VITTORIA PULEDDA

Sarà la settimana decisiva, per il gruppo Ligresti. Il 29 novembre si riunirà il cda di Fonsai, con le misure per rafforzare il patrimonio e i livelli di Solvency, lontani dall’essere in sicurezza anche dopo l’aumento di capitale concluso pochissimi mesi fa. Anzi, l’iniezione di mezzi freschi da 800 milioni tra Fonsai e Milano, realizzato a fine luglio, è ormai un ricordo: l’intero gruppo, compresa Premafin, vale ormai 901 milioni; la singola Fonsai ha una capitalizzazione di mercato pari a 428 milioni, cioè meno di quanto abbia chiesto ai soci solo tre mesi fa.
Nel frattempo, il Solvency margin che doveva restare solidamente a quota 120 è sceso a 111 (e sarebbe ancora più basso, sotto i 100 punti, se il gruppo assicurativo non avesse fatto ricorso alla rete di protezione stesa dall’Isvap sotto tutti i bilanci assicurativi, erosi dalla crisi dei titoli di Stato). Per questo il cda di metà settimana è atteso con grande ansia dal mercato; nel frattempo, si sprecano le speculazioni su quali possano essere le mosse di efficientamento del capitale che il gruppo potrà mettere in campo, per chiudere l’anno su valori di maggior sicurezza. Alcuni analisti ricordano una strada percorsa soprattutto all’estero, in momenti di crisi societaria: la cessione di parte del portafoglio delle polizze ad una società di riassicurazione. E’ una strada dolorosa, perché significa rinunciare ad una porzione di affari, ma a mali estremi, estremi rimedi.
L’altra scommessa è la possibile vendita di tutta la Milano Assicurazioni. Ma su questo punto i pareri sono molto incerti: da un lato si tratta di un asset di grande pregio, che anche in una fase di difficoltà come questa attuale potrebbe essere ceduto ad un prezzo interessante. Ma forse non abbastanza interessante quanto i valori storici di carico della Milano nel bilancio Fonsai (e dunque si rischierebbe di generare una minusvalenza, che appesantirebbe i conti invece di aiutarli); non solo, altri analisti internazionali sottolineano il fatto che è grazie al consolidamento di Milano che il Solvency margin di gruppo è pari a 111; insomma, sottrarre la Milano assicurazioni significa lasciare sola la parte più debole del gruppo, Fonsai. Discorsi analoghi si proporrebbero per la vendita della sola Previdente (peraltro ufficialmente smentita dalla società, nonostante il dossier sia circolato tra qualche banca d’affari).
Comunque, anche se malandate, le assicurazioni hanno un business proprio e un’attività tipica. I problemi diventano ancora più difficili man mano che si sale di grado, nella catena di controllo societario. Ad esempio Premafin ha appena firmato un accordo di riscadenzamento del debito, per 322 milioni, e il primo pagamento è previsto a fine 2013; però il pacchetto Fonsai dato in pegno alle banche ha perso il 70% nell’ultimo anno e in molti stanno pensando che vada trovata una soluzione; ancora più urgente nel caso in cui al piano di sotto fosse necessario ricorrere ad un nuovo aumento di capitale (che vedrebbe la famiglia in seria difficoltà). Sta di fatto che tutta Premafin sul mercato vale poco più di 63 milioni di euro.
Una soluzione che viene presa in considerazione negli ambienti finanziari è la possibilità che venga realizzato un veicolo in cui mettere tutte le (poche) attività che non siano FonsaiMilano, da cedere poi alle banche in cambio di uno “sconto” sui debiti (l’asset maggiore dovrebbe essere il 20% di Porta NuovaVaresine).
Ma i guai diventano disastri se si arriva all’ultima parte della catena, quella che fa capo direttamente alla famiglia Ligresti: SinergiaImco. Il gruppo ha avuto un primo riscadenzamento del debito nell’agosto del 2010. Poi, in occasione del doppio aumento di capitale e della ristrutturazione del debito Premafin, era stato messo mano al debito della parte a monte, con nuova finanza per 35 milioni e nuovo riscadenzamento. Ma evidentemente non è bastato: ci sono crediti di fornitori che devono essere pagati e il gruppo è in crisi di liquidità, a quanto pare. Al punto che il suo advisor fresco di nomina, Leonardo & co, ha presentato un piano alle banche finanziatrici (capofila e principale, Unicredit) che prevede nuova finanza per 60 milioni. Una proposta che, a detta di alcuni, viene considerata irricevibile. Soprattutto in questi termini, di ulteriore pagamento a fronte di impegni generici. La crisi del mattone, tra l’altro, ha reso impossibile finora vendere i 120 milioni di immobili che SinergiaImco si erano impegnati a cedere. Per questo, qualcuno è tentato di imporre soluzioni draconiane, di liquidazione in bonis del gruppo ma anche di messa in quarantena della famiglia Ligresti. Una svolta si impone, e non è detto che sarà di gradimento di don Salvatore.