) con esclusione di quella accreditata figurativamente a qualsiasi titolo.

 

La decorrenza della pensione

La pensione di vecchiaia (ovviamente, previa domanda da parte dell’interessato) decorre dal primo giorno del mese successivo a quello nel quale l’assicurato ha compiuto l’età di pensione ovvero, nel caso in cui a tale data non risultino soddisfatti i requisiti di anzianità contributiva, dal primo giorno del mese successivo a quello in cui i requisiti suddetti vengono raggiunti. Poiché la liquidazione della pensione avviene sempre su richiesta dell’interes–sato, ove questa venga fatta tempo dopo la maturazione dei requisiti, avverrà dal primo giorno del mese successivo a quello nel quale è stata presentata la domanda.

Per il conseguimento della pensione, infine, è richiesta la cessazione del rapporto di lavoro dipendente. Non è invece richiesta la cessazione dell’attività di lavoratore autonomo.

 

La domanda di pensione

La domanda di pensione di vecchiaia all’Inps si presenta esclusivamente attraverso uno dei seguenti canali:

web– la richiesta telematica dei servizi è accessibile direttamente dal cittadino tramite PIN attraverso il portale dell’Istituto (www.inps.it);

telefono– chiamando il Contact Center integrato al numero 803164 gratuito da rete fissa o al numero 06164164 da rete mobile a pagamento secondo la tariffa del proprio gestore telefonico, abilitati ad acquisire le domande di prestazioni e altri servizi per venire incontro alle esigenze di coloro che non dispongono delle necessarie capacità o possibilità di interazione con l’Inps per via telematica;

enti di Patronato e intermediariautorizzati dall’Istituto, che mettono a disposizione dei cittadini i necessari servizi telematici.

LA PENSIONE DI VECCHIAIA NEL 2015

Tipologia lavoratoriEtàContributiSoggetti CON anzianità contributiva al 31 dicembre 1995Dipendenti privato (donne) 63 anni e 9 mesiAlmeno 20 anni (1)Dipendenti privato (uomini) 66 anni e 3 mesiDipendenti pubblici (uomini e donne)66 anni e 3 mesiAutonome e gestione separata (donne) 64 anni e 9 mesiAutonomi e gestione separata (uomini)66 anni e 3 mesiSoggetti SENZA anzianità contributiva al 31 dicembre 1995Dipendenti privato (donne) 63 anni e 9 mesiAlmeno 20 anni (2) (3)Dipendenti privato (uomini) 66 anni e 3 mesiDipendenti pubblici (uomini e donne)66 anni e 3 mesiAutonome e gestione separata (donne) 64 anni e 9 mesiAutonomi e gestione separata (uomini)66 anni e 3 mesiTutti 70 anni e 3 mesiAlmeno 5 anni (4) (5)(1) Si valuta tutta la contribuzione, a qualsiasi titolo versata o accreditata

(2) Si valuta tutta la contribuzione, a qualsiasi titolo versata o accreditata. Inoltre, sono riconosciuti i seguenti periodi di accredito figurativo: a) per assenza dal lavoro per periodi di educazione e assistenza dei figli fino al sesto anno di età in ragione di 170 giorni per ciascun figlio; b) per assenza dal lavoro per assistenza a figli dal sesto anno di età, al coniuge e al genitore purché conviventi, nel caso ricorrano le condizioni dell’articolo 3 della legge n. 104/1992, per la durata di 25 giorni complessivi l’anno, nel limite massimo complessivo di 24 mesi.

(3) A condizione che l’importo della pensione risulti non inferiore a 644,12 euro mensili (1,5 volte l’importo dell’assegno sociale dell’anno 2012 che è pari euro 429,41 mensili).

(4) Solo contribuzione «effettiva»: è utile, pertanto, solamente la contribuzione effettivamente versata (obbligatoria, volontaria, da riscatto), con esclusione di quella accreditata figurativamente a qualsiasi titolo.

(5) Senza condizione sull’importo della pensione

LA PENSIONE DI VECCHIAIA NEL 2016

Tipologia lavoratoriEtàContributiSoggetti CON anzianità contributiva al 31 dicembre 1995Dipendenti privato (donne) 65 anni e 7 mesiAlmeno 20 anni (1)Dipendenti privato (uomini) 66 anni e 7 mesiDipendenti pubblici (uomini e donne)66 anni e 7 mesiAutonome e gestione separata (donne) 66 anni e 1 mesiAutonomi e gestione separata (uomini)66 anni e 7 mesiSoggetti SENZA anzianità contributiva al 31 dicembre 1995Dipendenti privato (donne) 65 anni e 7 mesiAlmeno 20 anni (2) (3)Dipendenti privato (uomini) 66 anni e 7 mesiDipendenti pubblici (uomini e donne)66 anni e 7 mesiAutonome e gestione separata (donne) 66 anni e 1 mesiAutonomi e gestione separata (uomini)66 anni e 7 mesiTutti 70 anni e 7 mesiAlmeno 5 anni (4) (5)(1) Si valuta tutta la contribuzione, a qualsiasi titolo versata o accreditata

(2) Si valuta tutta la contribuzione, a qualsiasi titolo versata o accreditata. Inoltre, sono riconosciuti i seguenti periodi di accredito figurativo: a) per assenza dal lavoro per periodi di educazione e assistenza dei figli fino al sesto anno di età in ragione di 170 giorni per ciascun figlio; b) per assenza dal lavoro per assistenza a figli dal sesto anno di età, al coniuge e al genitore purché conviventi, nel caso ricorrano le condizioni dell’articolo 3 della legge n. 104/1992, per la durata di 25 giorni complessivi l’anno, nel limite massimo complessivo di 24 mesi.

(3) A condizione che l’importo della pensione risulti non inferiore a 644,12 euro mensili (1,5 volte l’importo dell’assegno sociale dell’anno 2012 che è pari euro 429,41 mensili).

(4) Solo contribuzione «effettiva»: è utile, pertanto, solamente la contribuzione effettivamente versata (obbligatoria, volontaria, da riscatto), con esclusione di quella accreditata figurativamente a qualsiasi titolo.

(5) Senza condizione sull’importo della pensione

LA PENSIONE ANTICIPATA

Dal 1° gennaio 2016 non sono previsti altri cambiamenti tranne l’incremento dei 4 mesi in conseguenza della variazione della speranza di vita. La pensione anticipata è una prestazione economica erogata a domanda ai lavoratori dipendenti e autonomi con la particolarità che consente di accedere alla pensione prima rispetto alle età previste per la pensione di vecchiaia, sulla base del solo requisito contributivo (cioè senza attendere un’età minima).

Come già visto a proposito della pensione di vecchiaia, anche ai fini dell’esame dei requisiti per la pensione anticipata occorre distinguere le due situazioni: lavoratore con contributi già versati al 31 dicembre 1995 e lavoratore che ha cominciato a versare dopo il 31 dicembre 1995.

 

Lavoratori con contributi al 31 dicembre 1995

Dal 1° gennaio 2016 i lavoratori in possesso di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 conseguono diritto alla pensione anticipata in presenza delle seguenti anzianità contributive, al cui raggiungimento si valuta la contribuzione a qualsiasi titolo versata o accreditata:

uomini = 42 anni e 10 mesi;

donne = 41 anni e 10 mesi.

 

Lavoratori senza contributi al 31 dicembre 1995

Dal 1° gennaio 2016 i lavoratori che hanno cominciato a lavorare dal 1° gennaio 1996 (e che sono, quindi, privi di anzianità contributiva, di qualunque ammontare, al 31 dicembre 1995) hanno due vie per maturare il diritto alla pensione anticipata:

in presenza delle seguenti anzianità contributive:

uomini = 42 anni e 10 mesi;

donne = 41 anni e 10 mesi;

praticamente si tratta delle stesse anzianità dei «vecchi lavoratori» (come si è visto in precedenza a proposito dei lavoratori con contributi versati entro il 31 dicembre 1995) ma con questa differenza: che si valuta tutta la contribuzione a qualsiasi titolo versata o accreditata, con esclusione dei contributi volontari; che i contributi da lavoro versati precedentemente ai 18 anni di età vengono moltiplicati per 1,5 (valgono cioè una volta e mezzo) e che la pensione NON è soggetta alla penalizzazione (se conseguita prima dei 62 anni di età);

al compimento di 63 anni e 7 mesi in presenza di almeno 20 anni di contribuzione «effettiva» (obbligatoria, volontaria, da riscatto, con esclusione di quella accreditata figurativamente a qualsiasi titolo) e a condizione che l’ammontare mensile della prima rata di pensione risulti non inferiore a un importo soglia mensile, pari a 2,8 volte l’importo mensile dell’assegno sociale nel 2012: cioè 1.202,35 euro mensili (l’importo dell’assegno sociale dell’anno 2012 era pari a 429,41 mensili). Il limite, fissato come detto con riferimento all’anno 2012, è soggetto a rivalutazione sulla base della variazione media quinquennale del prodotto interno lordo (PIL) nominale, appositamente calcolata dall’Istat con riferimento al quinquennio precedente l’anno da rivalutare.

Vale la pena far notare che questa seconda opportunità di pensionamento è riservata a chi ha la fortuna di occuparsi ad alti livelli perché, per ottenere in 20 anni di lavoro una pensione non inferiore a quel limite (circa 1.200 euro mensili per tredici mesi all’anno), occorre aver lavorato come dipendente e aver guadagnato non meno di 50 mila euro annui oppure come lavoratore a progetto e aver incassato compensi non inferiori a 60 mila euro annui oppure come artigiano o commerciante e aver dichiarato redditi non inferiori a 70 mila euro annui.

La decorrenza della pensione

Come per la pensione di vecchiaia (ovviamente, previa domanda da parte dell’interessato), anche la pensione di anzianità decorre dal primo giorno del mese successivo a quello nel quale l’assicurato ha compiuto l’età di pensione ovvero, nel caso in cui a tale data non risultino soddisfatti i requisiti di anzianità contributiva, dal primo giorno del mese successivo a quello in cui i requisiti suddetti vengono raggiunti. Poiché la liquidazione della pensione avviene sempre su richiesta dell’interessato, ove questa venga fatta tempo dopo la maturazione dei requisiti, avverrà dal primo giorno del mese successivo a quello nel quale è stata presentata la domanda. Per il conseguimento della pensione, infine, è richiesta la cessazione del rapporto di lavoro dipendente. Non è invece richiesta la cessazione dell’attività di lavoratore autonomo.

La domanda di pensione.

La domanda di pensione anticipata all’Inps si presenta esclusivamente attraverso uno dei seguenti canali:

web – la richiesta telematica dei servizi è accessibile direttamente dal cittadino tramite PIN attraverso il portale dell’Istituto (www.inps.it);

telefono – chiamando il Contact Center integrato al numero 803164 gratuito da rete fissa o al numero 06164164 da rete mobile a pagamento secondo la tariffa del proprio gestore telefonico, abilitati ad acquisire le domande di prestazioni e altri servizi per venire incontro alle esigenze di coloro che non dispongono delle necessarie capacità o possibilità di interazione con l’Inps per via telematica;

enti di Patronato e intermediari autorizzati dall’Istituto, che mettono a disposizione dei cittadini i necessari servizi telematici.

LA PENSIONE ANTICIPATA NEL 2015

Lavoratori CON anzianità contributiva al 31 dicembre 1995Unica chance: requisito unico (contributivo)Uomini 42 anni e 6 mesi (1) (2)Donne41 anni e 6 mesi (1) (2)Lavoratori SENZA anzianità contributiva al 31 dicembre 1995Prima chance: requisito unico (contributivo)Uomini 42 anni e 6 mesi (3) (4) (5)Donne41 anni e 6 mesi (3) (4) (5)Seconda chance: doppio requisito (età e contributi)LavoratoriEtàContributiTutti (uomini e donne)63 anni e 3 mesi20 anni (6) (7)(1) Si valuta tutta la contribuzione, a qualsiasi titolo versata o accreditata (2) La pensione è soggetta a penalizzazione se conseguita prima dei 62 anni di età(3) Si valuta tutta la contribuzione, a qualsiasi titolo versata o accreditata, esclusi i contributi volontari (4) I contributi da lavoro precedenti ai 18 anni di età sono moltiplicati per 1,5 (valgono una volta e mezzo) (5) La pensione NON è soggetta a penalizzazione in base all’età di conseguimento(6) Solo contribuzione «effettiva»: è utile, pertanto, la contribuzione effettivamente versata (obbligatoria, volontaria, da riscatto), con esclusione di quella accreditata figurativamente a qualsiasi titolo (7) A condizione che l’importo della pensione risulti non inferiore a 1.202,35 euro mensili (2,8 volte l’importo dell’assegno sociale dell’anno 2012 che è pari euro 429,41 mensili)

 

LA PENSIONE ANTICIPATA DAL 2016 AL 2018

Lavoratori CON anzianità contributiva al 31 dicembre 1995Unica chance: requisito unico (contributivo)Uomini 42 anni e 10 mesi (1) (2)Donne41 anni e 10 mesi (1) (2)Lavoratori SENZA anzianità contributiva al 31 dicembre 1995Prima chance: requisito unico (contributivo)Uomini 42 anni e 10 mesi (3) (4) (5)Donne41 anni e 10 mesi (3) (4) (5)Seconda chance: doppio requisito (età e contributi)LavoratoriEtàContributiTutti (uomini e donne)63 anni e 7 mesi20 anni (6) (7)(1) Si valuta tutta la contribuzione, a qualsiasi titolo versata o accreditata

(2) La pensione è soggetta a penalizzazione se conseguita prima dei 62 anni di età

(3) Si valuta tutta la contribuzione, a qualsiasi titolo versata o accreditata, esclusi i contributi volontari

(4) I contributi da lavoro precedenti ai 18 anni di età sono moltiplicati per 1,5 (valgono una volta e mezzo)

(5) La pensione NON è soggetta a penalizzazione in base all’età di conseguimento

(6) Solo contribuzione «effettiva»: è utile, pertanto, la contribuzione effettivamente versata (obbligatoria, volontaria, da riscatto), con esclusione di quella accreditata figurativamente a qualsiasi titolo

(7) A condizione che l’importo della pensione risulti non inferiore a 1.202,35 euro mensili (2,8 volte l’importo dell’assegno sociale dell’anno 2012 che è pari euro 429,41 mensili)

LE REGOLE PER LA SCUOLA

Particolari regole vigono nel settore scolastico, per il quale il mese di gennaio rappresenta, ogni anno, il periodo dedicato alla domanda di pensionamento. La particolarità è questa: fermo restando che i requisiti (sia vecchiaia che anzianità) sono gli stessi degli altri lavoratori, l’accesso alla pensione (cioè il pensionamento vero e proprio) scatta sempre e soltanto dal 1° settembre, in concomitanza con l’avvio dell’anno scolastico (per evidenti motivi organizzativi). La particolare regola stabilisce, allora, che per il personale della scuola che matura i requisiti nell’anno (tra il 1° gennaio e il 31 dicembre), il diritto alla pensione decorre dal 1° settembre dello stesso anno. Vuol dire che, per esempio, chi matura il diritto a febbraio non potrà andare in pensione prima del 1° settembre successivo; mentre se i requisiti sono maturati nell’ultimo trimestre dell’anno (ottobre, novembre, dicembre) otterrà un anticipo di pensionamento (per esempio chi matura il diritto a novembre andrà in pensione due mesi prima: il 1° settembre).

Con riferimento all’anno 2016, dunque, il personale che perfezionerà i requisiti di età e di contribuzione tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2016 accederà alla pensione dal 1° settembre 2016.

LA PENSIONE NELLA SCUOLA (DAL 1° SETTEMBRE 2015)

Tipologia pensioneRequisito età anagraficaRequisito anni contributi«Salvaguardia» riforma Fornero Requisiti maturati al 31 dicembre 2011 (1)Pensione vecchiaia65 anni uomini

61 anni donne20 anni (ridotti a 15 a chi era in servizio al 31 dicembre 1992)Pensione anzianità/1Qualunque 40 anniPensione anzianità/260 anni, uomini e donne36 anni (= quota 96)Pensione anzianità/361 anni, uomini e donne 35 anni (= quota 96)Requisiti ordinari, da maturare tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2015Pensione vecchiaia66 anni e 3 mesi uomini e donne20 anni (ridotti a 15 a chi era in servizio al 31 dicembre 1992)Pensione vecchiaia

con cumulo 66 anni e 3 mesi uomini e donne20 anni (2)Pensione vecchiaia

con totalizzazioneQualunque40 anni e 3 mesi uomini e donne (3)Pensione anticipata Qualunque 42 anni e 6 mesi, uomini

41 anni e 6 mesi, donneOpzione donna57 anni e 3 mesi, solo donne35 anni (4) (5)(1) L’accesso alla pensione è già possibile dal 1° settembre 2011. Chi è rimasto in servizio, pertanto, può farlo in un secondo momento a suo piacimento (2) Personale con contribuzione mista, privata e pubblica, non ricongiunta ma «cumulata» (3) Personale con contribuzione mista, privata e pubblica, non ricongiunta ma «totalizzata» (4) Opportunità da verificare. Offerta solamente alle donne. Per aver diritto alla pensione dal 1° settembre 2015 i requisiti vanno maturato entro il 31 dicembre 2014 perché si applica la vecchia «finestra mobile».(5) L’opzione comporta il calcolo della pensione solo ed esclusivamente con la regola contributiva, a prescindere dall’epoca di collocazione dei contributi

 

LA PENSIONE NELLA SCUOLA (DAL 1° SETTEMBRE 2016)

Tipologia pensioneRequisito età anagraficaRequisito anni contributi«Salvaguardia» riforma Fornero Requisiti maturati al 31 dicembre 2011 (1)Pensione vecchiaia65 anni uomini

61 anni donne20 anni (ridotti a 15 a chi era in servizio al 31 dicembre 1992)Pensione anzianità/1Qualunque 40 anniPensione anzianità/260 anni, uomini e donne36 anni (= quota 96)Pensione anzianità/361 anni, uomini e donne 35 anni (= quota 96)Requisiti ordinari, da maturare tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2015Pensione vecchiaia66 anni e 7 mesi uomini e donne20 anni (ridotti a 15 a chi era in servizio al 31 dicembre 1992)Pensione vecchiaia

con cumulo 66 anni e 7 mesi uomini e donne20 anni (2)Pensione vecchiaia

con totalizzazioneQualunque40 anni e 7 mesi uomini e donne (3)Pensione anticipata Qualunque 42 anni e 10 mesi, uomini

41 anni e 10 mesi, donneOpzione donna57 anni e 3 mesi, solo donne35 anni (4) (5)(1) L’accesso alla pensione è già possibile dal 1° settembre 2011. Chi è rimasto in servizio, pertanto, può farlo in un secondo momento a suo piacimento (2) Personale con contribuzione mista, privata e pubblica, non ricongiunta ma «cumulata» (3) Personale con contribuzione mista, privata e pubblica, non ricongiunta ma «totalizzata» (4) Opportunità da verificare. Offerta solamente alle donne. Per aver diritto alla pensione dal 1° settembre 2016 i requisiti vanno maturato entro il 31 dicembre 2015 perché si applica la vecchia «finestra mobile» .(5) L’opzione comporta il calcolo della pensione solo ed esclusivamente con la regola contributiva, a prescindere dall’epoca di collocazione dei contributi

ROTTAMAZIONE LICENZE COMMERCIALI (PREPENSIONAMENTO DEI COMMERCIANTI)

La «rottamazione delle licenze» sarò possibile anche il prossimo anno, anzi per l’ultimo anno. Si chiama così perché è realmente agganciata alla chiusura in via definitiva di una licenza commerciale (è il titolo autorizzativo rilasciato dai Comuni per poter esercitare un’attività commerciale: negozi e botteghe vari). È una sorta di prepensionamento, in quanto consente di anticipare la chiusura del negozio rispetto all’epoca di maturazione dei requisiti di pensionamento di vecchiaia senza correre il rischio di rimanere senza reddito: in attesa della pensione dà diritto a percepire una «indennità» il cui importo è pari al minimo di pensione. Quando poi si maturano i requisiti, l’indennità vene sostituita dalla pensione vera e propria, commisurata alla propria storia di lavoro e di contributi.

La misura ha fatto esordio la prima volta nel 1996 (dlgs n. 207/1996). Operativa fino al 2011 è rimasta poi bloccata. La legge di Stabilità per il 2014 l’ha riattivata, stabilendo che possono avvalersene, nelle misure e in base alle modalità previste dalla previgente disciplina, i soggetti in possesso dei requisiti nel periodo tra il 1° gennaio 2009 e il 31 dicembre 2016 (per gli anni dal 2009 al 2013 è una «sorta» di sanatoria). In ogni caso le domande si possono presentare tra il 1° gennaio 2014 e il 31 gennaio 2017.

Soggetti interessati

Destinatari sono:

i titolari o coadiutori di attività commerciale al minuto in sede fissa, anche abbinata ad attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande (negozi, ecc.);

i titolari o coadiutori di attività commerciale su aree pubbliche (mercati, fiere ecc.);

gli esercenti attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande (bar, ristoranti, pizzerie ecc.);

gli agenti e rappresentanti di commercio.

Requisiti e condizioni

Per maturare il diritto all’indennizzo occorre essere in possesso dei seguenti requisiti:

età di 62 anni se uomo ovvero di 57 anni se donna;

anzianità d’iscrizione di almeno cinque anni alla gestione «artigiani e commercianti» Inps, come titolare o come coadiutore familiare, al momento di cessazione dell’attività;

In presenza dei predetti requisiti, si consegue il diritto all’indennizzo alle seguenti condizioni:

cessazione definitiva dell’attività commerciale (l’attività deve «cessare» : il negozio, cioè, deve essere definitivamente chiuso, senza possibilità di equiparare alla cessazione la vendita dell’attività);

riconsegna al Comune dell’autorizzazione per l’esercizio dell’attività commerciale al minuto ovvero quella per l’attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande ovvero entrambe nel caso di attività abbinata (la c.d. «licenza commerciale» ). Se l’attività commerciale è stata avviata dopo l’ultima riforma (dlgs n. 114/1998) va comunicata al Comune la sola cessazione dell’attività.

Inoltre occorre che il titolare dell’attività effettui la cancellazione:

dal registro delle imprese, tenuto presso la Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura;

dal registro degli esercenti il commercio (cd Rec), tenuto presso la Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura per l’attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande. Tale requisito è richiesto soltanto per coloro che si sono iscritti fino al 23 aprile 1999; dopo tale data, infatti, non è più richiesto l’obbligo d’iscrizione al Rec per chi esercita attività di commercio al minuto e, pertanto, non può esserci cancellazione;

dal Ruolo provinciale degli agenti e rappresentanti di commercio, istituito presso la Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura.

La domanda

La legge Stabilità 2014 non ha solo riattivato l’incentivo per chi maturi requisiti e condizioni dal 1° gennaio 2014 al 31 dicembre 2016; ha pure riaperto i termini per le «vecchie» chiusure, ossia per quelle avvenute entro il 31 dicembre 2011 da parte di soggetti che hanno maturato i requisiti tra il 1° gennaio 2009 al 31 dicembre 2011. Pertanto, dal 1° gennaio 2014 possono presentare domanda d’indennizzo:

chi ha maturano i requisiti nel periodo dal 1° gennaio 2012 al 31 dicembre 2016;

chi, pur avendo maturato i requisiti nel periodo dal 1° gennaio 2009 al 31 dicembre 2011, non aveva presentato domanda o gli era stata rigettata perché presentata oltre il termine ultimo (era fissato al 31 gennaio 2012).

Attenzione; l’Inps ha precisato che, in ogni caso (a «nuovi» e/o a «vecchi» ), la decorrenza degli indennizzi non può essere antecedente al 1° febbraio 2014, primo giorno del mese successivo all’entrata in vigore della legge (la logica è questa: poiché l’Inps eroga le pensioni dal 1° giorno del mese successivo alla richiesta, la prima data utile di erogazione è giocoforza il 1° febbraio 2014 in relazione alle domande presentate a gennaio 2014, primo mese di operatività della misura).

La misura dell’indennizzo

Una volta maturati i requisiti (età e anzianità d’iscrizione all’Inps) e realizzate le condizioni (chiusura attività, consegna licenza, cancellazione dalla Camera di commercio), è possibile presentare domanda d’indennizzo all’Inps. L’Indennizzo verrà erogato dal mese successivo alla domanda, come detto, fino a tutto il mese in cui il beneficiario compie l’età per la pensione di vecchiaia (si veda tabella).

La misura dell’indennizzo è pari al trattamento minimo di pensione previsto per gli iscritti alla gestione «artigiani e commercianti» Inps. Ad esempio, a chi ha avuto accesso nel corso del 2015, l’importo dell’indennizzo è pari a euro 502,38 che è il minimo di pensione dal mese di gennaio 2015. L’indennizzo è normalmente soggetto a tassazione fiscale (Irpef), ma non consente di ottenere i trattamenti di famiglia (assegni o aggiunte di famiglia).

Quanto costa?

L’incentivo è praticamente a costo zero per le casse dell’Inps (e dello Stato). Infatti è auto- finanziato da un contributo ad hoc, cioè mediante un’aliquota aggiuntiva ai contributi ordinari che vengono versati dai lavoratori autonomi iscritti alla gestione «artigiani e commercianti» dell’Inps pari allo 0,09%. Con la riattivazione dell’incentivo è stato conseguentemente prorogato l’obbligo di versare la contribuzione aggiuntiva fino al 31 dicembre 2018, che altrimenti sarebbe terminato il 31 dicembre 2014.

Casi particolari

Indennizzo e pensione di anzianità (o anticipata)

Chi rottama la licenza ha diritto all’indennizzo anche se è già titolare o ha comunque maturato i requisiti per la pensione di anzianità o anticipata della gestione «artigiani e commercianti» (Inps, messaggio n. 7384/2014).

In tal caso l’indennizzo spetta fino al mese di compimento dell’età per la pensione di vecchiaia e durante tale periodo non è accreditata alcuna contribuzione, neppure figurativa (ciò perché l’art. 3, comma 2, del dlgs n. 207/1996 prevede espressamente che il periodo di godimento dell’indennizzo «è utile ai soli fini del conseguimento del diritto a pensione» e non anche della «misura» ).

Indennizzo e assegno sociale

Chi rottama la licenza ha diritto all’indennizzo anche se è titolare di assegno sociale (Inps, messaggio n. 7384/2014). Tuttavia, poiché il diritto all’assegno sociale è subordinato al fatto che il beneficiario non abbia redditi propri (salvo alcune esclusioni tassativamente fissate dalla legge, tra cui non compare l’indennizzo) o li possegga d’importo inferiore alla misura dello stesso assegno, nella maggior parte dei casi potrà scaturire la revoca del diritto all’assegno sociale, laddove sia superato il limite reddituale annuale. Per l’anno 2015 tale limite è pari a 5.830,63 euro.

Indennizzo e pensione di vecchiaia

L’indennizzo non può essere concesso a quei soggetti che, al momento della domanda, hanno compiuto l’età per la pensione di vecchiaia. Il divieto, ovvio, arriva dalla disciplina stessa la quale stabilisce che l’indennizzo spetta fino a tutto il mese in cui il beneficiario compie l’età pensionabile. Secondo l’Inps (messaggio n. 7384/2014), conseguenza di ciò è l’impossibilità di estendere il godimento dell’indennizzo fino ai 70 anni d’età (età fino a cui si può restare a lavoro per migliorare la pensione di vecchiaia); e l’impossibilità di erogare l’indennizzo ai soggetti già titolari di pensione di vecchiaia della gestione Inps «artigiani e commercianti» o a quanti siano in possesso dei relativi requisiti.

 

IN PENSIONE ROTTAMANDO LA LICENZA

PeriodoEtà per la pensione di vecchiaiaLavoratrici iscritte alla gestione commercianti dell’InpsDal 1° gennaio 2012 al 31 dicembre 201263 anni e 6 mesiDal 1° gennaio 2013 al 31 dicembre 201363 anni e 9 mesiDal 1° gennaio 2014 al 31 dicembre 201564 anni e 9 mesiDal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2018 66 anni e 1 mesi (*)Dal 1° gennaio 2019 al 31 dicembre 202066 anni e 1 mesi (**)Lavoratori iscritti alla gestione commercianti dell’InpsDal 1° gennaio 2012 al 31 dicembre 201266 anniDal 1° gennaio 2013 al 31 dicembre 201566 anni e 3 mesiDal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 201866 anni e 7 mesi (*)Dal 1° gennaio 2019 al 31 dicembre 202066 anni e 7 mesi (**)(*) Requisito adeguato alla speranza di vita

(**) Requisito da adeguare alla speranza di vita

PENSIONE DEI LAVORATORI USURATI

I lavoratori che hanno svolto lavorazioni o attività cosiddette «usuranti» , cioè caratterizzate da mansioni particolarmente faticose o pesanti, godranno di un regime di favore che prevede un anticipo del pensionamento (vedi tabella a pagina seguente).

I lavoratori usuranti possono essere distinti in due principali categorie:

lavoratori impiegati in lavori faticosi e pesanti = lavori in galleria, cava o miniera; lavori in cassoni ad aria compressa; lavori svolti dai palombari; lavori ad alte temperature; lavori del vetro cavo; mansioni dei soffiatori nell’industria del vetro cavo eseguito a mano e a soffio; lavori espletati in spazi ristretti con carattere di prevalenza e continuità e in particolare nelle attività di costruzione, riparazione e manutenzione navale; mansioni svolte continuativamente all’interno di spazi ristretti, quali intercapedini, pozzetti, doppi fondi, di bordo o di grandi blocchi strutture; lavori di asportazione dell’amianto); lavoratori addetti alla cosiddetta «linea catena» ; conducenti di veicoli adibiti a servizio pubblico di trasporto collettivo;

lavoratori notturni = questa seconda categoria di lavoratori (i notturni) si distingue ulteriormente tra:

lavoratori a turni (notturni); si tratta di lavoratori che prestano la loro attività per almeno 6 ore comprendenti l’intervallo tra la mezzanotte e le 5 del mattino e per un numero minimo di 78 giorni (cioè pari o superiore a 78 giorni) all’anno. La riforma Fornero, inoltre, ha previsto una disciplina differenziata, in ragione dei turni, per i lavoratori che prestano le predette attività per un numero di giorni lavorativi annui inferiore a 78, distinguendo: coloro che svolgono le predette attività per un numero di giorni lavorativi all’anno da 64 a 71; coloro che svolgono le predette attività per un numero di giorni lavorativi all’anno da 72 a 77;

lavoratori (notturni) che prestano attività per periodi di durata pari all’intero anno lavorativo (ossia non a turni); sono i lavoratori che prestano la loro attività per almeno 3 ore nell’intervallo tra la mezzanotte e le 5 del mattino per periodi di lavoro di durata pari all’intero anno lavorativo.

Restano le finestre

La riforma Fornero ha disposto che, alle pensioni da liquidare ai lavoratori destinatari del beneficio delle attività usuranti, si continuino ad applicare le cosiddette «finestre mobili» . Pertanto, la prima decorrenza utile della pensione è fissata, per chi matura i requisiti nell’anno 2015:

trascorsi 12 mesi dalla data di maturazione dei requisiti, per coloro che accedono alla pensione a carico di una delle gestioni lavoratori dipendenti;

trascorsi 18 mesi dal perfezionamento dei requisiti, per i lavoratori che accedono alla pensione a carico della gestione speciale lavoratori autonomi.

Due domande

L’accesso anticipato alla pensione, ovviamente, è riconosciuto a seguito di presentazione della domanda di pensionamento. Prima di questa, tuttavia, il lavoratore è tenuto a presentare la richiesta di riconoscimento del beneficio, con termine di presentazione delle istanze al 1° marzo dell’anno in cui si presume di aver conseguito il requisito. Si ricorda che, la presentazione della domanda oltre il termine comporta, in caso di accertamento positivo dei requisiti, lo slittamento della decorrenza della pensione (anticipata) di:

un mese, per un ritardo della presentazione compreso in un mese;

due mesi, per un ritardo della presentazione compreso tra un mese e due mesi;

tre mesi per un ritardo della presentazione di tre mesi e oltre.

 

Valgono anche i contributi da lavoro autonomo

Nella tabella sono indicati i requisiti per la pensione in base alla tipologia di attività usurante. Attività generalmente svolta da lavoratori dipendenti. Tuttavia, la relativa domanda di prepensionamento può essere presentata anche da soggetti che hanno svolto tali lavori e che raggiungono il diritto alla pensione di anzianità con il cumulo della contribuzione versata in una delle gestioni dei lavoratori autonomi. In tal caso, per la riduzione del requisito di età e delle quote relative alla pensione di anzianità occorre fare riferimento ai requisiti per la pensione dei lavoratori autonomi. In pratica la pensione si ottiene un anno dopo!

LA PENSIONE DEGLI USURATI

Lavori faticosi e pesanti

Requisito contributivo minimo: 35 anniPeriodo di maturazione dei requisitiLavoratori dipendentiLavoratori autonomiEtà anagraficaQuota (somma età anagrafica e anzianità contributivaEtà anagraficaQuota (somma età anagrafica e anzianità contributiva)Anno 201561 anni e 3 mesi97 e 3 mesi62 anni e 3 mesi 98 e 3 mesi