Il Parlamento Ue è sul punto di assestare un duro colpo alla garanzia comune Ue sui depositi e, di conseguenza, all’Unione Bancaria. La bozza di relazione dell’Europarlamento sull’Edis (European deposit insurance scheme), firmata dalla deputata olandese Esther De Lange (Ppe), ha totalmente riscritto la proposta originaria della Commissione, che era già frutto di un primo compromesso politico.
La nuova versione del testo preparata da Strasburgo, consultata da MF-Milano Finanza, ha allungato i tempi di avvio della riassicurazione (prima fase dello schema) ma soprattutto ha vincolato l’introduzione dell’assicurazione (la seconda fase) a condizioni stringenti sull’ulteriore riduzione dei rischi bancari.
Tra queste condizioni c’è «l’esame adeguato, come minimo, delle norme internazionali sul trattamento prudenziale del debito sovrano detenuto dalle banche entro il 31 dicembre 2023». Le altre condizioni, contenute in un paragrafo specifico, prevedono il rispetto dei minimi di capitale previsti da una nuova asset quality review (Aqr); l’adeguamento dei Paesi alle norme sulle risorse bancarie disponibili per il bail-in (Tlac e Mrel); una gerarchia armonizzata delle svalutazioni dei titoli bancari; un sistema comune di insolvenza delle imprese in Europa; obblighi sulla leva finanziaria; una revisione dell’architettura della vigilanza europea.
La fase di assicurazione partirebbe soltanto dopo la verifica di questa ulteriore riduzione dei rischi e comunque non prima del 2024. La data di avvio (non indicata nel testo del Parlamento, mentre per la Commissione sarebbe stata in ogni caso nel 2024) dovrebbe essere fissata dalla Commissione Ue con un atto delegato successivo.
Anche nella seconda fase di assicurazione, tuttavia, non si arriverebbe a una vera garanzia comune sui conti correnti. Ci sarebbe invece un sistema a metà tra la garanzia Ue e quella degli schemi nazionali (ciascuna con risorse per lo 0,4% dei depositi garantiti). I fondi nazionali resterebbero i primi a intervenire in caso di pagamenti. E la garanzia Ue sull’eccesso di perdita sarebbe data al 100% solo dopo cinque anni.
La fase precedente all’assicurazione, quella della riassicurazione, partirebbe nel 2019 (2017 nella proposta della Commissione) e avrebbe il vantaggio di coprire integralmente l’eventuale ammanco di liquidità, ma sempre nell’ambito di schemi di assicurazione nazionali (e quindi non un unico sistema europeo).
Questa proposta in due fasi è diversa da quella originaria della Commissione che prevedeva invece tre fasi: una riassicurazione dal 2017 al 2020, una coassicurazione fino al 2024 e in seguito un’assicurazione «completa» (l’aggettivo è stato tolto nella relazione parlamentare). L’esecutivo Ue ha pubblicato nei giorni scorsi un rapporto per rilanciare le discussioni sulla materia (si veda MF-Milano Finanza del 21 ottobre). De Lange ha cancellato dalla proposta della Commissione ogni riferimento che potesse far pensare a forme più avanzate di condivisione dei rischi.
Si può capire quale sia la posta politica in gioco dietro questi aspetti tecnici. I Paesi del Nord Europa, guidati da Germania e Olanda, non hanno alcuna intenzione di dare il via libera a una vera garanzia comune sui depositi, venendo meno così all’impegno di completare l’Unione Bancaria con il suo terzo pilastro, dopo il via alla vigilanza (primo pilastro) e alla risoluzione comune (secondo pilastro, peraltro anch’esso incompleto). Una ricerca della Banca d’Italia ha mostrato che finora la riduzione dei rischi bancari è stata maggiore rispetto alla loro condivisione in Europa. Nonostante ciò, Germania e Olanda hanno cambiato le carte in tavola, vincolando lo schema di assicurazione europeo a nuove richieste rivolte ai Paesi del Sud, a cominciare dal trattamento più severo dei titoli di Stato delle banche.
Se l’assemblea plenaria del Parlamento Ue dovesse approvare in via definitiva la relazione De Lange, il completamento dell’Unione Bancaria sarebbe di fatto rimandato sine die. L’opposto di quanto auspicato in numerosi interventi dal presidente Bce Mario Draghi. Per la legislazione definitiva sarà richiesto anche il via libera dei governi. Il cammino della garanzia comune dei depositi appare perciò molto difficile, ancor di più prima delle elezioni in Francia e Germania. Il rischio è quello di lasciare per molti anni il settore con inadeguati meccanismi di salvaguardia, per colpa della diffidenza tra Paesi. La bozza di relazione dell’eurodeputata olandese appare un pessimo segnale in questa direzione. (riproduzione riservata)
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