di Ignazio Marino  

 

Aumento della tassazione delle rendite finanziarie (dal 20 al 26%) per le Casse di previdenza e (dall’11,5 al 20%) per i Fondi di pensione complementare con credito d’imposta beffa. L’ultima modifica alla legge di Stabilità, apportata con il maxiemendamento del governo che ha convalidato quanto già stabilito dall’emendamento del relatore approvato nei giorni scorsi (si veda ItaliaOggi del 18/12/2014) e sulla quale è stata posta la fiducia, dunque, conferma la possibilità di recuperare la maggiore tassazione con un bonus fiscale solo per pochi. Gli 80 milioni messi sul piatto dall’esecutivo, infatti, basteranno solo in minima parte a coprire gli oltre 360 milioni che enti pensionistici e fondi complementari dovranno sborsare in più rispetto al passato. Senza considerare che, con questo nuovo intervento il legislatore si è creato potenzialmente la possibilità di attingere indirettamente a circa 5 miliardi di risparmi previdenziali degli italiani ogni qualvolta ci sia la necessità di finanziare qualche opera pubblica. Vediamo meglio come funziona la norma.

Vecchia e nuova tassazione a confronto. Partendo dagli ultimi dati disponibili di Covip (Commissione di vigilanza sui fondi pensione complementare) e Adepp (Associazione degli enti di previdenza privatizzata) è possibile stimare in circa 160 miliardi il patrimonio complessivo su cui impatterà la nuova tassazione. Con un rendimento al 3%, i due comparti ogni anno possono contare su utili per 4,8 miliardi. Con la vecchia tassazione al 20% per le Casse e all’11,5% per i fondi all’erario andavano 716 milioni complessivi. Con le nuove aliquote, rispettivamente al 26 e al 20%, allo Stato andranno quasi 1,1 miliardi con un surplus rispetto al passato di 361 milioni di euro. Sin dall’inizio è stata ferma l’opposizione a questa norma da parte dei diretti interessati i quali hanno subito intuito che il maggiore esborso andrà a penalizzare pensioni e welfare degli iscritti. È qui che l’esecutivo ha ideato il meccanismo del «credito d’imposta taglia-tasse», riconoscendo un bonus fiscale del 6% alle Casse e del 9% ai Fondi su quei rendimenti reinvestiti in attività finanziarie di medio-lungo periodo individuate con apposito provvedimento del ministero dell’economia e delle finanze. Così da anestetizzare l’aumento della tassazione. Ma così sarà per solo pochi, ovvero per coloro che per primi si faranno avanti e rientreranno nel budget degli 80 milioni stanziati dal governo. Gli altri 281 milioni (361 milioni di maggiore tassazione – 80 milioni di credito d’imposta), al momento, non avrebbero alcuna compensazione (si veda tabella).

Le mani sui patrimoni. La legge di Stabilità lega il meccanismo del credito d’imposta taglia-tasse, come detto, investite in attività finanziarie promosse dal governo di turno. Si creano così le condizioni per cui ogni qualvolta ci sarò la necessità di finanziare un’opera pubblica lo Stato potrà rimpolpare la dotazione del credito d’imposta per sovvenzionare investimenti dai quali chissà quando Casse e fondi rientreranno.