di Francesco Ninfole
La Consob ha invitato le società che emettono titoli a maggiore chiarezza nelle «avvertenze per gli investitori», ovvero quelle poche pagine che, pur non facendo parte del prospetto, descrivono in sintesi i rischi degli strumenti finanziari proposti al mercato. Le «avvertenze» dovranno essere concise e includere le informazioni più importanti: tra queste, ha raccomandato Consob, dovranno figurare l’obiettivo dell’operazione, le eventuali incertezze sulla continuità aziendale della società emittente, la complessità e il rischio di illiquidità del prodotto finanziario.

Le recenti novità normative sulla vendita di titoli sono una risposta all’esperienza del burden sharing (come quello che c’è stato per le quattro banche in risoluzione) e all’introduzione da quest’anno del bail-in, ovvero la possibilità di coinvolgere i privati (soprattutto quelli che possiedono i titoli più rischiosi) nelle crisi bancarie. Da qui l’esigenza di informazioni più chiare, in modo che anche i risparmiatori meno esperti conoscano i rischi degli strumenti acquistati.

La raccomandazione pubblicata ieri dalla Consob è la seconda delle tre annunciate dal presidente della Consob, Giuseppe Vegas, il 9 maggio, giorno della relazione annuale della commissione. La prima, resa nota nei giorni scorsi, ha invitato le banche a collocare i titoli non più allo sportello ma attraverso sedi di negoziazione multilaterale, come i mercati regolamentati o gli Mtf: in questo modo, secondo Consob, sarà garantita una maggiore liquidabilità dei titoli. In altri termini, per i risparmiatori sarà più facile rivenderli e quindi non rimanere intrappolati nell’investimento, come avvenuto per Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza.

La seconda raccomandazione, quella pubblicata ieri, ha ricevuto apprezzamento dall’Abi. Le discussioni più accese, sia in Italia che in Europa, riguardano invece la terza materia (su cui la Consob non è ancora intervenuta), che riguarda le informazioni-chiave da fornire ai clienti nella distribuzione di prodotti finanziari. In passato in Italia la questione ha attirato l’interesse dell’opinione pubblica per le discussioni sugli scenari probabilistici, ovvero l’indicazione nel prospetto della probabilità che lo strumento emesso ottenga un rendimento superiore o inferiore a un titolo a basso rischio. In Europa però la Commissione Ue e le autorità di vigilanza (Esma, Eba e Eiopa) hanno fatto scelte diverse, abbandonando gli scenari probabilistici e puntando invece sul Kid (Key Information Document) e sugli scenari di performance, che sono indicatori di rischio che vanno da 1 (livello minimo) a 7 (massimo). Ma nei giorni scorsi l’approccio della Commissione è stato respinto dal Parlamento Ue nell’ambito della discussione sul regolamento relativo ad alcuni prodotti di investimento (Packaged Retail and Insurance-based Investment Products o Priips).
Lo stallo a livello Ue ha spinto Consob e Abi su posizioni divergenti. Il dg Abi, Giovanni Sabatini, ha ribadito ieri la richiesta, già formulata in passato dal presidente Antonio Patuelli anche con una lettera a Vegas, di varare una raccomandazione «senza attendere gli sviluppi della normativa in ambito europeo, che stanno ritardando». L’Abi ha proposto anche di utilizzare colori diversi per distinguere i prodotti d’investimento per tipologie giuridiche (per esempio differenziando i titoli subordinati da quelli ordinari). La Consob ha invece fatto sapere ieri che, prima di varare una raccomandazione, preferisce aspettare il completamento della disciplina a livello europeo in modo da «assicurare piena coerenza» tra normativa nazionale e Ue. (riproduzione riservata)
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